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Bonificare la terra per restituirla alle comunità

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Presidenza del Consiglio dei Ministri

Generale Giuseppe Vadalà

Lucandrea Massaro - pubblicato il 08/06/21

Intervista al Commissario Unico per la Bonifica delle Discariche Abusive, il Generale Giuseppe Vadalà alla vigilia della presentazione della relazione semestrale sull'impegno svolto.

L’ambiente non è più solo il palcoscenico delle nostre vite o delle nostre attività, è sempre di più un co-protagonista, e la nuova (anche se embrionale) coscienza ecologica ci aiuta a capire che non possiamo ignorare o peggio sfruttare il Creato, ma che esso è una chiara responsabilità di ciascuno di noi. Ecco perché il lavoro di recupero fatto da persone come il Generale Giuseppe Vadalà sono importanti, a lui infatti la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2017 ha affidato un compito importante: completare il lavoro di bonifica di 81 discariche che l’Unione Europea ci ha segnalato come pericolose. Ma chi è il Generale Vadalà? Messinese, classe 1963, laurea in Scienze Agrarie e poi una carriera fino ai massimi livelli nel Corpo Forestale dello Stato. Con l’accorpamento con i Carabinieri assume il ruolo di Generale di Brigata Carabinieri Forestale presso il Comando Unità Forestali Ambientali Agroalimentari Carabinieri (C.U.F.A.), oggi guida una task-force dell’Arma dei Carabinieri di 10 militari tra cui 3 Ufficiali nell’ambito del suo compito come Commissario Unico per la Bonifica delle Discariche Abusive. Per questo compito così importante Aleteia lo ha intervistato per voi.

Generale Giuseppe Vadalà, innanzitutto grazie della sua disponibilità a rispondere a qualche domanda sul suo lavoro come Commissario Unico per la Bonifica delle Discariche Abusive, un ruolo che lei detiene dal marzo del 2017 e che in 40 mesi di attività ha permesso di risolvere situazioni di grave degrado in 51 siti abusivi su 81 che le erano state affidate. Ce ne vuole parlare un po’?

Questo incarico nasce da lontano con l’emergenza rifiuti che risale agli anni ’70-’80 e in parte ’90, che da problema di smaltimento delle RSU (rifiuti solidi urbani), diviene un problema di stoccaggio in luoghi che però non avevano le caratteristiche per poterlo essere. Poi in ottemperanza delle prime norme della Comunità Europea sul tema, ci si è mossi per cambiare le cose. Nel 1986 il Corpo Forestale dello Stato e il neonato Ministero dell’Ambiente iniziarono già un monitoraggio, scoprendo che molto spesso venivano scelte le cave abbandonate come luoghi di smaltimento. Ne censirono più di 5000, la Corte di Giustizia europea negli anni duemila individuò duecento siti non a norma e dopo diversi passaggi, sanzionò l’Italia nel 2014 per oltre 46 milioni di euro ogni sei mesi, fino a che non avesse risolto. Oggi dopo che lo Stato è riuscito a chiuderne 119 nei primi tre anni dopo la sentenza, e dopo averne affidate 81 come lei anticipava, alla struttura commissariale (e averne risolti più della metà), la sanzione si è ridotta a 6 milioni e 600mila euro a semestre. C’è ancora molto da fare, ma come può vedere la situazione è molto migliorata. Noi stiamo bonificando e mettendo in sicurezza, per disinquinare, restituire quei territori ad altri usi civici e naturalmente non pagare più la sanzione.

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Che ruolo svolge l’Arma in questo?

Da una parte usando le stazioni appaltanti (comuni, Invitalia, Sogin, e altri soggetti) messe in competizione tra loro per avere sempre la migliore offerta possibile: l’altro fattore è quello della prevenzione e contrasto delle infrazioni, con indagini e segnalazioni. Bonificare velocemente ma bene, spendendo le risorse dello Stato nel migliore dei modi.

Generale, che tipo di accoglienza ha trovato nei territori che sottoponeva a bonifica? Contatti con la popolazione, le amministrazioni? Intrusione o liberazione la sua?

Questa è una domanda assolutamente pertinente perché vede, il Commissario è certamente una figura istituzionale, che però interviene nei casi eccezionali e può venire quindi percepito come un estraneo da chi opera invece tramite i processi ordinari. Il Commissario cerca di lavorare al fianco delle Regioni e dei comuni con una funzione di coordinamento, e grazie ai poteri commissariali e alla cosiddetta “contabilità speciale” che ci permette di spendere quello che abbiamo in cassa senza limiti di tempo, possiamo fare molte cose e farle rapidamente. Lavoriamo con l’Ispra e l’Arpa che sono il nostro braccio tecnologico, lavoriamo coi prefetti e con la magistratura, lavoriamo con gli enti locali e con gli istituti scientifici.

