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Suore mettono in salvo da Kabul 14 bambini disabili orfani: atterrati ieri a Fiumicino

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MINISTERO DELLA DIFESA / AFP

Giovanna Binci - pubblicato il 27/08/21

Il tempo sta per scadere e le liste si assottigliano. Quello che restava a Kabul della missione cattolica intercongregazionale è atterrato ieri a Fiumicino: 6 religiosi e 14 bambini orfani disabili. Il pensiero e le preghiere pero', sono per chi resta.

Altri venti

Nella freddezza della crisi afghana anche noi siamo solo numeri e la salvezza una sommatoria. Ogni unità che si aggiunge è un sospiro di sollievo di qualche famiglia finalmente in salvo, di qualche parente che riabbraccia i suoi cari, di qualcuno che temeva per la sua incolumità o il suo futuro. 

Sono salvi quattordici orfani disabili e le suore che li hanno adottati

Altri venti sono atterrati ieri all’aeroporto di Fiumicino da Kabul. Sono cinque suore, quattro di Madre Teresa, una, suor Shahnaz Bhatti, della congregazione di Santa Giovanna Antida, il responsabile barnabita della missione in cui operavano in Afghanistan, padre Giovanni Scalese e quattordici bambini disabili. Una famiglia a tutti gli effetti: questi piccoli che hanno tra i sei e i venti anni sono orfani, adottati dalla “missio sui iuris” dell’associazione intercongregazionale “Pro bambini Kabul“. Un’operazione resa difficile non solo dalle precarie condizioni di sicurezza nella capitale afghana, ma anche dallo speciale accudimento di cui questi piccoli necessitavano durante il volo. 

Prima dell’arrivo dei Talebani, i religiosi gestivano un centro per bambini disabili con oltre cinquanta ospiti che aiutavano a inserire nel mondo della scuola o piccoli abbandonati in strada a causa delle loro condizioni. Molti hanno gravi ritardi e prima dell’arrivo dei missionari venivano segregati in casa a causa degli scarsi mezzi e di una società che vede la diversità come piaga. 

Ultimi tra gli ultimi

“Per noi è un grandissimo sollievo: i ragazzi arrivati, tutti orfani tra i sei e i vent’anni, sono davvero i più vulnerabili tra i vulnerabili: sono in carrozzina, nessuno di loro è autonomo e da soli non avrebbero potuto sopravvivere»,

racconta ad AsiaNews il sacerdote rogazionista padre Matteo Sanavio, presidente di PBK

Sono Stati giorni di incertezza, attesa, ma anche fiducia in quella “grazia” che in missioni come queste, fa parte della quotidianità. 

Con i talebani che battevano i quartieri casa per casa cercando attivisti o collaboratori occidentali era alto il rischio di ritorsioni contro i religiosi e le famiglie che collaborano con loro. 

“Così, mentre eravamo in costante contatto con le istituzioni italiane, abbiamo collaborato con la comunità di Sant’Egidio per inserire i nomi di queste persone tra gli elenchi dei beneficiari dei corridoi umanitari, e oggi posso dire che quasi tutti sono riusciti ad arrivare in Italia: aspettiamo gli ultimi. Le diverse congregazioni che compongono la nostra associazione si sono già rese disponibili ad accogliere queste famiglie e a sostenerle per integrarsi nel nuovo contesto – spiega padre Sanavio -. Certo il pensiero oggi va ai tanti altri che ci stanno chiedendo un supporto per fuggire dall’Afghanistan e che non sappiamo come aiutare. È davvero doloroso dover dire dei “no”: come si può scegliere tra chi salvare e chi abbandonare al proprio destino? Ma le risorse sono limitate e il tempo sta finendo».

Coda resterà dei cattolici in Afghanistan?

Gli aerei partono sovra carichi di vite e speranza, ma le liste si assottigliano e non c’è posto per tutti. Mentre il tempo sta per finire il pensiero va a chi resta e a chi non potrà tornare. Cosa ne sarà di questi piccoli ultimi degli ultimi? Cosa ne sarà dei cattolici in Afghanistan?

Questa piccola comunità lascia una chiesa, simbolo di quella “presenza sottotraccia, quasi simbolica” che pero’ “ha fatto tanto per i più bisognosi” e gli occhi di tanti bambini.

Continua padre Matteo:

“Ora vediamo gli sviluppi della situazione e non smettiamo di pregare”.

L’associazione ” Pro bambini Kabul” è nata per rispondere all’appello di Giovanni Paolo II nel Natale 2001: “Salvate i bambini di Kabul”.

Oggi quel grido di dolore, risuona più che mai. 

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