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Pupi Avati: i migliori tra noi sono i vulnerabili, vecchi e bambini, chi si sente inadeguato

PUPI AVATI

Meeting Rimini | Flickr

Annalisa Teggi - pubblicato il 23/08/21

Si è raccontato al Meeting di Rimini a cuore aperto: un film su Dante in corso e poi l'amore per la moglie da cui è tornato dopo un tradimento. E da questa ferita la certezza che lo accompagna nella vecchiaia, essere vulnerabili ci rende migliori.

Ero tra il pubblico che ieri ha ascoltato la chiacchierata di Pupi Avati con Otello Cenci al Meeting di Rimini 2021, dal titolo Il coraggio di dire io. Il regista bolognese ne ha avuto di coraggio nel mettere a nudo il suo io, con quella predilezione che noi emiliano romagnoli abbiamo nel raccontare le nostre storie. Forse in tanti pensavano di ascoltare un discorso intellettuale, il bilancio di una vita spesa dietro la macchina da presa.

Siamo stati tutti catturati da un uomo simpaticissimo che ci ha messo in mano lo sguardo della sua vecchiaia, tutto quello che un uomo salva sull’amore, anche sul tradimento, e sui volti incontrati lungo la via. Un uomo che spera di lasciare questo mondo… tornando a casa:

Io vorrei che la mia vita si concludesse con un’immagine, quella della cucina di via San Vitale dove mio padre e mia madre mi aspettano per la cena.

Pupi Avati: un film su Dante perché so cosa provò per Beatrice

Abbiamo da donare chi siamo, non una poetica ma una presenza. Chi è un regista? È uno che si entusiasma nel guardare le storie, ama assistere al loro dipanarsi e ci s’immedesima. Noi riduciamo il significato di ‘regia’ a una pianificazione e programmazione dall’alto e da fuori, ma il regista – e in questo c’è un’eco di empatia con Dio – è presente all’accadere di una trama umana che ospita eventi inattesi, sorprese, cadute e abbracci.

Pupi Avati è alla nona settimana di riprese di un film su Dante Alighieri, un progetto che definire ambizioso è poco. In fondo è ancora l’anno dantesco e potrebbe essere una scelta scontata, dettata da logiche di mercato. Invece è un atto di rivalsa verso una cultura astratta, quella che non appena metti piede a scuola ti fa odiare Dante. Ti mette sul tavolo tutto tranne che il cuore di un nostro simile, ferito e innamorato come lo siamo noi.

Dante fu un bambino che rimase orfano presto, innanzitutto.

Dante perse sua madre a 5 anni, lo sapevate? […] e suo padre Alighiero, lo stesso anno, per far felice il figlio gli dà un’altra mamma. E in genere non sono cose che fanno felici i figli, vero? A 5 anni Dante ha il dolore di veder morire la madre e ha il dolore di vedere un’altra madre entrare in famiglia.

Pupi Avati

L’immedesimazione, eccola. La sofferenza infantile, gli errori dei genitori: tra Medioevo e noi il passo non è così grande, se sulle ferite affettive ci sentiamo tanto vicini.

L’amore irruppe nella vita di Dante altrettanto presto, era un bimbo di 9 anni quando s’innamorò di Beatrice. Solo 9 anni più tardi lei lo salutò:

Ho girato questa scena mettendo un carrello lungo 16 metri. Improvvisamente sul sagrato della chiesa lei [Beatrice – Ndr] lei fa due passi e poi si gira e lui rimane sospeso – erano passati 9 anni e non l’aveva mai guardato. Gli sorride, gli sorride! E gli dice: “Vi saluto”. E’ l’unica cosa che Beatrice abbia mai detto a Dante in tutta la sua vita.

Pupi Avati

Il regista stende carrelli, insegue l’istante in cui un tu fa irruzione nella vita di un io. L’amore comincia con un saluto che può essere strada per la salute (salvezza).

Pupi Avati: ho tradito mia moglie poi sono tornato da lei

Avati è legato alla moglie Amalia (Nicola) Turri da 55 anni. L’inizio della loro storia è un film, strepitoso (ascoltatelo raccontato da lui nel video in fondo) ed è quasi il riproporsi della trama dantesca. Una Beatrice tra folla, una presenza cattura e lascia presagire un bene inatteso. L’uomo le va dietro un po’ stordito e completamente rapito.

