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Dei 31 “segni vitali” della Terra, 18 sono in “stato critico”

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Jaime Septién - pubblicato il 04/08/21

Migliaia di esperti mondiali reclamano azioni rapide e radicali che provochino punti di inflessioni climatici

I “messaggi” che ci sta dando la natura (le inondazioni in Belgio e Germania, l’ondata di caldo in Canada…) sono molto chiari, e “il peggio deve ancora arrivare”. Lo dice il teologo della liberazione Leonardo Boff in un articolo recente sul portale di SIGNIS:

“Non fermando il riscaldamento planetario e non cambiando paradigma nei confronti della natura, conosceremo giorni peggiori. Se non riusciamo più a fermare l’aumento del riscaldamento globale, con la scienza e la tecnica che possediamo, possiamo quantomeno mitigare i suoi effetti deleteri e salvare più che possiamo dell’immensa biodiversità del pianeta”.

Con questo controverso teologo brasiliano concordano più di 14.000 esperti mondiali, che da un paio d’anni chiedono una dichiarazione di emergenza climatica mondiale.

Ora avvertono i Governi di tutto il pianeta del fatto che i “segnali vitali” della Terra si stanno “indebolendo”, e che questo ci avvicina a “punti di non ritorno” climatici.

Contro gli avvertimenti non ci sono inganni

GERMANY

Di fronte alle grandi inondazioni che si stanno verificando in Europa e in Cina, gli esperti mondiali hanno scritto un comunicato mercoledì 28 luglio.

Il rapporto è stato pubblicato sulla rivista BioScience del mese di luglio, e vi si afferma che i Governi di tutto il mondo, soprattutto quelli dei Paesi più potenti, “hanno fallito al momento di affrontare le cause dei cambiamenti climatici”, cosa che ha portato a uno “sfruttamento eccessivo” della Terra, lasciandola letteralmente esangue.

L’avvertimento non fa parte di una crociata ideologica o di radice politica. Gli scienziati che collaborano a questa alleanza mondiale segnalano che dei 31 “segnali vitali” del pianeta, che includono le emissioni di gas di effetto serra, lo spessore dei ghiacciai o la deforestazione, 18 “hanno già raggiunto livelli record preoccupanti”.

Il Covid-19 non ha fermato nulla

Molti hanno pensato che durante l’isolamento mondiale l’inquinamento si sarebbe ridotto in tutto il pianeta, ma l’articolo pubblicato su BioScience dimostra che non è stato così, e che “le concentrazioni di CO2 e di metano nell’atmosfera hanno raggiunto livelli sconosciuti nel 2021”.

Due indicatori chiave mostrano, a livello di percentuale di deterioramento, quello che sta provocando l’eccessivo sfruttamento della natura.

Il primo dato si riferisce ai ghiacciai, che si stanno fondendo il 31% più rapidamente rispetto a 15 anni fa.

Il secondo è la deforestazione dell’Amazzonia brasiliana, che nel 2020 “ha raggiunto un record” storico.

Una delle regioni più colpite dai cambiamenti climatici è la Groenlandia. Secondo analisi recenti di questo immenso territorio situato di fronte alle coste del nord-est del Canada, sta perdendo rapidamente lo strato di ghiaccio, e i ghiacciai sono in piena retrocessione.

Questo potrebbe essere un fenomeno irreversibile, anche se sono state ridotte le emissioni di biossido di carbonio, cosa che potrebbe accadere anche ai ghiacciai dell’Antartide.

In altri termini, si è già persa quella ricchezza per le prossime generazioni di abitanti della Terra.

Reagire o perire

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Il messaggio che lascia l’analisi dei 31 “segnali vitali” del nostro pianeta – e dei 18 che si trovano in “stato critico” – è urgente.

Come ha detto Tim Lenton, docente di Cambiamenti Climatici e Scienze del Sistema Terrestre presso l’Università di Exeter (Inghilterra) e uno degli autori del testo pubblicato su BioScience, è il momento di “reagire di fronte alle prove che dimostrano che ci incamminiamo verso punti di non ritorno climatici”.

Insieme a Lenton, gli altri autori del rapporto reclamano “azioni rapide e radicali” in vari settori – azioni che provocano quelli che Lenton chiama “punti di inflessione” – ad esempio, l’eliminazione totale dell’uso delle energie fossili, il ripristino graduale degli ecosistemi, diventare meno carnivori e più vegetariani e cercare nuove forme di sviluppo sostenibile.

“Dobbiamo smettere di trattare l’emergenza climatica come un problema indipendente. Il riscaldamento non è l’unico problema del nostro sistema sotto pressione”, ha insistito William Ripple, dell’Università dell’Oregon (Stati Uniti).

In effetti, il problema è sistemico, per cui solo quella che Papa Francesco ha definito una “conversione ecologica” aiuterà a uscire dall’abisso in cui abbiamo messo il nostro pianeta.

Una “conversione” che ci obbliga a realizzare piccoli “punti di inflessione” nel nostro modo quotidiano di vivere e prenderci cura del Creato.

E se iniziassimo recitando questa preghiera?

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