Proprio in questi stessi giorni si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Ambiente, dedicata al tema del “Ripristino degli Ecosistemi”, messo vicino al tema delle discariche non posso non pensare al dramma italiano della Terra dei Fuochi, dove criminalità, degrado ambientale e povertà sono un unico nodo gordiano. Le ecomafie sono il grande pericolo del nostro tempo? Lo chiedo al militare dell’Arma ma anche ad un uomo che ha fatto della difesa dell’ambiente una carriera e una ragione di vita…

Le ecomafie sono un pericolo oggettivo, lo dicono le lunghe inchieste che hanno fatto emergere questi temi e lo sono anche questi anni in cui essa compare talvolta in maniera vivida e “riconoscibile” e a volte in maniera subdola sotto le mentite spoglie dell’imprenditoria virtuosa, questo perché a volte le mafie entrano nei capitali aziendali condizionandole le imprese oppure con professionisti che si mettono a capo di aziende che stanno sul mercato ma poi operano fuori dalla legge. Oggi abbiamo una “green list” e per lavorare con noi le aziende devono superare un test antimafia quando facciamo le bonifiche, poi ci sono le “white list” e le liste interdittive stilate dai prefetti che bloccano le aziende anche quando dovessero vincere un appalto.

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Immagino che questo anno di Covid che ha impattato moltissimo nell’economia, dove le mafie hanno mantenuto liquidità e magari sono andati a “salvare” aziende in difficoltà…

Assolutamente sì, ma questo è purtroppo un tema nazionale, non solo per le bonifiche, certo le spese per le bonifiche, così come quelle per la Sanità o in generale gli appalti, sono situazioni appetibili perché i soldi vanno spesi e a volte sono fondi che chi vuole fare business legale vuole entrarci. Questo chiaramente danneggia chi vuole fare impresa seriamente e onestamente e che rischia di sottrarre pezzi di economia e di territorio alle comunità e allo Stato. Noi siamo sempre in allerta e abbiamo un protocollo del 2018 con la Procura Nazionale Antimafia e con il Ministero dell’Interno proprio per poter segnalare ogni caso o situazione sospetta alle autorità.

Sempre restando alla Giornata Mondiale dell’Ambiente vengono alla mente le parole del Cardinale Parolin, Segretario di Stato Vaticano, che diceva per l’occasione che il degrado ambientale “è un chiaro risultato di una disfunzione economica”: che ne pensa?

Il benessere economico di cui molti di noi hanno beneficiato si sviluppa dallo sfruttamento delle risorse naturali. Ovvio che prima c’è stato un equilibrio tra sfruttamento delle risorse, della produzione di benessere e anche della sua distribuzione, ascolto con interesse le parole del Cardinale Parolin, che sottolinea che questo equilibrio si è rotto. Sempre più i costi ambientali salgono e la forbice tra estremamente ricchi ed estremamente poveri si allarga, e sono proprio i più poveri a subire due volte questa situazione, meno risorse e un ambiente più degradato. Ecco allora che se l’antropocentrismo diventa un dispotismo, come dice il Santo Padre nella Laudato sì, diventa un sovrasfruttamento che è a vantaggio dei pochi. E’ bene tornare ad un uso collettivo e ad un migliore e maggiore equilibrio tra benessere economico e sfruttamento ambientale.

Generale Vadalà Torniamo in Italia per così dire, il suo lavoro – che verrà presentato in maniera ampia domani – ha fatto risparmiare molti soldi al Paese, ma ancora di più ha evitato o contenuto effetti potenzialmente disastrosi per l’ambiente e la salute, un binomio che dopo un anno e più di pandemia è diventato forse più chiaro al grande pubblico: quali pensa siano i passi istituzionali, legislativi ma anche culturali che l’Italia deve fare per imparare a “prevenire”?

Si deve prendere più coscienza che le bonifiche sono una delle priorità nazionali. L’articolo 44 della Costituzione ci diceva che dovevamo bonificare dalla troppa naturalità, per riconquistare quel territorio per l’agricoltura: oggi dobbiamo fare l’inverso e restituire territori che sono stati sottratti all’ambiente e poi magari dati alla speculazione edilizia o all’industria. Da un lato il disinquinamento aumenta la salute ambientale e della popolazione, dall’altro aumenta anche la qualità della vita di un territorio che può così godere della bellezza, vivendo un rapporto meno conflittuale con la natura. A questo possiamo aggiungere che in questo circolo virtuoso si può sviluppare una economia green, volano di una idea di crescita diversa, sostenibile anche nel lungo periodo. Fare le bonifiche è complesso ma ci sono già stati importanti semplificazioni legislative in questo senso e questo non può che favorire gli enti locali ad operare.

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