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L’ultima lettera della suora rapita in Mali: Dio, aiutami a trovare la libertà

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Aiuto alla Chiesa che Soffre

Suor Gloria Narváez Argoti.

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 09/07/21

Ha scritto alla sua famiglia Suor Gloria Narváez Argoti, la religiosa francescana di 57 anni rapita dai jihadisti a Karangasso, nel 2017. Ecco le sue toccanti parole

Suor Gloria Narváez Argoti, la religiosa della Congregazione delle Suore Francescane di Maria Immacolata di 57 anni rapita dai jihadisti in Mali, a Karangasso, nel 2017, ha dato notizie di sé con un messaggio inviato tramite la Croce Rossa internazionale al fratello Edgar Narváez, che abita nella cittadina di Pasto, in Colombia, luogo di origine della suora. 

A dare notizia è la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), dopo aver visionato la nota: 11 righe, scritte a mano in spagnolo. La famiglia l’ha ricevuta nel mese di maggio. 

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“Il buon Dio li benedica”

«Invio a tutti i miei più cordiali saluti. Il buon Dio li benedica e conceda loro la salute. Sono prigioniera da quattro anni e ora sono con un nuovo gruppo», si legge nel breve testo. La suora rapita identifica il gruppo terroristico che attualmente la tiene in ostaggio come il Gsim, il Gruppo per il sostegno all’Islam e ai musulmani. Si tratta di una formazione appartenente a un’alleanza jihadista attiva nel Sahel e legata ad Al Qaeda. 

«Possano tutti pregare molto per me. Che Dio benedica tutti loro. Spero che Dio mi aiuti a ritrovare la mia libertà. La tua amorevole sorella, Gloria», conclude (Aiuto alla Chiesa che Soffre, 8 luglio). 

La liberazione della compagna di prigionia

L’uomo ha riferito anche che la liberazione della compagna di prigionia, la dottoressa francese Sophie Petronin, nell’ottobre dello scorso anno, aveva colpito molto suor Gloria. «La loro separazione – ha affermato – ha causato grandi difficoltà psicologiche e mentali a mia sorella, perché avevano condiviso quattro anni di amicizia». 

irmã Gloria Cecilia Narváez Argoti

E’ in un luogo ancora più remoto 

Dopo il rilascio di Sophie Petronin, «l’hanno trasferita nel gruppo menzionato nella sua lettera, il Gsim, in un luogo ancor più remoto. Ma a poco a poco si è ripresa mentalmente, e ora sta di nuovo bene – ha aggiunto -. Fisicamente è esausta, molto magra, il viso abbronzato dal sole e dal clima della regione del Mali, ma grazie a Dio sta bene. È molto forte».

Educatrice prima in Messico e Benin

All’agenzia Fides (6 febbraio), suor Noemi Quesada, ex superiora generale della Congregazione di suor Gloria, aveva spiegato che la suora rapita era giunta in Mali dopo alcune esperienze missionarie:

«Fin da giovanissima ha dimostrato le sue qualità di educatrice e come tale si è preparata al servizio in questo campo. Sono state molte le istituzioni educative in cui ha lavorato. Il Collegio di Samaniego, nel sud della Colombia è stato l’ultimo istituto di cui è stata direttrice, poi i suoi primi passi come missionaria li ha fatti nel sud del Messico, ad Apatzingán, Michoacán. Dopo una preparazione particolare, venne inviata a Boukoumbé, in Benin, in Africa, sempre come educatrice. Sono bastati sei anni per farla rimanere profondamente incantata dall’Africa e dalla sua gente. La Congregazione la inviò quindi come responsabile del lavoro a Karangasso, in Mali. Lì accompagnava le suore della sua comunità che svolgono il servizio missionario nel centro sanitario, in una casa per bambini orfani, un centro per la promozione delle donne, che include un Progetto di alfabetizzazione di 700 donne nei villaggi, e nella catechesi dei bambini e dei giovani del luogo».

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