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“L’amore ha le gambe”. E porta in parti del mondo in cui altri temono di entrare

BARONESS COX

UK Parliament | CC BY 3.0

Ewa Rejman - pubblicato il 10/05/21

Intervista alla baronessa Caroline Cox

Quando parlo ai miei amici della baronessa Caroline Cox (nota anche come “La voce di chi non ha voce”), risulta loro difficile credere che qualcuno che ha fatto così tanto per le persone più vulnerabili e dimenticate esista davvero. Questa intervista ne è la prova.

La baronessa Cox, membro della Camera dei Lords britannica e fondatrice del Fondo di Aiuto Umanitario (HART), porta aiuto e difesa nelle zone del mondo che altre organizzazioni umanitarie spesso trascurano. In questa intervista, condivide con noi le ragioni che la spingono a continuare il suo lavoro, anche se implica il fatto di attraversare illegalmente le frontiere o la giungla e di avere sulla testa una sentenza di morte in Azerbaigian e una condanna al carcere in Sudan. “L’amore ha le gambe”, dice. E va avanti.

Ewa Rejman: L’inizio dell’intervista dovrebbe essere qualcosa di sorprendente, ma in questa occasione credo che basti presentarla. Lei è la baronessa che a 83 anni entra in zone di conflitto e territori proibiti e attraversa illegalmente le frontiere per portare aiuto e difesa a chi soffre, la baronessa che dorme in tende da campo nel deserto anziché negli alberghi… Non ho idea di come descriverla brevemente.

Baronessa Caroline Cox: Tutto quello che ho da dire su me stessa è che sono un’infermiera e una scienziata sociale in modo intenzionale, e baronessa con stupore. Ero così lontana dalla politica che sono stata la prima baronessa che ho conosciuuto. È una vera sorpresa svegliarsi la mattina e vedere una baronessa che ti restituisce lo sguardo allo specchio. Ma ovviamente è un grande privilegio, e allora ho chiesto a Dio: “Come posso usare questo privilegio di parlare alla Camera dei Lords?” L’idea è giunta molto chiaramente: era un luogo meraviglioso in cui essere una voce per chi non ha voce.

Com’è diventata baronessa?

Ero la direttrice del dipartimento del Politecnico del nord di Londra, e di un personale di 20 membri 16 appartenevano al Partito comunista o erano ancora più a sinistra. La loro definizione di educazione non era la mia. La mia è libertà per perseguire la verità all’interno dei canoni della disciplina accademica, la loro era brutale indottrinamento, includendo violenza fisica, intimidazione, occupazione di edifici e una discriminazione totale contro i loro studenti che non si univano al partito. La loro sofferenza era quello che mi faceva più male. Gli studenti che erano bravi marxisti erano collocati subito dal personale in posizioni influenti: istruizione, università, lavoro sociale, mezzi di comunicazione, e il loro messaggio si diffondeva nel Paese.

Dopo due anni, due miei colleghi ed io abbiamo scritto un libro sulla questione intitolato The Rape of Reason: The Corruption of the Polytechnic of North London (“La violazione della ragione: la corruzione del Politecnico del Nord di Londra”). Il giornalista Bernard Levin, di grande potere e rispetto, ha scritto tre articoli sul libro sul Times, e questo ha fatto concentrare l’attenzione di Margaret Thatcher sulla mia persona. Sono stata designata da lei per la Camera dei Lords per la mia dedizione alla libertà accademica.

E si è subito messa all’opera con la sua missione umanitaria, che si è svolta in Polonia, il mio Paese d’origine.

Erano giorni di legge marziale, e l’organizzazione Fondo di Aiuto Medico per la Polonia mi ha chiesto se volevo essere una patrocinatrice. Ho detto che sarebbe stato un onore accettare, ma che non volevo essere solo un nome, e quindi ho iniziato a viaggiare sui camion verso il tuo Paese con forniture mediche per poter garantire che l’aiuto arrivasse ai più bisognosi e non rimanesse nelle mani dei funzionari governativi, ma tornavo anche alla Camera dei Lords e informavo della realtà che avevo visto: la sofferenza delle persone dietro la Cortina di Ferro in quei giorni terribili. Ho saputo di padre Jerzy Popiełuszko e ho assistito a una Messa nella sua chiesa due settimane prima che venisse assassinato. Ogni volta che tornavo in Polonia mi sentivo ispirata e ricevevo una lezione di umiltà grazie alla sua gente, al suo coraggio, alla sua fede, alla sua generosità e anche al senso dell’umorismo. Adoro la Polonia, e il popolo polacco è meraviglioso. Permettimi di mostrarti qualosa [la baronessa Cox stacca dalla parete un diploma incorniciato. È un documento di riconoscenza per il suo aiuto, un Podziękowanie, che le hanno dedicato i combattenti dell’Esercito Nazionale Polacco a Kielce]. Questa è una delle cose più preziose che ho.

Non poteva andare a una persona migliore. Devo ammettere di sentirmi molto onorata per le sue parole sulla Polonia.

