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Il Parlamento Europeo approva una mozione apertamente pro-aborto

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By artjazz | Shutterstock

Francisco Vêneto - pubblicato il 25/06/21

Deputato a favore dell'aborto: “Un grande giorno per il mondo progressista. Non permettete che la storia ci ricordi come retrogradi”

Il Parlamento Europeo ha approvato una mozione apertamente a favore dell’aborto in una sessione plenaria svoltasi questo giovedì, 24 giugno – significativamente la festa di San Giovanni Batttista, il precursore di Gesù che denunciava senza mezzi termini l’ipocrisia dei potenti del suo tempo.

Il testo approvato è il “Rapporto sulla situzione di salute e diritti sessuali e riproduttivi nell’UE, nell’ambito della salute della donna”, noto in genere come “Rapporto Matić” in riferimento al suo autore, Predrag Matić, rappresentante della Croazia al Parlamento Europeo. Questo mercoledì, alla vigilia della votazione, Matić ha dichiarato:

“Domani è un grande giorno per l’Europa e per tutto il mondo progressista. Domani decideremo se collocare l’Europa come una comunità che sceglie di vivere nel XXI secolo o nel XVII. Non permettete che la storia ci ricordi come retrogradi”.

Il “progresso” celebrato da Matić e dagli altri deputati che hanno approvato il rapporto include l’aborto tra le “cure essenziali della salute”, e in un attacco frontale alla libertà di coscienza e alla natura stessa della medicina sminuisce l’obiezione di coscienza delle istituzioni sanitarie contrarie all’aborto relegandola alla categoria di “negazione di cure mediche”.

Ricorrendo alle tipiche narrative eufemistiche e alla fallacia abortista per cui l’assassinio di un bambino in fase di gestazione è un “diritto di salute sessuale e riproduttivo”, il documento definisce anche le “violazioni” di questo “diritto” come “una forma di violenza nei confronti di donne e bambine”.

La mozione pro-aborto

Aggressivamente ideologica, la mozione è stata approvata con 378 voti a favore, 255 contrari e 42 astensioni.

Il rapporto è stato presentato come una reazione a quello che i suoi difensori hanno descritto come un “passo indietro dei diritti della donna” e un’“erosione dei diritti acquisiti”, in riferimento agli sforzi pro-vita di chiamare ogni cosa con il proprio nome e denunciare che l’aborto non è un diritto ma un crimine di omicidio.

Al lato contrario rispetto al radicalismo abortista si sono collocati vari deputati e deputate, come la spagnola Margarita de la Pisa Carrión e la polacca Jadwiga Wiśniewska, che hanno messo in discussione la mancanza di “rigore legale o formale” del rapporto e hanno denunciato che il documento estrapola le attribuzioni del Parlamento Europeo, visto che le questioni relative alla salute, all’educazione sessuale e alla riproduzione, come anche l’aborto, spettano ai poteri legislativi di ogni Paese membro dell’Unione Europea.

“[Il rapporto] tratta l’aborto come un presunto diritti umano che non esiste nel diritto internazionale. Questa è una violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dei principali trattati vincolanti, come anche della giurisprudenza del Tribunale Europeo per i Diritti Umani e del Tribunale di Giustizia dell’Unione Europea”.

La stessa ingerenza è stata sottolineata dal cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE), che ha smentito che l’aborto sia un “diritto umano”, oltre a rafforzare la denuncia per cui il rapporto lede il principio di sussidiarietà sbandierato dall’Unione Europea come una delle sue basi.

La COMECE ha anche dichiarato “eticamente insostenibile” il fatto di affermare che l’aborto possa essere trattato come un servizio sanitario “essenziale”.

Rapporto “estremo” e “radicale”

Si è espressa anche la Rete Parlamentare per le Questioni Critiche (PNCI, dalle iniziali in inglese), una lobby cattolica pro-vita con sede negli Stati Uniti, che ha deplorato il rapporto, che ha descritto come “estremo” e “radicale”.

Il Centro Europeo per il Diritto e la Giustizia (ECLJ), ONG con sede a Strasburgo (Francia), ha messo in guardia sul fatto che l’approvazione del rapporto non è vincolante, ma può servire come precedente per “esprimere un’intenzione pre-legislativa che in seguito potrà essere usata per giustificare atti vincolanti”.

“La scelta dell’istituzione in questa strategia non dev’essere sottovalutata”, aggiunge, “perché le risoluzioni del Parlamento Europeo sono l’espressione di un’opinione che il Parlamento vuole far conoscere”.

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