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Il più tragico gender gap: milioni di bambine non nate dagli anni ’70

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Paola Belletti - pubblicato il 31/08/21

India e Cina sono i due paesi in cui il divario tra nuovi nati maschi e femmine è più evidente. Non si tratta di una "selezione naturale" ma di uno scarto sistematico e intenzionale, a causa di retaggi culturali e pressioni politiche. La mancanza di bambine alimenta la tratta di donne da altri paesi.

Chi dice donna dice danno

O anche Auguri e figli maschi.

Modi di dire, cose che si dicono, si dicevano in realtà, ma qualcuno, nel mondo, ci crede davvero o è quasi costretto ad obbedirvi e da troppo tempo.

Nascere è di per sé un miracolo ma essere femmine e venire partorite è di fatto per molte bambine uno scampato pericolo di morte, a certe estese latitudini; e lo è sempre di più e sempre più precocemente perché con i potenti mezzi messi a disposizione dalla scienza e dalla tecnica dagli anni ’80 è possibile scovare le bimbe ancora in viaggio, clandestine, per la vita alla luce di un sole che non le vuole.

Non è il sole, a dire la verità, a non volerle ma molte società afflitte da leggi talmente inique o usi e costumi così inumani contro i quali, se si ha a cuore davvero una qualche idea di bene, bisogna opporsi e lottare.

In Cina e in India, soprattutto, si compie un continuo e sistematico stillicidio di genere su larga scala, come un evento familiare di massa. Per molte famiglie poverissime si tratta di un’opzione disperata in una vita di disperazione, ma non è così per tutti; succede anche a chi i mezzi apparentemente ce li ha.

Sempre in selezione

Come delle miss iscritte obtorto il loro piccolissimo collo ad un tragico concorso, fin dal primo tratto della loro esistenza, da quando cioè sono inequivocabilmente riconoscibili come femmine, milioni di bambine sono sottoposte a selezione e non la passano. Non si tratta di una gara di bellezza ma di un ordine di respingimento senza appello: se sei femmina meglio che non ti presenti più.

I ricercatori che osservano il fenomeno demografico globale si sono resi conto che dagli anni ’70 circa il divario nei nuovi nati tra maschi e femmine si è andato allargando in modo non solo numericamente significativo ma sotto diversi profili, economico, sociale, antropologico – drammatico.

Potendo scegliere, vogliono il maschio

L’evidente squilibrio tra maschi e femmine negli ultimi decenni è effetto diuna selezione per nulla naturale. Molti aborti sono una sorta di pratica preferenziale sul sesso del nascituro esercitata una volta che questo dato sia riscontrabile con certezza. Una specie di crudele soddisfatti o rimborsati che si può fare solo quando si è presa visione del prodotto.

Il fenomeno è emerso da uno studio quinquennale sulla popolazione mondiale e il rapporto tra il sesso dei nuovi nati.

Secondo il rapporto delle Nazioni Unite sul fenomeno della selezione del nascituro in base al sesso è da attribuirsi anche all’aumento dei matrimoni tardivi che, riducendo la possibilità di avere una prole numerosa, spingono le coppie a prediligere il maschio alla femmina. Il fatto che questa opzione si possa esercitare grazie all’abuso di tecnologie utilissime per diagnosi e cura è di una barbarie inaccettabile (ma prevedibile, se si considera di cosa è capace l’uomo dalla caduta in poi).

Statisticamente, ogni 100 neonate nascono 103-107 neonati maschi (…). Le analisi dei ricercatori hanno però rilevato che dagli anni ’70 in poi si è delineato uno sbilanciamento ben poco naturale nel genere dei nuovi nati, a favore dei maschi, in 12 Paesi del mondo: India, Cina, Albania, Armenia, Azerbaijan, Georgia, Hong Kong, Corea del Sud, Montenegro, Taiwan, Tunisia e Vietnam.

PSAS.org

Cina e India i paesi in cui nascono (e vengono lasciate vivere) meno bambine

Un gruppo di ricercatori della National University of Singapore ha passato al setaccio i registri delle nascite e i dati demografici di 202 Paesi, 12 dei quali noti per aver attraversato una fase di forte pressione sociale sulle famiglie a favore di figli maschi. Gli squilibri di genere che sono subito saltati all’occhio riguardano principalmente Cina e India.

Focus

Nel 2005, l’anno in cui il rapporto neonati/neonate è apparso più squilibrato, ci sono state in Cina circa 100 nascite di bambine ogni 118 nascite di maschi. L’impatto di queste scelte inizia a vedersi ora che i ragazzi di quella generazione stanno raggiungendo l’età riproduttiva: nonostante la politica del figlio unico sia stata ufficialmente abolita nel 2013, la popolazione stenta a crescere per la carenza di donne dalle quali avere figli.

Dal 1970 al 2017 le “ragazze mancanti” perché mai nate sono state, in Cina, 11,9 milioni; in India, 10,6 milioni.

Ib.

Se si aggiungono anche gli altri 10 paesi (Albania, Armenia, Azerbaijan, Georgia, Hong Kong, Corea del Sud, Montenegro, Taiwan, Tunisia e Vietnam) accomunati dal fenomeno del gender gap alla nascita si arrivano a contare 23 milioni di bambine che mancano all’appello dell’esistenza.

Il valore delle donne e il loro prezzo

Il valore della donna manca a tutta la società ma il suo “costo” è fatto pagare solo alle famiglie. Potrebbe essere questo, in sintesi, il paradosso che in un paese come l’India non giustifica ma mostra la crudele ratio di un costume ancora tanto diffuso.

«Crescere una femmina è come innaffiare la pianta del vicino», recita un famoso proverbio indiano.

Aborto e infanticidio

Una femmina va data in sposa e per darla in sposa occorre la dote. In famiglie che spesso non riescono nemmeno a garantirsi la stretta sussistenza dover procurare la dote per una, due, tre, quattro figlie è come una maledizione.

In un mix terribile di tecnologia a basso costo e disvalori culturali le bambine sono intercettate il prima possibile o fatte morire appena nate. Aborto e infanticidio, come si fa a negarlo?, sono di fatto la stessa guerra contro lo stesso inoffensivo, implume, piccolissimo nemico: le bambine.

Ma se è vero che le famiglie così si alleggeriscono di un peso (e si privano di una figlia!) è ancora più vero che un popolo si amputa di membra necessarie alla sua stessa esistenza.

La politica del figlio unico e la tratta delle donne birmane

Succede anche in Cina, segnata da decenni di “politica del figlio unico”, abolita nel 2013. Costretti ad avere solo un figlio molte famiglie “sceglievano” nell’unico modo possibile di avere solo un maschio: abortendo o sopprimendo le femmine. Dal 2013 la legge non è venuta meno del tutto, ha solo concesso di avere due figli senza incorrere in sanzioni, che arrivano puntualmente dal terzo figlio in poi.

In questo squilibrio ha trovato spazio un orrido e fiorente traffico di donne, manco a dirlo povere e in difficoltà, che vengono vendute da conoscenti, amici e persino parenti a volte, non tanto come mogli ma come “incubatrici” per uomini cinesi.

Sono giovani donne birmane, terra flagellata da guerre civili e povertà, che allettate dalla prospettiva di un lavoro accettano di varcare la frontiera; una volta al di là di quella non trovano impieghi ma reclusione, violenze, gravidanze e libertà condizionata dalla cessione del bimbo partorito.

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