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Vita spericolata di una moglie-madre-carmelitana quasi-centenaria

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Mark R. Miller @4T9NER via twitter

Giovanni Marcotullio - pubblicato il 08/06/21

Vi presentiamo suor Mary Joseph della Trinità, una statunitense che ha attraversato quasi tutto il XX secolo e un ventennio del XXI viaggiando, studiando, crescendo una famiglia numerosa e… chiudendosi in monastero.

A chi non è capitato, specialmente in fasi di disorientamento e/o di faticoso discernimento, di invidiare quelli che sembrano (ogni vita poi va vista da dentro, eh…) avere chiarissima in mente e nel cuore la propria vocazione? 

Ricordo ad esempio quel monaco che incontrai a Casalbordino:

Io sono nato nella casa qui di fronte, dall’altro lato della piazza. Venivo sempre a messa qui con mia madre e mia nonna. Quando ho compiuto nove anni sono entrato in monastero e da allora vivo da questo lato della piazza.

Ecco, fine del racconto: restano delusi quelli che amano le “testimonianze vocazionali” con grandi peccati e grandi redenzioni, ma questa è una deformazione post-romantica – la verità è che per buona parte le vocazioni crescono silenziosamente e per vie che, almeno a posteriori, assumono un che di armonioso. 

E chi non ha mai pensato – davanti a una santa Rita o a un sant’Agostino o a un (quasi-) san Charles de Foucauld – che forse fatica a trovare la propria vocazione perché qualcuno ne aveva fatto smodata incetta al buffet? Ci sono infatti persone che, se pure non mostrano facilità nello scegliere lo stato di vita, ne abbracciano poi perfino più di uno, e con tanto ardore che sembrano fatte apposta per ciascuno di quelli. 

È quanto si può pensare leggendo il thread di Mark R. Miller, che due giorni fa ha dato su Twitter l’annuncio della morte di sua madre, monaca carmelitana 92enne. E le sorprese sono ben lungi dall’essere finite qui: 

Una suora 92enne è morta, oggi, in un monastero carmelitano nell’Illinois. Era decisamente una suora atipica: non cantava molto bene, spesso era in ritardo per le sue mansioni interne al convento, dava da mangiare ai cani del quartiere (cosa non permessa)… ah, e poi era mia madre. 

L’ho vista solo due volte, negli ultimi 33 anni, cioè da quando è entrata in convento. In parte perché le Carmelitane sono un ordine contemplativo: non gestiscono scuole né ospedali, né lasciano mai l’edificio in cui vivono – pregano e vivono in silenzio per 23 ore e mezza al giorno. 

Quando vai a trovarne una, non puoi abbracciarla né toccarla: siete separati da due grate di metallo. 

Non sono l’unico figlio della suora – neanche per idea! – sono il nono dei suoi dieci figli. Ha 28 nipoti, alcuni dei quali non ha mai visto di persona. Ha pure, già, più di una dozzina di pronipoti, nessuno dei quali ha tenuto in braccio. In questa foto [in galleria, N.d.T.] ci siamo tutti e dieci in ordine di età da destra a sinistra. 

Forse avrete capito che non è stata sempre una suora: è cresciuta a San Francisco e nell’Oregon, ha studiato in California e a New York. Aveva un fidanzato. 

Si è sposata a 20 anni. 

A 27 anni aveva cinque figli. E poi ne ebbe altri cinque. Una squadra da basket per ogni sesso. La chiamava “genitorialità pianificata” [in originale “Planned Parenthood”, N.d.T.]. Aveva un milione di amici e anche di più. Fumava, beveva e giocava a carte. È stata incinta per più di 400 settimane della sua vita. 

Prese un brevetto per immersioni in acque libere. Guidava così veloce e spericolata che la gente usciva dalla macchina col piede stirato su un immaginario freno. La fece finita con fumo, alcool e caffè in un unico e medesimo giorno, ed è in qualche modo riuscita a non uccidere nessuno per questo. 

Suo marito morì nel 1984. Cinque anni dopo diede via tutto quello che aveva al mondo. Per il suo 61esimo compleanno organizzò una festa d’addio con 800 ospiti in un hotel di San Francisco e il giorno dopo se ne andò a Chicago. 

Entrò nel monastero di Des Plaines, nell’Illinois – la patria del primo McDonald’s. Lei però preferiva Dairy Queen. E insomma è lì che è stata negli ultimi 33 anni, facendo grani di rosario da petali di rosa e dormendo nella sua cella. 

Ah, e si rilassava accudendo una sfilza di Pastori Tedeschi che vivono lì anch’essi. Non ci aveva mai lasciato avere un cane, quando eravamo piccoli. Vedi il karma. 

Non dico queste cose per attrarre le vostre “condoglianze”: la nostra relazione era… complicata. Non sono in lutto. Riconosco che la sua vita simil-agostiniana è pressoché unica. Nata negli anni ’20 e morta nei ’20 del secolo seguente. 

Ann Russell Miller (sr. Mary Joseph of the Trinity, O.C.D.). 1928-2021. 

Salutami papà. 

Difficile non riconoscere in un’esistenza come questa i tratti di una vera “vita spericolata”, e il pensiero va non solo alla canzone-simbolo del rocker di Zocca, ma pure a una non meno celebre lirica del poeta Vate: 

[…] Vigile a ogni soffio,
intenta a ogni baleno,
sempre in ascolto,
sempre in attesa,
pronta a ghermire,
pronta a donare,
pregna di veleno
o di balsamo, tòrta
nelle sue spire
possenti o tesa
come un arco, dietro la porta
angusta o sul limitare
dell’immensa foresta,
ovunque, giorno e notte,
al sereno e alla tempesta,
in ogni luogo, in ogni evento,
la mia anima visse
come diecimila! […]

Gabriele d’Annunzio, da Laus vitæ I, 1903 

L’Abruzzese aveva quarant’anni quando scriveva questi versi, ed era già oltre il “mezzo del cammin” della sua vita; ottant’anni dopo l’Emiliano s’imponeva col proprio manifesto artistico: furono mirabolanti le provocatorie imprese del Pescarese, ma per chi il Volo su Vienna o la Beffa di Buccari hanno rappresentato o rappresentano qualcosa di più che meri episodi di colore? Non era vero, quindi, né lo sarebbe stato, che «tutto fu ambito / e tutto fu tentato»: a conti fatti, e salvo smentite, il Modenese ha osato di più, ad esempio sposando Laura, l’amore della vita, e gettandosi con lei nell’avventura dei figli, della quale giustamente ancora oggi possono dirsi: «Vedrai che vita, vedrai!». 

Eppure questa suora americana morta due giorni fa ultranovantenne balza facilmente in testa ai due contendenti: viene da dire, davvero, che la sua «anima visse / come diecimila» non perché ci consti dell’eroismo delle sue virtù (in caso, a questo penserà un processo canonico), ma perché quella di Ann Russell Miller (nel Carmelo suor Mary Joseph of the Trinity) fu indiscutibilmente una vita vissuta con generoso e perfino sfrenato entusiasmo, di gioia in gioia, di dimora in dimora… fino alla settima, quella dove l’amata è sola con l’Amato. E pure l’ultimo velo si dissolve ora per lei, quello della «noche más amable que la alborada»! 

¡Oh noche que juntaste
amado con amada,
amada en el amado transformada! 

San Juan de la Cruz, La noche oscura I
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