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Partecipa incinta alle qualificazioni per le Olimpiadi

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Lindsay Schwartz Flach | Instagram

Paola Belletti - pubblicato il 19/07/21

Lindsay Flach era alla 18ma settimana quando ha partecipato, con tutte le accortezze necessarie, alle qualificazioni per le Olimpiadi di Tokyo.

Non ci servono altri esempi di superdonne, ma di donne vere sì

Come donna e mamma confesso che non appena leggo queste notizie un po’ mi irrito, pregiudizialmente. Temo si tratti di un altro trofeo da esporre nella galleria del “Guardatemi, sono incinta ma deve sembrare che non lo sia”;

che fa l’opposto del servizio che immagino serva alla causa delle donne e soprattutto della maternità, mai così attaccata, ma anche forse mai così compresa a fondo, come in questi ultimi anni. Non dobbiamo difendere la maternità nascondendola, foss’anche dietro l’ostentazione.

Atleta di eptathlon incinta di 18 settimane partecipa solo alle qualificazioni

Invece no, Lindsay Flach è un’atleta statunitense di eptathlon che sta facendo storia e speriamo anche scuola perché ha partecipato alle qualificazioni per le Olimpiadi di Tokyo incinta di 18 settimane.

Ma non l’ha fatto per dire “sono una macchina, nemmeno la gravidanza mi può fermare”; non stava giocando a Wonder Woman. O meglio non nel modo solito di intenderlo. Lo ha fatto perché è una vera atleta, una professionista e anche, a quanto pare, una mamma responsabile. E, si legge su Elle, anche per dire al mondo che le donne possono fare tutto: persino le mamme.

Sì, anche incinte possiamo fare molte cose, cum grano salis, aggiungerei. E non tutte, non sempre. Chi di noi non conosce o magari è stata una di quelle costrette a restare immobili a letto per custodire la vita che si stava sviluppando in loro? La norma, però, è che la gravidanza è fatica e impegno ma anche in un certo senso uno stato di grazia.

Anche la maternità assomiglia all’eptathlon

La disciplina per cui si allena da anni è molto impegnativa perché prevede 7 gare in 7 discipline diverse da svolgersi in due giornate: 100 metri a ostacoli, lancio del peso, salto in alto, 200 metri piani, e, in seconda giornata, salto in lungo, lancio del giavellotto, 800 metri piani.

Senza dubbio tutta questa forza e resistenza esercitate nello sport le serviranno una volta che avrà a che fare con risvegli notturni, allattamento (una disciplina piuttosto estrema, almeno per quanto la fase di avvio; ma una volta lasciati i blocchi di partenza, può persino diventare dolce), coliche o simili, rigurgiti, primi bagnetti, suocere invadenti o cognate tuttologhe.

L’eccezionale normalità di ogni maternità

Ciò che Lindsay ha fatto è simile a quello che fanno molte donne incinte: ha continuato il suo lavoro secondo modalità che non mettessero a repentaglio la sua salute e quella del bambino e ha rivisto i suoi progetti futuri in funzione della nascita del piccolo.

Le mamme hanno molta forza, e servirà loro tutta quanta.

Brava Lindsay allora che hai corso senza strafare perché, d’accordo coi medici avrai tenuto conto dell’impegno che il tuo fisico stava già affrontando e riparametrato le prestazioni sportive alle quali potevi sottoporlo senza danno per te e il bimbo.

Brava che hai mostrato quale forza possiamo sprigionare, prima, durante e dopo la gravidanza.

Bravissima che hai vissuto l’impossibilità a partecipare alle competizioni vere e proprie dei XXXII Giochi Olimpici perché la tua presenza è richiesta altrove. Brava che hai mostrato che le donne sono donne e non uomini con un po’ di seno, minor forza muscolare e maggiore elasticità dei legamenti.

Brava perché hai messo un po’ in alto, sulla scena del mondo, lo spettacolo della maternità, l’esclusività di questa esperienza che spetta solo alle donne, ma proprio perché ci sono gli uomini.

La confusione fa male anche allo sport

Purtroppo anche lo sport è già messo alla prova e avvelenato dal diffondersi dell’ideologia gender che, tradotta in leggi, permette a uomini di partecipare come donne (il contrario non si vede molto, mi pare). Per questo poter godere di un simile spettacolo fa bene alla salute (mentale) di tutti. Sì, solo le donne partoriscono e, se sanno di essere incinte e non sono inutilmente spericolate, rivedono le proprie priorità.

Un no (anzi un forse) che nasce da un grande sì (alla vita)

Lindsay non parteciperà alle Olimpiadi vere e proprie ma ha già annunciato che il suo no al rientro non è definitivo e che se non sarà in pista sarà molto vicino. Lo dice sul suo IG:

 “Mi è stato chiesto se mi vedrete di nuovo competere in pista – la mia risposta originale era no, ma vedremo. Mi vedrete in pista a dare consigli alla prossima generazione che sta lottando per i suoi obiettivi! Forse anche saltando negli allenamenti con loro ❤️”.

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Ho partecipato a questa gara per me stessa. (Cercando di sgattaiolare sotto i radar) Volendo chiudere la mia carriera in pista prima di andare avanti con la vita. […] Sono fortunata di poter essere una luce positiva e un’ispirazione per così tanti” ha scritto Flach sul suo profilo Instagram dopo l’ultima gara di qualificazione per Tokyo

 Era il 27 giugno e in Oregon il caldo, anche quello, da record.

Per questo su “consiglio dei medici, che le hanno dato il via libera per la gara, Flach ha corso i primi 100 metri al posto dei canonici 800 e ha fatto una sola prova di lancio del peso e salto in lungo, per evitare sforzi controproducenti.” (Elle)

Fa parte del gioco, rallentare per permettere ad altri di iniziare la propria corsa. E non c’è nulla come la maternità per accorgersi che per vincere, soprattutto sé stessi, occorre fare spazio.

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