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Abbiamo perdonato chi ha ucciso i nostri figli, preghiamo per lui

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Leila Geagea Abdallah | Facebook

Paola Belletti - pubblicato il 16/06/21

Danny e Leila Abdallah, marito e moglie cattolici maroniti di origini libanesi, più di un anno fa hanno tragicamente perso tre dei loro sei figli in un incidente a Sydney. I bambini sono stati travolti da un giovane alla guida in stato di ubriachezza e sotto l'effetto di droghe. Straziati dal dolore ma non vinti hanno offerto a Samuel Davidson il loro perdono e pregano per lui.

Un anno fa circa l’incidente di Sydney che scosse il mondo

Sidney, domenica sera. Era un caldo primo febbraio del 2020 quando un giovane completamente ubriaco e sotto l’effetto di cocaina e altre droghe si precipita a tutta velocità con un furgoncino sul tratto di marciapiede dove alcuni bambini, dai 13 anni in giù, stanno camminando per andarsi a comprare un gelato.

E’ Samuel Davidson, l’uomo allora ventinovenne che ha falciato sette bambini, uccidendone quattro sul colpo e ferendone altri tre, uno dei quali riporta danni cerebrali permanenti.

Samuel è rimasto illeso.

La sentenza per il folle alla guida

E’ di pochi giorni fa la sentenza che gli commina una condanna a 21 anni di carcere; nel 2041 potrà godere di libertà vigilata. Nemmeno una pena di 100 anni potrebbe restituirci i nostri figli, commenta Danny, il papà. Ma non è per confessare una inevasa sete di vendetta; è la verità di un cuore di padre straziato e non vinto. Che dice la verità e la dirà fino alle estreme conseguenze.

L’incidente è avvenuto attorno alle ore 20 locali, lungo la Bettington Road a Oatlands. L’investitore è rimasto illeso, la polizia subito accorsa lo ha sottoposto all’alcoltest ed è stato trovato con un livello superiore di tre volte rispetto al limite di legge

Today.it

Il ricordo di quel pomeriggio fatale non è senza speranza

I bambini deceduti erano tre fratelli e una cugina. Due famiglie sono state dilaniate dal dolore; erano insieme, in quel caldo giorno estivo, per festeggiare un compleanno. I genitori dei tre fratelli falciati insieme alla cugina sono una coppia cattolica di origini libanesi.

Danny e Leila Abdallah: una fede in due

Danny e Leila Abdallah ricordano lo shock assoluto provato quella sera non appena hanno ricevuto la chiamata che annunciava loro la tragedia; giunti in ospedale 4 sacerdoti sono andati loro incontro per annunciare che i loro figli e la nipotina erano morti. Avevano appena accordato a tre dei loro sei figli il permesso di andarsi a comprare un gelato; si trattava di camminare per un breve tratto lungo un comodo marciapiede.

Un permesso ragionevole, che si fonda sulla altrettanto ragionevole fiducia che chi percorrerà la strada con mezzi a motore rispetterà le norme e che è bene lasciare un po’ di autonomia ai propri figli, man mano che crescono. Noi genitori lo facciamo, con un sorriso largo sulla faccia per poter coprire quel velo di paura che sempre ci portiamo addosso: lo sappiamo che le loro vite sono preziose ed esposte ai pericoli. Eppure si fa, bisogna farlo, è giusto così.

Vite spezzate, non perse

Ma quella sera Antony, 13 anni, Angelina, 12 anni e Sienna Abdallah, 9 anni insieme alla cuginetta, Veronique Sakr di 11 anni hanno incrociato la vita del giovane Samuel; una vita mal spesa, capace di portarne via altre senza motivo se non la trascuratezza di sé, l’abbandono a sostanze capaci di alterare il senso della realtà e la percezione del pericolo. Una vita, però, a sua volta degna della redenzione di Cristo.

Il dolore e l’inaccettabilità della perdita si sono abbattute in tutta la loro naturale potenza sopra a questi genitori, ma Danny e Leila sono cristiani e sanno che ogni cosa, in Cristo, assume un senso, per quanto misterioso. Si sono in qualche modo preparati ad una prova tanto grande, hanno sempre saputo che senza la fede in Cristo niente avrebbe retto l’urto della vita.

