di Niccolò Rubeis
La riforma del processo penale “a brevissimo arriverà in Consiglio dei ministri” e sarà “una sintesi politica che tenga conto di un governo in cui è cambiata la maggioranza“. Ad annunciarlo è la ministra della Giustizia Marta Cartabia, in visita oggi all’Università Statale di Milano. “Quello che sta accadendo in questi quattro mesi di governo nell’ambito giudiziario rappresenta un cambiamento imponente, epocale e impressionante”, aggiunge la Guardasigilli lombarda, che ricorda poi come la riforma del processo civile sia stata già “licenziata dal governo” ed è ora nelle mani del giudizio del Parlamento. Un passaggio “importante per la vita della gente”, spiega Cartabia:
Insomma, il percorso verso la riforma della giustizia avanza, come richiesto dall’Europa nell’ottica della stesura del Pnrr, con l’Italia che ha accettato la sfida di abbattere in cinque anni il 40% della durata dei processi civili e il 25% di quelli penali. Un obiettivo “che cogliamo non solo in termini contrattuali – sottolinea Cartabia – ma perché sappiamo cosa significa avere un sistema efficiente, in cui le domande trovano una risposta tempestiva e dove le imprese sono più attratte, perché sanno di poter investire in un ambiente più affidabile anche per quel che riguarda il sistema giudiziario”. Ci sarà poi da lavorare “sull’ordinamento giudiziario – va avanti la ministra – e c’è la riforma della giustizia tributaria, che ha bisogno di un intervento innovatore”. E in più, “altri aggiustamenti sulla magistratura onoraria e per il codice della crisi di impresa”.
Dalla Guardasigilli anche una riflessione sull’organico dei magistrati in Italia: “Sono troppo pochi, mediamente al di sotto dei numeri europei – fa notare – e parte del problema della durata del processo è legata a questo”. Tuttavia, interventi di questo tipo “saranno supportati – sottolinea – da un più ampio piano di riforme. Chiaro che “la tempestività della decisione giudiziaria non potrà mai andare a scapito di una riflessione ben meditata e magari sofferta – spiega Cartabia – visto che giudicare è frutto anche di travaglio e richiede riflessioni ponderate”. Ma “non possiamo trascurare che il tempo è uno dei problemi della giustizia, è oggi è un fattore prioritario”. Qualcosa di “non poco significativo passa attraverso l’istituzione dell’ufficio del processo”, che Cartabia presenta davanti ai ragazzi della Statale. “Oggi sono qui – prosegue la Guardasigilli – a riflettere su una nuova pagina della giustizia”.
La riforma dell’ufficio del processo “unisce generazioni diverse della giustizia in un lavoro corale”, spiega la ministra della Giustizia, e rappresenta “una grande occasione per il sistema e per le nuove generazioni di giuristi”, ma il suo successo dipenderà molto “dai giudici e da come sapranno sfruttare questa carica di giovani che arriveranno nei tribunali“. Ne è convinta la ministra della Giustizia Marta Cartabia, che saluta positivamente la ristrutturazione dell’ufficio del processo prevista dall’Europa nel Pnrr. Con i fondi del Recovery infatti, ci sarà la possibilità “altrimenti impensabile”, di assumere 16.500 giuristi in due tranches diverse. “Un’occasione davvero inedita”, sottolinea Cartabia. L’ufficio di processo è una struttura organizzativa introdotta nel 2014 con la finalità di garantire proprio una durata più ragionevole del processo. Ne fanno parte essenzialmente magistrati onorari, tirocinanti e personale amministrativo. All’estero, come ricorda Cartabia, ci sono già queste figure. Piccoli gruppi di persone, normalmente giovani, che per un periodo breve del loro percorso fanno squadra con il giudice e lo supportano. E mentre lo fanno “cresce la loro statura professionale – insiste la ministra – da giudice posso assicurare che gli assistenti sono il nervo della struttura della corte e portano una ricchezza straordinaria alla vita dell’istituzione intera”. Con l’ufficio del processo “cambia un po’ il paradigma del giudicare: lo hanno già sperimentato i capi ufficio dove è stato instaurato”. La giustizia, in sostanza, “diventa un’opera corale, un momento individuale che arriva più arricchito quando a supportarlo ci sono altre persone”, specie nelle attività come “lo studio della giurisprudenza, l’approfondimento della dottrina, la stesura delle bozze, l’individuazione di soluzioni conciliative e – chiude Cartabia – l’uso di strumenti informatici”.