Dopo aver subito uno stupro, Danya Sherman, 24 anni, crea una start up che produce un fazzoletto per rilevare la presenza di sostanze stupefacenti nei cocktail e salvare altre ragazze. Una storia di dolore e di come attraversarlo per uscirne liberate.
Possiamo usare il dolore come scusa, per infliggere altro dolore o per toglierci dalla responsabilità di dover fare la cosa giusta anche se nella speranza di smettere di soffrire o di cancellare tutto.
Quante volte ho sentito usare quella dello stupro come giustificazione all’aborto, ad esempio. Dietro a quei “ha già sofferto abbastanza”, “sarebbe come vedere l’immagine di chi le ha fatto del male tutti i giorni”, “non è voluto” c’è tanto dolore e, purtroppo, nessuna via di uscita con l’interruzione di gravidanza.
Possiamo moltiplicare il dolore per sentirci meno soli nella sofferenza.
Restarci intrappolati.
Trasformarlo in rabbia, risentimento, vendetta. È giusto, normale e parte di ogni percorso di guarigione attraversare tutti questi sentimenti, senza rinnegarli o peggio tacere le domande che portano con sé, per tutto il tempo necessario. Ciò che conta è non smettere di puntare alla vera meta: una nuova serenità.
Il dolore di Danya, stuprata a 24 anni
Danya Sherman, studentessa americana di 24 anni, porterà per sempre, dentro di sé, la sofferenza della notte in cui è stata stuprata da un conoscente. È in Spagna per una esperienza universitaria all’estero. Una sera in un locale le viene offerto un cocktail con all’interno una sostanza stupefacente. Lei beve ignara di tutto e quella notte viene violentata.