In un’intervista a EWTN raccolta da CNA , questa coppia ricorda che tutto nella loro vita, anche quando si sono incontrati, ruotava attorno alla fede.   Fin dall’inizio, furono attratti dalla fede dell’altro. “La prima domanda che Danny mi ha fatto è stata: ‘Preghi?’ E quello era il mio segno da parte di Dio “, dice Leila.

Allo stesso modo, Danny assicura che la fede di Leila era molto importante per lui. ” Dico sempre che la decisione più importante che prendi nella tua vita è chi sposare , e so che una donna che ama e teme Dio sarà con te nei tuoi momenti più bui”, ha detto.

La realtà di un perdono umanamente impossibile

E’ questa fede che ha permesso loro di compiere qualcosa di umanamente inaccettabile ma che è invece la sola vera forma di libertà: hanno personato Samuel e pregano per lui.

In seguito scoprirono maggiori dettagli su quella grande tragedia. Fu allora che seppero che un giovane di 30 anni sotto l’effetto di alcol, cocaina e altre droghe aveva perso il controllo della sua auto, era salito sul marciapiede ad alta velocità e aveva investito i bambini. All’arrivo in ospedale, quattro sacerdoti sono andati incontro a Danny e Leila e hanno dato loro la notizia: Antony (13 anni) , Angelina (12), Sienna (9) e la nipote Veronique (11), non sono sopravvissuti. A quel punto «stavo urlando, dicendo “no, no, non sono morti”», spiega Leila.

Il Timone

Allargare il cuore

Il perdono è un’attitudine per la quale ci si prepara con continui piccoli atti, con un progressivo allargamento del cuore fino a renderlo capace di un perdono simile a quello di Cristo; persino in croce chiede che chi lo ha torturato e ora lo vuole morto riceva il perdono del Padre.

Eppure, nonostante la loro tremenda sofferenza, gli Abdallah non hanno mai odiato l’autista, che è stato recentemente condannato a 21 anni di carcere. «Mi dispiace per lui», dice Danny, e «prego per lui. Il diavolo lo ha usato come un burattino». 

Inoltre, in una decisione che ha scioccato i media australiani, Leila lo ha perdonato pubblicamente. «Il perdono è qualcosa che pratichi, è qualcosa che pratichi per tutta la vita. Quindi alla fine puoi arrivare a perdonare su una scala più ampia», spiega. «E tu non perdoni perché gli altri meritano di essere perdonati. È perché meriti di essere in pace». La loro fede è stata ciò che gli ha permesso di farlo. «Se Gesù può perdonarmi, allora, naturalmente, posso perdonare l’autista. Se Gesù è morto sulla croce per me, allora, ovviamente, posso pregare per quell’autista. Il nostro cristianesimo, la nostra fede me lo ha fatto perdonare», aggiunge Leila.

(Religoinedlibertad)

Bonum diffusivum sui

Hanno perdonato, sia loro sia la famiglia di Veronique. Lo hanno fatto per il loro bene, per il bene delle loro famiglie, per il bene della comunità e per la verità che come cristiani credono fermamente: amare fino al dono di sè, amare persino i nemici.

Hanno scioccato persino il primo ministro del paese; vedere vissute fino in fondo le parole di perdono che Gesù stesso ci insegna nel Padre Nostro è sconvolgente, anche per le prime cariche dello Stato.

Offrire agli altri la loro stessa speranza

Di sicuro non hanno ottenuto che questo tizzone ardente di dolore per la perdita dei figli si spegnesse, ma sanno con certezza che non è senza scopo né senza fine. Hanno chiaro in mente e nel cuore che per i loro tre bambini già deceduti come gli altri tre e per loro stessi, il solo orizzonte degno di essere considerato è la vita eterna, la vera vita: senza lacrime, affanni, lutto.

Per questo, oltre a non aver ceduto alla disperazione e alla rabbia e ad aver perdonato intimamente e pubblicamente il carnefice dei loro bambini, si spendono per aiutare altri genitori colpiti da simili lutti.

Ditemi voi se una cosa così non è da pazzi. O da cristiani veri...

(…) dalla loro esperienza cercano di aiutare altre persone che soffrono: «ricordati che se Gesù ha portato la sua croce, noi dobbiamo portare la nostra e seguirlo. E in questa terra mentre viviamo godetevi ogni momento, abbracciate forte la vostra famiglia, baciate i vostri figli, non date nulla per scontato, perché tutto può cambiare in un batter d’occhio».

Ibidem

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