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Alanis Morissette, due anni a combattere con la depressione post parto

alanis morissette

Di Featureflash Photo Agency | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 20/08/21

La cantante è mamma di 3 figli e la depressione post parto si è aggravata dopo ogni gravidanza: l'aiuto del marito è stato essenziale, ma non si vergogna a dire che è stata necessaria anche una terapia medica.

Un anno fa ha pubblicato un nuovo album e Broadway la celebra con un musical dedicato ai successi che l’hanno resa famosa, eppure l’impressione è che il centro di gravità della vita di Alanis Morissette sia ormai lontano dai riflettori. È rock essere madre di tre figli e occuparsi di pappe, poppate, pannolini? A quanto pare per lei è più rock della rabbia con cui gridava al microfono You oughta know.

Ed è un rock duro, di quelli che ti schianta ossa e testa.

Quando mi svegliavo mi sentivo come coperta da una montagna di catrame – Alanis Morissette

C’è immagine spudoratamente più onesta per dare un volto a quello che molte di noi conoscono e che i manuali definiscono depressione post parto?

Un’intervista a cuore aperto: è sempre andata peggio

Ho sofferto di depressione post parto dopo ogni gravidanza e con ogni figlio è andata sempre peggio. […] Sono felice di poter dire di averla superata, ma è qualcosa che ho raggiunto solo negli ultimi 3 mesi.

Da Today

Questo è il contenuto dell’intervista rilasciata dalla cantante canadese a Today e pubblicata ieri. Alanis è un fiume in piena nella raccontare senza filtri rosa la sua maternità.

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Sposata dal 2010 con Mario “Souleye” Treadway, hanno tre figli dai nomi stravaganti: Onyx Solace, Ever Imre e Winter Mercy. L’ultimo è nato nel 2019 e in italiano il suo nome suona come misericordia d’inverno.

Se penso a me, non saprei definirlo meglio. Parlo di quel buio attraversi quando tutti – invece – parlano del momento più bello della tua vita. Sei madre, ami tuo figlio eppure c’è un’ombra cupa dentro che ruggisce come un leone in gabbia. Cos’è la misercordia l’ho capito davvero durante i brutti momenti dopo ogni gravidanza, ne avevo ben poca per me stessa e mi sentivo in colpa. Ma questo è: la misercordia viene sempre da fuori, ed è l’unico rompighiacchio che spacca l’inverno dell’anima. Si vorrebbe essere brave e cavarsela da sole, invece bisogna chiedere aiuto.

E dalle parole di Alanis emerge un altro dato da non trascurare, che fa piazza pulita di domande come: “Ma dai, puoi cadere in depressione dopo il primo figlio, ma poi impari, no?” No. Può essere che col secondo e poi col terzo figlio la situazione peggiori. Non è una faccenda meccanica come la bicicletta, non s’impara a pedalare meglio fuori da certi cortocircuiti.

Prosegue Alanis:

Quando ero nel fitto della selva, c’era qualcuno che diceva: “Ha solo bisogno di fare una passeggiata”. Oppure: “Ha solo bisogno di dormire un po'”. Eh no, notizie fresche: la faccenda è molto più stratificata. E’ biochimica, neurologica, dipende anche dalle circostanze e dall’ambiente. Non è una cosa facile, non la si ripara facilmente.

Ibid.

Un superoe accanto

Sul palco si è sempre sentita sola, una durissima tassa da pagare al successo. Alanis Morissette non ha nascosto di aver sofferto di depressione anche mentre per il mondo intero era una star dalla voce unica e pazzesca. Gli applausi, i Grammy non curavano le ferite dell’anima.

Dopo il successo non ho riso per due anni. Suonavamo in posti da 100 posti a sedere e dopo negli stadi. Insomma da 0 a 100 in 3,5 secondi. Quello che so è che ero una persona che amava sedersi a guardare le persone e dopo, all’improvviso, diventai io quella da guardare. E questo fu sconvolgente.

Da Super Soul Sunday

La famiglia e la maternità sono state per la cantante una via per liberarsi dal trauma del successo. Da mamma Alanis ha raggiunto una gioia esausta (altro bel paradosso azzeccato per dare una pennellata realistica sulla famiglia). Ma anche la maternità l’ha riportata alla depressione, a una battaglia che è durata più di due anni. Allora dunque è tutto come prima, come quando si sentiva distrutta pur essendo un cantante di successo?

Si tratta, invece, di due sentieri bui e diversi. Il primo non ha via d’uscita perché l’interlocutore è uno solo, c’è solo il proprio io sul banco degli imputati. Il secondo – quel putiferio che è la depressione post parto – è un travaglio che si vive in relazione a qualcuno. C’è il volto dei figli che accudisci, c’è – non sempre, è vero – la presenza del padre. Aggrapparsi a queste presenze è parte essenziale per trasformare il male della depressione in un’0ccasione di liberazione di tante zavorre interiori. Fa molto bene Alanis a sottolineare che nel suo caso c’è stato bisogno di una terapia medica da seguire ed è altrettanto onesta nel dire che il vero superoe è stato suo marito:

Abbiamo avuto i nostri giorni neri perché non c’era davvero modo di mostrargli cosa accadeva dentro di me, per quanto ci provassi. Se non l’hai provato, non si capisce: è arduo riuscire a trovare le parole e aspettarsi che le persone lo capiscano.

Da Today

Quando l’ho vissuto, è stato proprio così. Il punto non era spiegarsi, sfogarsi, esigere che chi mi amava capisse. Un passo gigante ho avuto l’impressione di farlo quando ho sentito che bastava sentire le presenze accanto a me per innescare una reazione opposta al disatro. Fidarsi più delle voci esterne, lasciarsi afferrare una mano durante una caduta molto poco fotogenica.

Ci perdiamo il miracolo

Non ho ascoltato tutto il nuovo album di Alanis Morisette, quel Pretty forks on the road che parla della sua crisi di donna. Però c’è un testo che mi ha colpito ed è quello di Missing themiracle.

Siamo qui nel bel mezzo di tutto
e ci perdiamo il miracolo

E’ questa la ferita più grande, essere nel pieno della vita e perdersi il miracolo che è. L’ho sentito con grande senso di colpa, mentre mi sono trovata ad attraversare i risvolti meno piacevoli della maternità. Ma forse era proprio il contrario. Il miracolo non è un posto soleggiato e rilassante. Può lasciare sconcertati e con le vertigini. La depressione post parto non è il momento in cui una madre si dimostra inadeguata, ma in cui si trova nel mezzo di tutto e sente l’urto potente – devastante – del miracolo. Lo sente al punto di essere sbattuta a terra. Non c’è nulla di cui vergognarsi o da buttare, c’è da aggrapparsi per rimettersi in piedi e c’è da dirselo molto più spesso che non è tempo perso o sbagliato quello che si vive sentendo addosso la sproporzione tra le proprie forze e l’irruenza di una piccola vita nuova.

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