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Marco Giallini: sto in lockdown da quando è morta Loredana, il mio amore per sempre

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Mauro Fagiani / NurPhoto via AFP

Silvia Lucchetti - pubblicato il 21/05/21

In una recente intervista l'attore romano parla dell'amore che lo ha legato per 27 anni alla sua Loredana, morta dieci anni fa fra le sue braccia. "Lei era la donna mia e io il suo uomo. Nel mondo, quante ce ne possono stare di persone per te? Una".

In un tempo in cui la parola “sempre” fa sorridere i più, in cui il matrimonio è preso letteralmente a calci, in cui regna il diktat dello stare bene con se stessi e del diritto a rifarsi una vita, ma anche due o tre, Marco Giallini, attore romano classe 1963, ci spiazza tutti con un’intervistaall’antica, in cui riconosce come l’amore vero nella vita sia uno e soltanto uno. E che non finisce con la morte. O almeno il suo nei confronti della moglie Loredana, salita al Cielo dieci anni fa dopo aver esalato l’ultimo respiro fra le sue braccia.

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Marco Giallini vedovo innamorato

Da quel giorno, racconta, la sua vita va avanti ma è come ferma:

Alla fine, io sto in lockdown da quando è morta Loredana.

(Ibidem)

Giallini è un artista scanzonato, cresciuto in borgata, appassionato di moto e di chiodi di pelle, “sbragalone” all’apparenza come tutti i romani de Roma, ma così gentile e pulito nei pensieri e nell’animo di uomo e vedovo ancora innamorato.

Ho deciso di fare sul serio quando è morta mia moglie

Più di 50 pellicole per il cinema, una quindicina di serie, e numerosi premi: per Acab di Stefano Sollima, Tutta colpa di Freud Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese, per Io, loro e Lara e Posti in piedi in Paradiso di Carlo Verdone e per la serie Rocco Schiavone di Raidue. 

Ha deciso di fare sul serio con la recitazione quando è morta sua moglie per crescere i figli offrendo loro tutte le opportunità che con lei avevano immaginato. “Dovevo tirarli su come ci eravamo promessi”.

Quello è il momento in cui ho deciso di diventare popolare. L’ho deciso proprio, perché sarei uno che s’adagia, sono pigro, ammazza come sono pigro. Nel senso che ancora aspetto di giocare con la Roma. Ero arrivato qui, a Tor Lupara, per Loredana. Ci siamo messi in 40 metri, non eravamo abbienti. Ci siamo sposati nel ’93, facevo teatro e altri lavori, però avevo ripreso la scuola, mi ero iscritto a Lettere e a scuola di recitazione. Ero diventato bravo, colto, oltre che bandito.

(Corriere)

La gavetta di Marco Giallini

Di mattina vestiva i panni da imbianchino, di sera quelli di studente del corso di teatro:

Facevo l’imbianchino, otto ore. E la sera, la scuola di teatro. Poi, otto ore erano troppe. Ho iniziato a portare il camion delle bibite, la mattina. Dopo, tornavo a casa, doccia, prendevo il mio Yamaha, andavo a scuola. Parcheggiavo contro il muro, non avevo manco il cavalletto e entravo, col chiodo, i capelli lunghi. Boom! A volte, mi prendevano per uno spettacolo. Un giorno, per strada, avevo il cappello di carta da muratore, incontro un collega attore. Mi guarda: ma che fai? E io: stamo a fa’ un film.

(Ibidem)

La sorpresa della moglie al primo contratto

Racconta con trasporto e commozione quando la moglie lesse la cifra per il primo contratto ottenuto:

Sul primo contratto, legge la “rata film”, la prima di dieci, ma pensava fosse tutto lì. Dice: solo questo? E io: no, devi mettere un altro zero. Le vennero le lacrime. Bello o no?

(Corriere)

Crescere due figli da solo

E così si è ritrovato solo a dover crescere due figli orfani di madre e non è stato semplice sopportare il peso della loro sofferenza:

(…) il dolore era troppo. Il pensiero che lei rientri a casa da un momento all’altro dura due anni, poi, capisci che morire è prassi. Non a 40 anni. Non fra le mie braccia, mentre prendiamo le valigie per le vacanze. Ma non sono l’unico a cui è successo. Fare a meno è questione di testa, anche fare a meno delle menti dei bimbi non più chiare, del loro pensiero: vorresti sapere che pensano il giorno della festa della mamma o quando spegni la tv e quello, a 5 anni, strilla: mamma mamma.

(Ibidem)
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Parlo ancora con lei

Il dolore dice, non passa, ma sbiadisce la voce di chi non c’è più. Marco Giallini con la sua Loredana ci parla ancora, con quell’intimità che chi rimane non può dimenticare:

Quando sto solo e qualcosa non va. Dico: Eh amore mio… 

(Corriere)

Marco Giallini nel personaggio di Rocco Schiavone

Sembra che il personaggio di Rocco Schiavone gli sia stato cucito addosso: un uomo schivo, rude, burbero, che abbassa la guardia solo quando chiuso in casa può “parlare” con la moglie morta. Eppure, questa intervista svela il perché, è il ruolo più sofferto che l’attore abbia mai dovuto interpretare:

Fatico a farlo perché è il personaggio che più si avvicina a me, per carattere, retaggio, per la nota vicissitudine. La gente crede che più somigli e più è semplice, ma è il contrario: i migliori elogi li ho presi facendo il borghese.

(Ibidem)

“Lei era la donna mia e io il suo uomo”

A distanza di 10 anni dalla morte della moglie non si è più innamorato. Del legame di coppia ha una sua personale visione da uomo d’altri tempi:

Ma di chi? Ma perché? Innamorato ero di mia moglie. Per 27 anni, non ci siamo mai lasciati e non abbiamo mai litigato. Lei era la donna mia e io il suo uomo. Nel mondo, quante ce ne possono stare di persone per te? Una.

(Ibidem)

Questa riflessione sull’eternità del sentimento che unisce l’uomo e la donna, espressa da Marco Giallini con un’immediatezza così intensa e potente da uomo verace, mi spinge a suggerirgli di leggere o rileggere, e magari un giorno recitare il Cantico dei Cantici: il più splendido affresco dell’amore sponsale mai tradotto in parola.

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