Benedetto Giuseppe Labre non aveva una salute che gli permettesse di vivere come monaco. Ha visto il mondo esterno come il suo chiostro
In occasione del suo 85° compleanno, nel 2012, Papa Benedetto XVI ha ricordato un santo la cui festa si celebra proprio in quel giorno, il 16 aprile, Benedetto Giuseppe Labre. Secondo il Pontefice, è “uno dei santi più particolari della storia della Chiesa”.
Ecco la sua storia.
Benedetto Giuseppe Labre nacque nella provincia dell’Artois, nella Francia settentrionale, nel 1748. Suo padre, Jean-Baptiste Labre, era un agiato negoziante che ebbe 15 figli con la moglie, Anne Grandsire. Benedetto era il primo.
Benedetto aveva uno zio parroco. Anche se viveva piuttosto distante da casa sua, lo zio acconsentì a prendere il ragazzo e a educarlo con l’obiettivo che diventasse sacerdote.
Quando Benedetto aveva 16 anni, chiese a suo zio se poteva diventare monaco trappista. Lui e lo zio parlarono con i suoi genitori di questo, ma loro pensavano che fosse troppo giovane e gli chiesero di aspettare, cosa che fece. Le cose, però, assunsero una piega inaspettata quando scoppiò in città un’epidemia di peste. Suo zio iniziò immediatamente a prendersi cura dei malati e dei morenti, e Benedetto si incaricò di prendersi cura del gregge, pulire le stalle e nutrire gli animali. Tra gli ultimi a morire ci fu proprio lo zio del ragazzo, che si era speso al massimo per i suoi fedeli.
Benedetto partì per l’abbazia trappista sperando di unirsi all’ordine, ma era troppo giovane e fragile, e carente di raccomandazioni. Venne respinto anche dai Certosini e dai Cistercensi, non soddisfacendo i rigidi requisiti che chiedevano. Riuscì ad essere ammesso nell’abbazia cistercense di Sep-fonts, ma dopo sei settimane ebbe dei problemi di salute e dovette abbandonarla. Si rese conto allora che la sua chiamata era a servire da qualche altra parte.
Il breve periodo trascorso in monastero lo aiutò a capire quale fosse la sua vera vocazione. Aveva dovuto comprendere che anche se si sentiva chiamato alla vita monastica non poteva vivere in quel modo. Non era come gli altri e non poteva vivere confinato. Comprese che il mondo esterno sarebbe stato il suo chiostro, e che sarebbe stato “il più solo tra i soli”. Sarebbe stato un vagabondo, un pover’uomo di Dio che viveva di ciò che gli davano gli altri; un povero pellegrino che avrebbe servito Dio per il resto della sua vita. Aveva 25 anni.