Ma quando incomicia la storia a due voci, quell’impresa folle che è il matrimonio, l’amore non è più l’ebbrezza dell’innamoramento: è fatica quotidiana, è conoscersi dentro le sconfitte personali e le paure. E c’è la tentanzione. Abbiamo ascoltato Pupi Avati raccontare del suo tradimento, quello che lo ha tenuto lontano dalla moglie e insieme a un’altra donna per 9 mesi. Una vita nuova è nata in quel travaglio. Non sono i discorsi a farci cambiare, ma le presenze e ancor più i dettagli. Un regista bada ai dettagli, perché sono segni parlanti… segni che dicono quello che noi non abbiamo il coraggio di esprimere:

Ogni settimana tornavo a casa, andavo a trovare i miei figli. Portavo ai miei bambini dei giocattoli incartati e questo ha cambiato la storia della mia vita. Pensa, un dettaglio. I bambini prendevano queste scatole incartate e le ponevano su un mobile senza scartarle. Questa cosa faceva sì che io pensassi che stavo perdendo i miei figli. Ho detto alla ragazza con cui stavo: “Io sto privando i miei figli di un papà. Voglio provare a tornare a casa“. E’ stata una cosa difficilissima, la più bella che ho fatto nella mia vita.

Pupi Avati

L’immedesimazione ancora una volta fa la differenza, e ci si può immedesimare con una scatola che resta non scartata. Il matrimonio è accettare di farsi scartare da un altro, accettare che, anche mostrando la parte peggiore, gli occhi di chi ci ama dicano ancora sì. Ti ho tradito, sono tornato. Sì, ancora insieme.

Questa facilità a sciogliere le unioni che c’è oggi non so perdonarla. In molti casi è giusta, legittima, ma nella maggior parte dei casi non lo è. Come non lo era nel mio caso. E’ il frutto dell’egoismo e della deresponsabilizzazione di ruoli. […] E allora penso che condividere il percorso della vita con un’altra persona sia una delle cose più importanti, da non sottovalutare mai. […] Voglio incoraggiare le persone a tenere duro: i matrimoni devono portarvi fino all’altra riva, se potete. Se avete il coraggio, fatelo.

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Le persone migliori sono vulnerabili

E dopo tanta lavorazione, un regista offre un film a noi che siamo il pubblico. I dettagli raccolti lungo la strada diventano un racconto, una storia. Ho detto all’inizio che a noi emiliani-romagnoli piace raccontare le nostre storie, ma non direi che siamo egocentrici. Ci pensavo proprio ascoltando Pupi Avati: abbiamo l’impressione che gli aneddoti di vita siano un racconto comune, non solo personale. Parlando del tradimento non ha fatto gossip, Avati; parlando di sè ha messo a tema il lato esposto di tutti, quello meno fotogenico e più scabroso. Tradiamo le nostre ipotesi migliori, tradiamo il bene che pure vorremmo abbracciare, siamo zoppi.

Il film dunque qual è? E’ il ritratto di un anziano – oggi Pupi Avati ha 82 anni – che prima di congedarsi dal pubblico vuole assolutamente condividere quello che ha imparato dalla vita. I dettagli raccolti si assemblano in un volto umano che mette al centro di tutto non il trionfo, non gli applausi, non le vittorie, ma proprio le parti scartate … una grande sorpresa è lì dove tutto è fragile e non lo nasconde:

Entrare nella vecchiaia significa improvvisamente scoprire che alla nostalgia della giovinezza si sostituisce la nostalgia per l’infanzia. E ti dà veramente la sensazione che tu stai tornando, che tu stai lentamente e progressivamente assomigliando sempre di più a quel bambino che fosti tanti anni fa. […] Perché i vecchi e i bambini si percepiscono così tanto, così bene? […] Qual è l’elemento che fa sì che un vecchio e un bambino comunichino in modo così profondo? E’ lo strumento che rende gli esseri umani migliori, perché i vecchi e i bambini sono gli esseri umani migliori.

Sono migliori perché usufruiscono della vulnerabilità. La vulnerabilità è la qualità dell’uomo più alta, più nobile, più preziosa. Le persone migliori sono quelle vulnerabili, sappiatelo. […] Sono le persone più sensibili, quelle a cui fai male con niente, quelle che puoi emarginare con nulla, quelle che si sentono continuamente inadeguate, che pensano di non essere mai all’altezza. Sono le persone migliori, sono il nostro prossimo.

Pupi Avati

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