«Siamo nel campo della grande famiglia dei disturbi d’ansia», spiega il dottor Lorenzo Fregna nel numero di giungo di Benessere.
Ma è possibile diagnosticarle, curarle e superarle. Il primo passo è riconoscerle.
Sul numero di giugno della rivista Benessere edita dalla San Paolo, tra i molti contributi interessanti ho notato in particolare questo, che tratta di un disturbo tanto diffuso quanto invalidante: fobie e attacchi di panico.
Chi di noi non ha provato se non in prima persona di sicuro in qualcuno di vicino questa sconcertante esperienza di paura invasiva al punto da rendere impossibile ogni alternativa, per lo meno mentre si è, appunto, sotto attacco?
L’approccio razionale da solo non basta, anzi a volte non fa che aumentare frustrazione e senso di impotenza di fronte all’incombere di un nemico che si teme possa colpirci da un momento all’altro.
La fobia
«Le fobie rientrano nella grande famiglia dei disturbi d’ansia», spiega il dottor Lorenzo Fregna. «La persona che si trova a vivere questa condizione tende a mettere in atto, come strategia difensiva, un comportamento “di fuga”, volto a evitare l’oggetto della propria paura».
La fobia è una paura di grado elevato, associata con forza ad uno stimolo preciso e che persiste a lungo nel tempo; l’aracnofobia, per esempio, sappiamo essere la paura (sproporzionata) dei ragni.
Eccolo uno dei tratti distintivi delle fobie; non sono semplici e ragionevoli paure ma sono una forma di paura
intensa, sproporzionata e persistente nei confronti di uno stimolo specifico: un oggetto, un animale, una situazione… Può essere definita così la fobia, dal greco phobos, “panico, terrore, fuga”.
BenEssere, Giugno 2021
Il nostro nemico non è quindi la paura, che è invece uno degli strumenti primari che il nostro complesso organismo umano ha a disposizione per preservare sé stesso; come avviene anche per altri disturbi della sfera psicologica e comportamentale il problema sta nella sua intensità e nella persistenza.
La differenza tra paura e fobia
«La paura è un’emozione primaria che, come tutte le emozioni, ha un’utilità per l’essere umano in quanto lo mette in guardia dalle situazioni di pericolo», spiega la dottoressa Laura Pirotta.
Ibidem
Quando è la paura a prendere del tutto il controllo a nostro discapito non è più uno strumento nelle nostre mani ma una condizione di mancanza di libertà e autonomia. Le fobie arrivano a condizionare la nostra vita fino al punto da comprometterne la qualità.
Non basta saperlo
Trattandosi di un disturbo d’ansia non è controllabile direttamente e “in tempo reale”; il nostro io razionale vede la sproporzione, se ne cruccia e aumenta la propria frustrazione per non ritrovarsi in grado di arginarla in alcun modo. Non subito, almeno; non mentre si è preda della crisi.
Gli stimoli scatenanti
Uguali ed opposti, come nel caso di due fobie legate allo spazio, i pretesti o meglio i contesti che scatenano agora e claustro-fobia sono due esempi classici.
«È il caso della agorafobia, che si manifesta negli spazi aperti in cui è particolarmente difficile il controllo su se stessi, come può essere un concerto in cui c’è tanta gente e le vie di uscite sono difficilmente raggiungibili.Lo stesso vale per la claustrofobia, in cui il terrore è invece scatenato da spazi angusti e ristretti da cui, parimenti, “non si può scappare”, per esempio un ascensore.
Origine e cause
Le cause non sono ancora chiarite del tutto; si osserva però che spesso si sviluppano dopo un evento traumatico, come per esempio il morso di un cane o la puntura di un ragno; non è però sempre così. Spesso sembrano piuttosto assumere il ruolo di un simbolo di qualcos’altro, come il tentativo di tradurre in qualcosa di concreto la propria ansia.
A volte il tutto ha una valenza simbolica, è la forma con cui si manifesta la propria ansia di essere rifiutati, o di non riuscire a tenere le cose sotto controllo, o altro ancora».
Ibidem
Uno dei problemi più importanti legati alle fobie è la loro ricaduta sulla vita quotidiana e professionale.
Su un manager che segue settori di business in diversi paesi e fosse per questo tenuto a viaggiare molto, l’insorgere o l’acuirsi della fobia per l’aereo diventerebbe un vero e proprio handicap.
Come uscirne?
Come sempre il primo passo è la presa di coscienza della propria condizione, requisito imprescindibile per intraprendere un percorso di guarigione e miglioramento della propria vita. Quando si è adulti, soprattutto, è purtroppo facile che l’imbarazzo e la vergogna spingano la persona a nascondere o minimizzare la propria situazione, procrastinando così il momento della terapia e cronicizzando i sintomi della fobia.
Gli interventi possibili
«Si può dire che il trattamento viene “ritagliato su misura”: per ogni persona si cerca di comprendere quale possa essere la strategia più adatta per affrontare il problema», spiega il dottor Fregna. «In genere ci si basa su un doppio livello di intervento: la terapia farmacologica (ansiolitici, antidepressivi) abbinata a interventi di tipo psicologico».
Gli approcci psicoterapeutici a disposizione e collaudati per la loro efficacia sono tre: la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia breve strategica e l’ipnosi.
Le prime due attaccano direttamente anche se gradualmente lo stimolo fobico e lavorano sulle strategie di evitamento che non fanno che alimentare la paura. L’ipnosi invece lavora sul significato alla radice della fobia, di cui lo stesso soggetto non è affatto consapevole. Quali sono i pensieri irrazionali alla base della mia paura? che significato assume, per me, per esempio la paura per piccoli animali? oppure degli spazi chiusi?
Mal comune. E basta…
Sono tante le persone che patiscono questo tipo di disturbi di ansia, le fobie. Addirittura fino al 10% della popolazione. Sorgono spesso durante l’infanzia ma possono presentarsi anche in età adulta, sebbene più di rado.
La diagnosi si basa sulla presenza di reazioni di ansia ad uno stimolo preciso e alla paura di grado elevato e sproporzionato per quello stimolo; fanno parte del quadro anche le cosiddette strategie di evitamento, spesso causa di avvilimento della propria autonomia e libertà con ricadute importanti sulle relazioni del soggetto (“non prenderò mai più un aereo!”, “non metterò mai più piede in un ascensore”, “i concerti sono off limits”, etc). Questo insieme di sintomi deve essere persistente nel tempo e non episodico.
Di fatto è proprio il livello di interferenza con la qualità della vita generale che rende necessario e desiderato un percorso terapeutico, anche se, come dicevamo prima, a volte per pudore e imbarazzo di preferisce nascondere la sofferenza e rinunciare quindi ai possibili rimedi.