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In Etiopia la “Gerusalemme nera”, meraviglia del mondo, è caduta in mano ai ribelli

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By Michail_Vorobyev | Shutterstock

Caroline Becker - pubblicato il 20/08/21

Costruite attorno al XIII secolo, le chiese rupestri della città di Lalibela, in Etiopia, sono spettacolari e vengono considerate una delle meraviglie del mondo africano antico. Esse sono oggi minacciate dai combattimenti che da molti mesi infuriano nella regione del Tigré.

La città di Lalibela (Etiopia), le cui chiese cristiane ortodosse scavate nella roccia appartengono al patrimonio mondiale dell’Unesco, è stata presa giovedì 5 agosto dalle forze ribelli del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigré, dopo nove mesi di lotta armata: 

Lalibela è un luogo di pellegrinaggio, di devozione e di pace – ha ricordato l’organizzazione in un comunicato –: in nessun caso deve diventare luogo di incitazione alla violenza e al conflitto.

Oggi le visite e i pellegrinaggi sono sospesi, con grande disappunto dei cristiani ortodossi del Paese, i quali temono che il loro gioiello, eredità di una lunga storia cristiana, divenga oggetto di saccheggi e razzie. 

Dal XIII secolo pellegrini e visitatori si recano a Lalibela, cittadina dell’Etiopia settentrionale, per ammirare un insieme architettonico spettacolare collocato a 2.630 metri di altitudine. Undici chiese scolpite in un unico blocco di pietra. Nel 1520 il prete portoghese Francisco Alvaras, uno dei primi europei moderni in visita in Etiopia, le descrisse dicendosi sbalordito da quei maestosi blocchi cruciformi: 

A mio parere non si trova al mondo alcunché di simile: chiese scolpite con arte nella viva roccia! Smetto di parlare di questi edifici impressionanti, perché sono sicuro che in molti non riuscirebbero a credermi e penserebbero che esagero. 

L’Etiopia è uno dei Paesi di più antica cristianizzazione al mondo: la fede vi fu accolta fin dal IV secolo grazie al re Ezana di Aksum, convertito (secondo la leggenda) da san Frumenzio di Tiro, primo vescovo di Aksum. Nel XIII secolo, mentre l’espansione musulmana aveva reso difficili ai cristiani del paese i pellegrinaggi verso la Terra Santa, il re Gebre Mesqel Lalibela decise di costruire una “nuova Gerusalemme”, chiamata oggi la “Gerusalemme Nera”, e scelse di edificare il suo santuario in una regione montagnosa nel nord del Paese. 

Un capoluogo spirituale incontaminato 

Questo straordinario insieme, scavato nel tufo vulcanico rosso per 12 metri di profondità, presenta due tipi di chiese: monolitiche (vale a dire interamente scolpite nella roccia, con le facciate all’aria aperta) e ipogee (ossia scavate tutte all’interno della roccia). 

Punto di forte attrazione turistica, in ragione della loro bellezza affascinante, le chiese conservano oltre a ciò anche un importante ruolo nel cristianesimo etiopico: esse accolgono continuamente celebrazioni religiose, e i pellegrini vi accorrono in massa per le grandi feste. Ad esempio nella festa annuale del Tigmet, che commemora il battesimo di Gesù e l’Epifania, i fedeli si raccolgono alla chiesa rupestre Bete Giyorgis. Una comunità religiosa vive continuamente in loco per accogliere i pellegrini. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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