Due padri sono morti nella tragedia della funivia di Stresa, due storie. Il papà di Eitan lo ha salvato abbracciandolo, invece la figlia di Vittorio Zorloni ho voluto scrivere al padre deceduto: "Qui non ci capivamo, ma da lassù faremo finalmente pace".
Un evento di portata enorme, nella gioia o nel dolore, distilla gocce di vita pian piano. Come un riflettore accecante illumina, ma l’occhio ci mette un po’ a mettere a fuoco tutto. E la vista è ancora velata da molte lacrime pensando alla tragedia che si è consumata domenica sulla funivia Stresa-Mottarone.
È arrivato il momento, il silenzio del cordoglio è finito e siamo travolti da parole e immagini. Sulle prime pagine dei giornali ci sono già i disegni con la ricostruzione della possibile dinamica dell’incidente. Capire il funzionamento delle funi traenti e dei “forchettoni” ci aiuterà a placare l’angoscia? Si moltiplicano le interviste, a chi è salito prima sulla stessa funivia e a chi, all’ultimo, non è salito sulla cabina poi precipitata. Ci basta dire che il destino è un cecchino a cui si sfugge per un soffio?
Handout / Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico / AFP
Non sono questi i dettagli che la storia consumatasi domenica scorsa verso le 13 ci chiede di guardare. Come per la spinta di una potente forza centrifuga rifuggiamo dalla parola centrale che riguarda questo evento: morte. E’ il volto di una morte improvvisa, che ci sorprende mentre siamo felici e spensierati, giovani e innamorati, che atterrisce. Ed è l’unica cosa da cui vale la pena non togliere lo sguardo.
Meditando regolarmente sulla nostra morte inevitabile perdiamo il nostro orgoglio per donarci alla grazia, e per vedere con maggiore chiarezza le verità spirituali rispetto a quelle materiali, capendo che il fine della morte è la resurrezione e l’unica cosa che dura in eterno è l’amore.
La morte mette un punto, all’improvviso, a una frase che avremmo voluto concludere noi, più avanti magari, scegliendo un finale adeguato, o forse lasciandola sospesa indefinitamente. Su quella cabina che saliva al Mottarone c’erano 14 storie che sono state interrotte, ma grazie alla violenza dolorosa di un punto fermo imprevisto e tragico ora quelle frasi – la vita di ciascuna persona – ci parlano con una voce molto più chiara.
L’ultimo abbraccio del papà ha salvato Eitan
“Per essere riuscito a sopravvivere al terribile impatto è probabile che il padre, che era di corporatura robusta, abbia avvolto con un abbraccio suo figlio”. In questo modo il piccolo Eitan, 5 anni, unico sopravvissuto sulla funivia della tragedia a Stresa, potrebbe essersi salvato: è l’ipotesi che fanno alcuni medici dell’ospedale Regina Margherita di Torino, dove il piccolo è ricoverato da ieri pomeriggio e lotta per sopravvivere a traumi e fratture.
Trapela un cauto ottimismo dall’ospedale Regina Margherita di Torino riguardo alle condizioni di Eitan. La sua situazione generale resta molto grave, ma la risonanza di ieri pomeriggio non ha evidenziato danni neurologici a livello celebrale né del tronco encefalico. E qui ci si congeda dalla cautela, anche i medici ammettono che sia un fatto davvero straordinario considerando quel che il bimbo ha subìto. Qualcosa lo avrà forse protetto? Qualcuno.
E’ solo un’ipotesi, ma non campata per aria: le lesioni di Eitan hanno fatto pensare che il corpo del padre, abbracciandolo nella caduta, lo abbia protetto e salvato dalla morte e da conseguenze più gravi di quelle attuali. Sarà un abbraccio che durerà, considerando quel che Eitan dovrà affrontare quando (tutti ce lo auguriamo) si sveglierà e comincerà il suo percorso di guarigione. Guarire? – ci penso mentre lo scrivo.
Fare i conti con l’accaduto a un’età così tenera è qualcosa che non so immaginare. Ora accanto a lui c’è la zia Aya Biran che lo accudirà con ogni premura. E sarà seguito da psicologi, avrà l’affetto di tanti amici e parenti. Ma non spariranno i segni profondi di un trauma così devastante: perdere tutta la famiglia sotto i propri occhi, correre il rischio di morire.