Stanno arrivando, in questa prima settimana a partire dalla sua promulgazione, le prime importanti reazioni al motu proprio di papa Francesco Traditionis custodes, e bisognerà attendere almeno qualche mese ancora prima di stilare un bilancio della sua prima ricezione. È di oggi, ad esempio, la notizia che la conferenza episcopale della Costa Rica ha preso nettamente posizione a favore del motu proprio e “contro il Vetus Ordo”:
Essendo abrogati le precedenti norme, istruzioni, concessioni e consuetudini, non è d’ora in poi autorizzato l’uso del Missale Romanum del 1962 o di qualsiasi altra espressione della liturgia anteriore al 1970.
Piccola chiosa a margine: proprio in forza di Traditionis custodes, l’“esclusiva competenza” nell’«autorizzare l’uso del Missale romanum del 1962 nella diocesi, seguendo gli orientamenti della Sede Apostolica», spetta «al vescovo diocesano» – non alle conferenze episcopali. Sarebbe paradossale che, lamentando come un gravame la pressione del Romano Pontefice – il cui ufficio è di diritto divino –, i vescovi andassero a ipotecare la loro (pur collegiale) autonomia sotto all’ombrello delle conferenze episcopali – istituto di diritto ecclesiastico.
Nessuno ce l’ha col latino
Certo non aiutano gli opinionisti che da una settimana parlano dell’“abolizione della messa in latino”: si direbbe che o non capiscano di cosa si sta parlando o non intendano aiutare a capire.