Sono quasi certa che "Non aprite quella porta" sia stato scritto da una moglie che si era stufata di aspettare il marito in bagno. Lo scenario splatter è servito: urla e rumori di sgozzamenti vari mentre lui sta giocando a Fortnite seduto sulla tavoletta (rimedi contro la stitichezza 3.0).
Sarebbe anche il set per un bel capolavoro fantascientifico, in realtà. Buchi neri che inghiottono figli adolescenti (la domanda però è "perché non scompaiono mai i capelli aggrovigliati nello scarico invece?") alle otto del mattino quando davanti al lavello c'è più fila che sulla A14 il 16 agosto. Varchi spazio temporali in cui restano intrappolati membri della famiglia in una specie di "Interstellar" dove l'ansia sale ad ogni minuto che passa se non trovi in tempo il contorno occhi per tornare indietro nel tempo. Proprio ieri era lì, sopra alla mensolina, ma "del doman non v'è certezza". Soprattutto in bagno.
Quello della toilette è un copione che tutti conosciamo bene. Tipo "Sette anni in Tibet", ma con meno Brad Pitt, più patatine nascoste tra i flaconi di sapone e in media sette minuti di agognata solitudine.
Dietro alla scusa formato porta della privacy e del pudore, sconosciuti per un qualunque under cinque, ci sono un padre e una madre che tentano di ristabilire la loro connessione con l'universo interiore (in tutti i sensi. E grazie Actimel).
Che il bagno sia il Tibet di tutte le coppie lo conferma anche una recente ricerca dell'azienda inglese Showerstoyou. Dallo studio è emerso come questa sia la "stanza della discordia" per eccellenza. Non compare ufficialmente tra le cause di divorzio, ma pare essere il luogo dove diamo il peggio di noi e dove più facilmente perdiamo le staffe. Si sa, a lungo andare, questo (e il non lavarsi) non aiuta nessuna relazione. Al di là degli eventi eclatanti le piccole cose, le gocce che si accumulano giorno dopo giorno, fanno traboccare il vaso (o forse è il caso di dire… il water!).
Abbiamo tutti bisogno di privacy, o meglio, di un luogo dove spogliarci ed essere solo noi stessi, senza filtri.
Non è solo questione di stare soli, ma di metterci a nudo: quale metafora migliore del bagno?
Ci sono parti di noi, stanze dove non vorremmo far entrare nessuno.
In ogni coppia è necessario rispettare questa sacro santa esigenza, ma anche non nascondersi dietro a una idea distorta di "privacy".
All'amore non fa bene "stare soli", l'amore ci chiede di spogliarci davanti a un altro, senza pretese, per scoprire le nostre debolezze (sì, anche non cambiare mai la carta igienica, vale) e scontrarsi, ovvio, sgomitando di fronte a un lavello davanti al quale non siamo più soli. Nemmeno in bagno.
Solo da questa condivisione può partire il rispetto.
Il fatto è che non siamo progettati per condividere. La quotidiana lotta per l'uso della toilette è un emblema della vita di coppia che spiega meglio di molte equazioni di sesto grado la complessità dell'amore.
In bagno cadono le nostre rassicuranti certezze. Tipo non capire perché lo spazzolino non sia esattamente dove l'hai lasciato ieri.
Gli stessi dati di Showerstoyou confermano che il 65% dei partner è disposto a interrompere subito la relazione qualora manchi attenzione all’igiene.
Vedere l'altro come non avremmo mai voluto ci turba profondamente se non siamo pronti al dialogo e a lasciare quella idealizzazione dell'amore per calarci nella realtà di abitudini da cambiare e flaconi vuoti accumulati da buttare. Un adeguarsi continuo, un abbozzare. Forse poi, la cosa che ci dà più fastidio è sapere che non ci sarà nessuno a dirci "bravi", mentre per l'ennesima volta tocca a noi pulire il vetro della doccia.
Allora, invece che la prima causa di divorzio, potremmo far diventare il bagno la prima palestra di amore familiare e, mi sbilancio...di santità!
Cercare di essere più attenti alle richieste della moglie che vorrebbe la tavoletta abbassata o che vi accorgeste dello scopettone ogni tanto (così, per favorire l'inclusione) è un atto d'amore. Sistemare i trucchi, togliere i capelli, non chiamare "chi l'ha visto" (parlo alle femmine) è un gesto che dice "so che ci sei anche tu e anche se qui lo spazio è poco e spesso occupato dal mio "io", sto provando a fartelo".
Insomma, ci sono attenzioni che non costano nulla, ma valgono come un mazzo di rose.
Con questa nuova consapevolezza adesso corro in bagno. Che mia figlia di un anno ha scambiato il bidet per l'apertura dell'Acquafan di Rimini.