Un nostro lettore ci scrive: «La salvezza richiede necessariamente il “sacrificio”? La Salvezza offerta “a tutti” può essere concepita anche come Salvezza “di tutti”?».
«Indubbiamente il Nuovo Testamento - risponde don Roberto Repole, presidente dell'Associazione Teologica Italiana - ci consegna, tra le diverse categorie con cui si sono espresse la redenzione e la salvezza offerte da Gesù, anche la categoria del sacrificio. Al contempo, lo stesso Nuovo Testamento, così come la tradizione ecclesiale, ci consegna altre categorie, come riscatto, auto-donazione di Gesù. Nella lettera ai Galati, Paolo dice: “Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me". Evidentemente questa affermazione ha una portata salvifica».
Uno dei punti da cogliere «è cosa si sia voluto esprimere attraverso la categoria del sacrificio. Mi pare che si sia voluto esprimere il fatto che la salvezza, offerta liberamente da Dio, implichi la dimensione di partecipazione dell'umano: comporti, cioè, un dono di tutto se stesso, da parte dell'uomo nei confronti di Dio stesso. Il problema, nel contesto di oggi, è capire se questa categoria possa venire equivocata. Nel senso che molto spesso l'idea di sacrificio viene compresa come se l'offerta di salvezza, l'amore di Dio, la sua vicinanza, la comunione che lui ci offre.... richieda una mortificazione del nostro umano, una privazione di un qualcosa della nostra umanità».
Secondo don Roberto, oggi bisogna invece mostrare «come la Salvezza, cioè la comunione che Dio offre agli uomini in Gesù, fa fiorire l'umano così come dovrebbe essere: capace cioè di donarsi, di consegnarsi a Dio e al prossimo». Quella di sacrificio, probabilmente, è «una categoria di cui non si può fare a meno per esprimere la Salvezza»; ma, come ha detto don Giovanni Ferretti, nel corso dell'ultimo convegno nazionale organizzato dall'Associazione Teologica Italiana, tale categoria esprime davvero la Salvezza cristiana solo quando «viene detta ma anche disdetta. Solo così essa orienta verso il volto di Dio così come si è manifestato in Gesù Cristo».
Circa la questione se la Salvezza possa essere un "privilegio" di tutti, il teologo va prudente. «Una equazione Salvezza offerta a tutti uguale salvezza di tutti non è possibile farla - sentenzia don Roberto -. Certamente, il disegno di Dio è salvifico, Dio non ha due progetti, cioè di dannazione e Salvezza. Proprio perché il suo è un progetto di salvezza per l'umanità, esso comporta, però, anche la libertà degli uomini, cioè la possibilità di aderire al progetto, oppure di rifiutarsi».
Da questo punto di vista, aggiunge Repole, «come dice il teologo von Balthasar possiamo sperare che l'inferno sia vuoto, così come allo stesso tempo possiamo dirci che l'affermazione circa il compimento dell'umano non è, dal punto di vista teologico, dello stesso tenore di un discorso sull'inferno. Ma non possiamo dire che la Salvezza offerta da Dio a tutti andrà sicuramente a buon fine per tutti. Perché dire questo significherebbe compromettere la serietà della libertà degli uomini e dunque la serietà della nostra storia umana, nella drammaticità del rapporto tra uomo e Dio».
La libertà, conclude il presidente della ATI, «è qualcosa di reale anche per Dio. Dio si rapporta a noi uomini, entrando a contatto con quella stessa libertà che Egli ci ha donato. Non siamo dei fantocci per Dio: proprio questo fa si che rimanga la possibilità per l'uomo di chiudersi alla proposta e all'offerta salvifica che Dio fa».