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175 anni dalla nascita del “pellegrino dell’assoluto”, Léon Bloy

Léon Bloy

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Jaime Septién - pubblicato il 08/07/21

Bloy rappresenta il grado più alto e più strano di manifesto a favore di un'esistenza il cui elemento principale è il dolore di Cristo sulla croce


Il 6 luglio 1846 naceva a Périgueux (Francia) uno degli scrittori cattolici più influenti del XIX secolo e dell’inizio del XX, Léon Bloy, che all’ultima riga del suo libro La donna povera ha scritto “Non c’è che una tristezza, quella di non essere dei santi”.

Secondo dei sette figli di un ingegnere ateo e una madre di discendenza spagnola ritenuta una mistica dai suoi contemporanei, Bloy rappresenta il grado più alto e più strano di manifesto a favore di un’esistenza il cui elemento principale è il dolore di Cristo sulla croce.

Uno dei più grandi esperti su di lui, il critico letterario cattolico Albert Béguin, autore di Léon Bloy, mistico del dolore, sottolinea i due punti essenziali della vita religiosa di Bloy, che emergono dalle sue opere:

“È la sofferenza del Cristo, l’agonia, la prima imitazione, quella di Gesù per la sua Madre addolorata; ed è l’attesa dell’avvento dello Spirito Santo, della Pentecoste ultima che lascerà spazio al Regno atemporale”.

Le opere di un polemista

Nulla di quello che ha scritto Bloy è di facile assimilazione. Tra le sue opere più note ci sono L’anima di Napoleone, un personaggio al quale è stato incline fin dall’infanzia, Le Révélateur du Globe, dedicato alle gesta di Cristoforo Colombo (del quale propose la canonizzazione) e il libro autobiografico intitolato significativamente Il disperato.

Béguin dà conto di 29 testi pubblicati da Bloy (alcuni dei quali postumi), e di immensi volumi di lettere e di un enorme diario con nove tomi. Uno di questi, quello che descrive il periodo dal 1910 al 1912, ha dato il soprannome alla sua esistenza: “Il pellegrino dell’Assoluto”.

Un libro di Bloy, La donna povera, provocò la conversione al cattolicesimo di Raissa e Jacques Maritain. Conoscere Bloy e trovare in lui un cammino di conversione fece sì che la coppia non arrivasse al suicidio che si era proposta non trovando un senso alla vita.

Bloy – in una cerimonia segreta celebrata l’11 luglio 1906 nella chiesa di San Giovanni Evangelista – fu padrino di Battesimo di Vera e di Raissa, nonché di Jacques Maritain, e Raissa e Jacques, già battezzati, si sposarono nella stessa cerimonia.

Due paragrafi decisivi

Curiosamente (tutto in Bloy è inaspettato), dopo aver scritto centinaia di lettere a personaggi noti della letteratura francese come Villiers de l’Isle-Adam, sono due paragrafi di una lettera destinata a un’amica sconosciuta, di nome Marguerite, il 12 maggio 1913 che possono riassumere il suo pensiero:

“È un sacrificio del todo sovrumano, e che tuttavia ci viene richiesto. Finché non si consuma la speranza della santità non è altro che un sogno o un’irrisione. Questo è il nostro compito, e riconosco che è molto duro”.

Al termine del suo libro su Santa Giovanna d’Arco, vedendola sulla pira, la riconosce come sulla povera Croce, “la Croce degli indigenti e dei vagabondi, la dolce Croce dei vecchi cammini di corsa campestre, l’accogliente Croce dei miseri, degli impediti, dei piedi insanguinati, dei cuori in lacrime, di chi è stato morso dai serpenti e guarisce le sue ferite guardandola, la Croce di miseria e di gloria!” La Croce di Léon Bloy.

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