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Cosa c’entra Peppa Pig con San Giuseppe? Risponde Don Fabio Rosini

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 09/06/21
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La genesi delle "10 parole” del sacerdote romano è legata ad entrambi. Nel suo nuovo libro la racconta, e ci fa comprendere perchè San Giuseppe, per la nostra generazione, è una figura molto importante

Cosa lega San Giuseppe a Peppa Pig? Lo spiega Don Fabio Rosini nel suo nuovo libro *San Giuseppe - Accogliere, custodire e nutrire” (edizioni San Paolo), in libreria dal 10 giugno.

Prendendo come esempio il papà terreno di Gesù, il volume propone un cammino per apprendere a non sprecare la bellezza, per aprirsi ad accogliere la grazia attraverso i gesti e le azioni di San Giuseppe. 

Alla scuola di un uomo tanto solido quanto umile, tanto forte quanto docile, possiamo imparare l’arte della custodia della vita, quella altrui e quella propria, quella naturale come quella dello Spirito. Egli è quel padre che manca a questa generazione e che dobbiamo riscoprire e ridiventare.

Un percorso utile a chiunque, uomo o donna, voglia apprendere l’arte di accogliere e vivere le cose grandi che gli sono riservate.

Scrive Don Fabio Rosini:

Qualche anno fa, ricorda Don Fabio Rosini, «c’era una pubblicità terribile in cui il padre non capiva niente, mentre i figli e la madre comprendevano tutto. Lui non risolveva i problemi, li complicava, credendo invece di risolverli; a un dato momento diceva: “Cosa fareste senza di me?”; e la madre rivolta verso lo spettatore ribatteva: “Ne prenderemmo un altro”; la gente rideva... ma di cosa? Era l’immagine del padre di questa epoca. Il padre di Peppa Pig. Un cretino».

Nel 1993, dopo un paio d’anni di verifiche e prove, «iniziai a proporre il percorso sulle Dieci Parole. A chi mi chiedeva perché avessi preso quella strada dicevo che i giovani non avevano il padre, che erano allo stato gassoso».

Negli stessi anni, prosegue il sacerdote romano molto amato dai giovani, «si stava avviando un virtuoso tentativo culturale, tutt’ora in corso, di rivalutare la figura paterna. Da più parti, in modo pluriforme, cresceva la coscienza della opportunità di questo ripensamento. Un tentativo tardivo ed improbo, perché non fronteggiava delle mode recenti ma almeno due secoli e mezzo di sgretolamento dell’esercizio dell’autorità».

«Personalmente - rammenta Don Fabio Rosini - lavoravo sul campo e constatavo la drammatica urgenza di un’educazione alla crescita organica sia del maschile che del femminile. Si trattava di valorizzare entrambi, affermandone la bellezza e la vitale complementarietà».

Questo libro, spiega il parroco, «ha la sua origine remota in due istanze: in parte la necessità di spiegare ai giovani preti come si esercita la paternità sacerdotale, e, d’altro canto, il desiderio di aiutare le tante coppie di collaboratori a crescere nell’armonia fra maschile e femminile».

La nostra generazione, ammonisce don Fabio Rosini, «non ha perso solo il padre ed inasprito la madre... ha perso sapienza, in modo globale. Ci manca la saggezza, ci manca l’arte di campare. Andiamo a casaccio, peschiamo frammenti di certezza a destra e a manca».

«Le persone sono bellissime, ma tendono a dilapidare, come il figliol prodigo, la loro dote, il loro talento, le loro occasioni. Dio è generosissimo - conclude il sacerdote romano - e non si stanca di continuare a darci altre chance, una sull’altra, ma varrebbe la pena di non lasciar scivolare via troppe di queste possibilità. Spiegando molte volte le cose che sto per scrivere, ho visto che l’avventura di San Giuseppe - chiosa Don Fabio Rosini - è un paradigma su come accogliere il bene e crescere in esso, e credo valga la pena di camminare sui suoi passi», chiosa il sacerdote, presentando il suo nuovo libro. 

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