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Perché esigiamo troppo?

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Sergey Nivens | Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 16/07/21

La risposta è nascosta nel nostro cuore, e il problema si risolve vivendo la gratuità dell'amore

Mi piace la sincerità. Dire quello che provo, quello che sento, e non tenere per me le cose per paura di sbagliare e di ferire. Anche se ferisco con le parole e offendo con i silenzi.

Un esempio di sincerità nel Vangelo è l’episodio in cui Pietro dice a Gesù quello che pensa: “Allora Pietro prendendo la parola disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?»”

La sincerità è l’arma degli onesti. Dire ciò che si pensa senza paura dei rifiuti. Esprimere le proprie opinioni e i propri sentimenti.

E se il mio giudizio è sbagliato? La mia interpretazione di quello che sento può essere falsa, ma ciò che provo è vero, perché sono io che lo sento nell’anima, dentro.

Dire ciò che sto passando dentro è dire la verità. Anche se chi ha provocato in me quel sentimento non aveva l’intenzione di danneggiarmi.

Per questo non sminuisco mai ciò che prova il fratello. Se si sente offeso, abusato, ferito, è vero. Forse non volevo offendere, né ferire, ma il sentimento è reale.

Esprimersi è sano

Dire ciò che penso è sano. Dire quello che provo, quello che c’è nel mio cuore. La mia rabbia e la mia pace, il mio disagio e la mia gioia.

I sentimenti di invidia che si annidano nel mio cuore. Le mie pretese nascoste. I miei desideri intimi. Tutto ciò che è in me, tutto quello che osservo e giudico.

Essere assertivi è un valore. Dire ciò che penso e sento. Spesso custodisco tutto dentro di me, e con questo atteggiamento non ottengo nulla. La mia ansia aumenta, e mi sento incapace di avanzare.

Tengo per me opinioni, desideri, progetti. Nascosto quello che voglio fare e mi adatto a ciò che gli altri si aspettano da me.

Ma questo atteggiamento sottomesso finisce per chiedermi il conto.

Tenngo per me le mie domande scomode, le mie opinioni e i miei desideri, fingendo una falsa umiltà che mi fa soffrire dentro.

Neanche vivere ferendo

È vero che non ho diritto di dire tutto ciò che penso se con questo offendo, danneggio o ferisco. Non ho motivo di gridare le mie verità, per quanto nella mia anima siano appunto verità.

La sincerità è preziosa, a patto che si pratichi in base alla carità. Non voglio ferire con le mie opinioni e i miei giudizi.

Non voglio, per il fatto di voler essere sincero, vivere facendo danni.

Non voglio vivere ferendo, ma essere sincero come Pietro, che chiede a Gesù cosa riceverà in cambio di aver dato tutto.

Aspettarsi sempre qualcosa in cambio?

Nella vita è così. Do molto, dico di farlo per amore, perché voglio, ma poi chiedo il conto.

Esigo che mi amino lo stesso, che mi diano come contropartita una parte equivalente a quella che ho dato io.

E allora l’anima vive esigendo le stesse cose che dà. Se sono generoso, voglio che anche gli altri lo siano con me.

Qual è il pagamento che ricevo per aver dato la vita a Gesù? Forse penso a beni materiali, al prestigio.

Cosa non è un regalo?

Lasciare tutto per amore è un dono di Dio, non un mio merito. La generosità fino all’estremo è un regalo di Dio nella mia vita.

Sono disposto a lasciare tutto? Cos’ho lasciato per amore altrui? E per amore nei confronti di Dio? Mi sono donato completamente, Gli ho dato tutto ciò che possiedo?

Mi sono abbandonato tra le Sue mani come una barca portata dal vento nel mare?

Non lo so. A volte penso di sì, di aver lasciato tutto per Lui. Ma poi il mio cuore custodisce tesori nascosti. Trattengo sfere d’oro che non sono disposto a consegnare.

Custodisco quello che non voglio dare a nessuno. È mio, penso nel mio cuore, e non desidero che nessuno lo possieda.

Non mi dono completamente nel desiderio di dare tutto a Dio. Tengo qualcosa per me.

Fin dove arriva la mia generosità?

Nella domanda di Pietro c’è il desiderio di un premio. Vuole una compensazione per tante rinunce.

Si è saputo amato da Gesù e ha lasciato tutto, non ha chiesto cos’avrebbe ricevuto in cambio. Ma ora vuole sapere di più.

Quando lascio tutto per seguire i passi di Dio, è perché quello che mi offre è più grande e prezioso di quello che mi lascio indietro.

E allora, perché sento che devono pagarmi qualcosa o compensare la mia generosità?

Ho incontrato persone molto generose. Danno tutto, non tengono nulla per sé. Sono sempre disposte ad amare, a dare la vita, il tempo per gli altri.

Chiedono quello che gli altri desiderano e si offrono di aiutare dove la necessità richiede la loro presenza.

Sembra che non ci siano altre intenzioni dietro quella dedizione altruistica, ma all’improvviso sorgono desideri inconfessabili nascosti nelle loro parole o nelle loro lamentele.

Domande non pronunciate nei loro silenzi, e tristezze provocate per non aver ricevuto quello che non hanno mai chiesto.

Così è il cuore umano, che aspetta sempre qualcosa. Ama e vuole essere amato. Dà e desidera ricevere.

Dio, fonte di generosità

Solo Gesù ha quello sguardo, quel modo di vivere che non nasconde nulla. Non ci sono domande in attesa di un pagamento per quello che mi ha fatto.

La generosità di Gesù è quella che voglio per me. Per non chiedere di essere ripagato per tutto ciò che do. Per non gettare in faccia quello che ho regalato.

Ho forse venduto la mia vita? L’ho regalata senza aspettarmi niente in cambio.

Ma il mio cuore meschino ha queste cose, quei sentimenti nascosti, quegli egoismi, e tiene conto del bene realizzato e di quello non ricevuto o del male subìto.

Lo faccio come donazione, ma sembra quasi una compravendita. Dico di non volere niente in cambio mentre tendo la mano al cielo aspettando una contropartita.

Che pena coloro che distruggono con la mano sinistra quello che hanno costruito con la destra! Quanto bene fanno essendo generosi, e quando male suscitano esigendo ciò a cui non hanno diritto!

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