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E’ italiana la torre che ricava acqua dall’aria per la sete dell’Africa

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Warka Tower|Youtube

Paola Belletti - pubblicato il 21/07/21

Il progetto è di Artuto Vittori e si chiama Warka Water: è una torre costruita con materiali naturali in grado di raccogliere l'acqua dall'aria e di distribuirla pulita a piccoli villaggi. Ha cominciato dall'Etiopia ma non si vuole fermare.

Chissà che Arturo Vittori, l’italiano che ha progettato questo piccolo gioiello di design, non abbia per la prima volta guardato con gratitudine al fastidio dell’afa di tante giornate estive: l’umidità è acqua clandestina, diamole diritto di cittadinanza dove la aspettano esattamente come l’acqua dal cielo, avrà pensato.

E’ andata così, da come si legge sul sito che racconta il progetto che sta già dando da bere a diversi villaggi in Etiopia e che si vuole diffondere in altre parti del globo, nelle tante regioni dove l’accesso all’acqua potabile è una priorità troppo vergognosamente e troppo a lungo disattesa.

C’è chi per aiutare i suoi fratelli ad avere questo bene scava pozzi e infittisce reti di canali. E c’è chi guarda in su.

Milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile

Mi correggo, non si tratta di milioni, ma di miliardi. Sono 2,2 miliardi le persone al mondo che non hanno accesso ad un bene tanto prezioso e – diciamolo- per noi scontato come l’acqua potabile.

L’ispirazione è venuta dall’osservazione e, probabilmente, anche dalla commozione. Ci si commuove davanti a intere comunità che patiscono la sete e le malattie perché non hanno accesso a fonti di acqua pulita per i loro bisogni più fondamentali.

In molti villaggi etiopi, e non solo, infatti questa è ancora una delle piaghe più dolorose: è inaccettabile che migliaia di donne e bambini (sempre loro) ogni giorno siano costretti a fare ore di cammino per rifornirsi a pozze di acqua sporca, condivisa con gli animali. Il cuore, se è rimasto retto, non può che muoversi per rimediare a questa ingiustizia. E la mente? Se è quella ingegnosa di un architetto probabilmente si mette a progettare.

Una torre che unisce

Warka Water è stata installata per la prima volta nel 2015 in Etiopia ed è riuscita a portare acqua potabile agli abitanti del villaggio. La torre, costruita con materiali naturali e che può raccogliere fino a 80 litri d’acqua al giorno, oggi è arrivata al suo quarto modello ed è stata installata in altre parti del mondo. (grassetti nostri, Ndr)

Ohga

La torre che cattura l’acqua dall’aria è stata inventata copiando i mirabili stratagemmi che la natura mette in atto per sopravvivere (biomimicry):

Warka Water è una fonte d’acqua alternativa per le popolazioni rurali africane che hanno difficoltà ad accedere all’acqua potabile. Con l’obiettivo di fornire una media di 100 litri di acqua potabile ogni giorno, Warka Water raccoglie la pioggia e raccoglie nebbia e rugiada. La tecnica di raccolta dell’acqua e il sistema di costruzione del Warka sono ispirati alla biomimetica, che si impegna a imitare i fenomeni naturali allo scopo di risolvere complessi problemi umani. Molte piante e animali hanno sviluppato caratteristiche strutturali uniche su micro e nanoscala sulle loro superfici che consentono loro di raccogliere l’acqua dall’aria e sopravvivere in ambienti ostili.

Arturo Vittori

L’albero al centro del villaggio

Il progetto Warka Water il cui nome stesso esige una spiegazione, è nato in seguito ad un viaggio dell’architetto Vittori in Etiopia. Vedendo come le comunità si procuravano male e in modo insufficiente un bene tanto prezioso ha deciso di contribuire a migliorare le loro condizioni con un progetto. Così nasce la torre capace di ricavare acqua dall’aria.

Costa solo 1000 dollari e può raccogliere fino a 80 litri d’acqua al giorno ed è stata installata per la prima volta nel 2015 in Etiopia. “Visitando piccole comunità in Etiopia, nel 2013, ho assistito a questa drammatica realtà: la mancanza di acqua potabile.” – racconta Arturo Vittori – “Gli abitanti del villaggio vivono in un bellissimo ambiente naturale ma spesso senza acqua corrente, elettricità, servizi igienici. È così che è stato avviato il progetto della torre di Warka Water.”

Ohga

Come funziona

Warka Water, realizzata con materiali locali e naturali come il bambù, raccoglie sia l’acqua piovana che quella presente nell’atmosfera ricavandola dall’umidità e dalla condensa prodotta dagli sbalzi di temperatura. Prima di arrivare al villaggio per essere distribuita viene filtrata.

Come è fatta

Si compone di una rete, una tettoia per trattenere la rugiada e una cisterna per raccogliere l’acqua.

La realizzano concretamente gli abitanti del villaggio, a mano. E’ diventato un loro sapere e come tale passerà da una generazione all’altra.

Sì perché tra gli altri obiettivi del capo progetto c’è quello di rispettare e promuovere le tradizioni delle comunità che aiuta.

Perché questo nome?

Anche in Etiopia l’albero del fico gode di particolare fortuna: Warka è il nome della pianta che fa da ristoro e ritrovo per le comunità locali. Idem la torre, quindi: sotto la sua ombra si possono radunare le persone del villaggio per momenti sociali, politici, ricreativi e come il fico anche la torre porta vita e nutrimento.

Ora che il progetto è già consolidato è stato arricchito di pannelli solari così, come qualsiasi cittadino occidentale, ma con tutta un’altra vista, gli abitanti del villaggio servito da un Warka Water possono ricaricare tablet e altri dispositivi.

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Con l’acqua pulita le persone possono bere ma anche lavarsi e così ridurre la trasmissione di malattie; possono coltivare piccoli orti

E’ vero, noi abbiamo ben più che l’acqua potabile a disposizione ma vedere chi raggiunge questo obiettivo solo ora ci può educare a guardare di nuovo a questo bene e ai molti che il Creato ci offre con un altro atteggiamento. E a ripensare i nostri stili di vita. La custodia del Creato e l’uso misurato delle risorse che ci offre e con esso ci procuriamo è uno dei mandati fondamentali dell’uomo e una strada sicura per costruire la pace.

Si tratta in senso stretto di un vero e proprio ben di Dio. Allora si dovrebbe ricominciare con il dire “grazie”.

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