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San Bonaventura: un angelo ha guidato la fuga di Giuseppe e Maria

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Jacques Stella | Public Domain

don Marcello Stanzione - pubblicato il 27/08/21

Il santo teologo, autore della vita di San Francesco, dà una versione tutta sua del ritorno a Nazareth della Sacra Famiglia

San Bonaventura si chiamava Giovanni di Fidanza. Nacque a Civita di Bagnoregio presso Viterbo nel 1217. Egli stesso narra che da bambino si ammalò di un morbo che lo stava conducendo alla morte, ma poi fu risanato da san Francesco in persona il quale, facendo su di lui un segno di Croce, pronunciò queste parole: “Bona ventura”. Fu guarito e da allora fu chiamato Bonaventura. 

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San Bonaventura.

Le 4 caratteristiche di Dio

Entrò nell’ordine francescano e compì gli studi a Parigi, dove iniziò anche ad insegnare. Una delle caratteristiche più significative della cultura medievale fu quella di non separare il naturale dal soprannaturale, in una prospettiva che non fosse solo di semplice riconoscimento intellettuale del soprannaturale, ma che si trasformasse inevitabilmente in consapevolezza dell’esserci di Dio in tutto. 

San Bonaventura afferma chiaramente che Dio è l’essere assoluto, eterno, provvidente e…illuminante perché la vita, la sapienza, la bontà di Dio sono la luce stessa di Dio impressa nelle cose al momento della creazione. 

Creatore e realtà creata

Con questa teoria teologica di san Bonaventura si riconosce uno stretto legame tra Creatore e realtà creata, legame che però non scivola nel panteismo, cioè nella identificazione tra Creatore e creato. Infatti san Bonaventura sceglie questa teoria perché convinto che solo così si possa spiegare il continuo intervento provvidente di Dio nel creato. 

Tutto l’universo – dice – è manifestazione evidente dell’esistenza di Dio. Ma oltre questa evidenza di carattere esterno, egli insegna che Dio è presente in ciascun essere, specialmente nell’anima umana. 

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La felicità è unicamente in Dio

San Bonaventura ritiene che la conoscenza fine a sé stessa non vale a nulla, questa ha senso se fa vivere meglio, se fa raggiungere la felicità che è unicamente Dio e in Dio. Ecco spiegato il perché Bonaventura non distingue tra conoscenza, vita morale e ascetica e ne parla come di un unico viaggio dell’anima, un itinerario della mente verso Dio che è formato da sei gradi fino a raggiungere l’unione con Dio senza perdere la propria individualità. In tal modo egli evita qualsiasi tipo di spiritualismo astratto. 

L’uomo arriva a Dio partendo dalle sue cose della sua vita quotidiana, ma non solo nel senso della conoscenza filosofica, ma anche nel senso della conoscenza come semplice studio delle cose. Tutto se conosciuto bene, concorre al raggiungimento di Dio; perché la realtà è una sorta di sinfonia di Dio.

Il primo grado dice infatti che per mezzo dei sensi esterni l’anima apprende la bellezza del creato e tende al Creatore.  

La vita di San Francesco

Teologo dogmatico, mistico, superiore generale del suo Ordine dei Frati Minori, Vescovo Cardinale, egli non è vissuto che 53 anni ed ha lasciato dietro di sé come un immenso solco la soavità della sua anima penetrata dalla dottrina e nello stesso tempo della tenera pietà in una grande santità. Egli scrisse una vita di San Francesco d’Assisi, cosa che faceva dire a San Tommaso d’Aquino: è l’opera di un santo su di un altro santo.

Il ritorno a Nazareth secondo Bonaventura

San Bonaventura a toccare i cuori umani con pensieri sul «vecchio Giuseppe» come protettore di Maria e Gesù Bambino nella povera grotta. Racconta brevemente la fuga in Egitto. Poi, in un grazioso quadretto descrive il ritorno della Sacra Famiglia a Nazareth

«Sono passati sette anni, da quando il Signore è fuggito esule in Egitto. Una notte, a Giuseppe mentre dorme appare un angelo che gli dice: “Prendi il fanciullo e sua Madre e torna nella terra di Israele, perché quelli che volevano uccidere il Bambino sono morti”. Lui prende allora il fanciullo e sua Madre e torna in Israele. Al suo arrivo però viene a sapere che il re è Archelao, figlio d’Erode, e ha paura di entrarvi. E l’angelo, ancora una volta, si fa vivo per dirgli di andare in Galilea, nella cittadina di Nazareth. Il suo ritorno coincide più o meno con la festa dell’Epifania, ossia due giorni dopo, stando al martirologio romano».

“Questione divina”

È un racconto già leggendario, ma non in contraddizione con il testo originale di Matteo, al quale segue in Bonaventura l’interpretazione per i fedeli che devono seguire Gesù e trovare la via libera per ritornare in patria.

Un altro francescano, il teologo Duns Scoto, sceglie alcune questioni intitolate De matrimonio inter B.V. Mariam et sanctus Joseph. Propone una nuova spiegazione del loro sposalizio, ricorrendo alla distinzione tra il diritto sui corpi e il loro uso nel matrimonio. Ma il suo pensiero, che è quello dei teologi del tempo, non lo vede appoggiato alla legge di allora. Non sono pensieri molto luminosi. Però sottolineano che il matrimonio è stato perfetto, sotto tutti gli aspetti, ed è da considerare una “questione divina”, regolata dallo Spirito Santo.

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