Poteva stare simpatico o meno, con quel suo modo burbero di fare e dire le cose, e si poteva essere d'accordo o meno con le cose che diceva, lui che era ostinatamente comunista dai tempi dell'università (ma nato in ambienti cattolici molto attenti al sociale), ma Gino Strada, 73 anni, lascerà un vuoto enorme. Così come lascerà un esempio enorme di abnegazione per i malati e gli ultimi della terra, persone che non gli erano capitate per caso, ma che si era scelto da quando a 40 anni, nel 1988, iniziò a lavorare alla Croce Rossa all'assistenza dei feriti di guerra.
Nel periodo 1989-1994 lavora con il Comitato internazionale della Croce Rossa in varie zone di conflitto: Pakistan, Etiopia, Perù, Afghanistan, Somalia e Bosnia ed Erzegovina. Proprio questa esperienza sul campo lo hanno portato - assieme ad un gruppo di colleghi e a sua moglie, Teresa Sarti, scomparsa nel 2009 - a fondare Emergency, la onlus per la riabilitazione delle vittime della guerra e delle mine antiuomo che, dalla sua fondazione nel 1994, fornirà assistenza gratuita a milioni di pazienti in 18 Paesi del mondo tra cui Iraq, Afghanistan, Cambogia, Serbia, Eritrea, Sierra Leone, Sudan, Algeria, Angola, Palestina, Nicaragua e Sri Lanka. Emergency diventa Onlus nel 1998, e l’anno successivo, nel 1999, acquisisce lo status di Organizzazione non governativa, Ong (AGI).
Medico e militante
Da sempre partecipe al dibattito pubblico quando si trattava di guerra la sua posizione era quella di Einstein, la stessa che aveva messo nella bio di Twitter: "La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire". Una posizione radicale, ma lui gli effetti della guerra li ha visti da vicino per decenni, sui bambini, sui poveri del mondo a cui ha riattaccato gambe e reinsegnato a camminare: Emergency ha lavorato in questi anni in 18 Paesi curando 11 milioni di persone in Iraq, Afghanistan, Cambogia, Serbia, Eritrea, Sierra Leone, Sudan, Algeria, Angola, Palestina, Nicaragua, Sri Lanka: secondo i dati della stessa organizzazione, oltre il 90% dei feriti nei vari conflitti sparsi per il mondo è un civile.
Il 1° dicembre 2015 concesse ad “Avvenire” un testo.
E ancora
Sull'Afghanistan la storia gli ha dato ragione?
Contrarissimo all'intervento USA all'indomani dell'attentato delle Torri Gemelle, l'11 settembre 2001, fu una delle poche voci laiche che si levarono contro la guerra in Afghanistan, e il ritiro attuale degli USA e della coalizione internazionale, lascia un paese devastato e più o meno nelle stesse condizioni di prima, coi Talebani che dilagano su tutto il territorio gli dà forse più di qualche ragione. I costi umani li ricorda lo stesso Gino Strada in un articolo di oggi (l'ultimo) su La Stampa:
Una situazione ampiamente prevista e prevedibile che oggi vedrà alla tragedia sommarsene un'altra: quella dei rifugiati afghani che verranno rimpatriati in un paese in fiamme e allo sbando. La fiducia di quell'area verso l'Occidente crollerà definitivamente.
Incontro al "Bene seminato"
Ma la parabola umana di Gino Strada viene sintetizzata efficacemente da Padre Enzo Fortunato, del Sacro Convento di Assisi, che in un video dice: "Gino Strada incontra ora quel bene che ha seminato e donato, il Sommo Bene come lo chiamava Francesco" "Ricordo - aggiunge padre Fortunato - che abbiamo vissuto tantissime iniziative insieme. Una delle ultime è stata quella dedicata al diritto alla cura, perché non ci sia alcun profitto dalla pandemia, per la liberalizzazione dei brevetti sui vaccini. Abbiamo vissuto con lui anche l'anelito per un mondo più equo e più giusto. La testimonianza di Gino Strada sia da sprone a essere uomini che amano e donano. Uomini che guardano e sognano un mondo più giusto. L'Italia - ha concluso padre Fortunato - perde un grande testimone del bene"