Ricordo che una volta, un’estate, abbiamo visitato un seminario e ci hanno dato delle fragole. Mi sono ricordata delle code nei negozi polacchi, e allora ho cercato di mangiarne il meno possibile per lasciarle a loro. Mentre ci stavamo dirigendo al camion per andare via, ho trovato sotto il sedile una borsa piena del resto delle fragole. Volevo che le avessero loro, e invece le hanno date tutte a noi. Ho detto a Tony, il mio autista: “Che persone speciali, i Polacchi!” E Tony si è tolto il suo spesso cappotto e lo ha regalato, perché voleva anche lui dare qualcosa.

Lei è una persona molto speciale! In Azerbaigian hanno messo una taglia sulla sua testa e in Sudan l’hanno condannata al carcere, ed è sfuggita per un pelo a un’imboscata in Nigeria. E nonostante tutto torna.

Credo che sia importante stare con persone che altrimenti sarebbero sole. A volte mi sento molto impotente, perché le loro necessità sono enormi. Non dimenticherò mai la prima volta in cui sono stata in Birmania, una ventina di anni fa, e l’esercito birmano stava attaccando il popolo Karen. Bruciavano villaggi, sembrava l’inferno sulla Terra. La notte prima che ce ne andassimo siamo rimasti vicino alla frontiera in Thailandia. La sensazione era di enorme disagio e tristezza. Ho pensato che le necessità di quelle persone fossero enormi, e temevo che stessimo creando aspettative che non avremmo potuto soddisfare. Abbiamo dovuto salire una montagna molto ripida e aggrapparci agli arbusti della giungla, è stato molto difficile. Mi sono detto: Caroline Cox, sei nonna di sei nipoti (ora sono dieci), non credi che sia ora di crescere e di smettere di venire a fare queste missioni ridicole? Ad ogni modo, abbiamo scalato la montagna fino in cima, e poi dovevamo continuare sulla costa chinati perché c’era una postazione dell’esercito birmano sull’altro monte. Alla fine siamo arrivati in un villaggio remoto. Il popolo Karen si è avvicinato con le lacrime che scorrevano sul volto. Ci hanno detto: “Grazie a Dio siete venuti. Sapevamo che non ci avevate dimenticati. Questo fa veramente la differenza. Non sarebbe importato se non aveste portato nulla. Il fatto che siate qui è tutto ciò che conta”.

Che grande dignità devono avere… Ci sono così tante persone che parlano di diritti umani che è facile avere l’impressione che qualcuno, Governi o istituzioni internazionali, se ne preoccupi davvero e intervenga quando è necessario. Ma non è così. L’ONU o grandi organizzazioni umanitarie spesso non entrano in zone che invece lei visita perché è troppo pericoloso, o perché Governi oppressivi non danno il permesso.

Assolutamente. Parlo ora della Gran Bretagna, ma vado fuori dai gangheri quando so che ci sono persone che vengono torturate o assassinate e il Governo britannico magari parla della questione ma non fa nulla. Ricordo la prima guerra nel Nagorno-Karabakh, in cui si usavano armi illegali, incluse bombe a grappolo, contro gli Armeni. Ho scattato una foto lacerante di un bambino fatto a pezzi da una bomba a grappolo, l’ho mostrata a un alto funzionario governativo e gli ho chiesto quali misure concrete avrebbe preso il Governo britannnico. La risposta? “Nessun Paese ha interesse per altri Paesi, solo interessi. E noi abbiamo interessi petroliferi in Azerbaigian. Buongiorno”.

Sono tornata a casa e non ho potuto fare altro che piangere. Ho parlato del tema alla Camera dei Lords; non ho detto il nome della persona, ma ho citato le sue parole. E ho detto: “Mi vergogno di essere britannica. Non sono ingenua, posso comprendere gli interessi commerciali. Posso capire gli interessi strategici. Ma non credo che sia di interesse a lungo termine per nessuna Nazione permettere che si elimini la preoccupazione per i diritti umani. Anzi, non credo che la maggior parte del popolo britannico voglia davvero il petrolio se il prezzo è quello delle bombe a grappolo contro i bambini.

È esattamente quello che dovrebbero ascoltare i Governi di moltissimi Paesi. Quando lei parla non cita rapporti, ma parla quello che ha visto lei stessa, e condivide le storie di persone che ha conosciuto personalmente.

Per questo è tanto importante stare lì. Mi hanno detto che quando parlo la Camera dei Lords ascolta, perché sa che sono stata lì. Ciò fa una grande differenza per chi non ha voce o la cui voce non è ascoltata. Così sanno che altre persone sapranno di loro e della loro sofferenza. Quello che possiamo fare per loro è offrire aiuto e difesa attivista, ed è ciò che facciamo nel fondo di aiuto umanitario HART (Humanitarian Aid Relief Trust). L’aiuto è essenziale, ma bisogna andare a chiedere alle persone le loro necessità e priorità e cercare di dare questo anziché inviare solo aiuto a un mondo anonimo.

È molto intuitivo da supporre, ma è molto difficile farlo davvero.

Il mandato cristiano è stare davvero con le persone che soffrono. L’amore ha le gambe, e dev’essere un amore in azione.

Lei ha visto moltissime volte e in prima persona la mancanza di umanità dell’uomo nei confronti dell’uomo, un dolore inimmaginabile. Si pone le grandi domande: “Perché c’è tanta sofferenza innocente?”, “Dov’è Dio se è buono?”

Lo faccio. Ricordo la mia visita in Sud Sudan quando era in corso la guerra. Siamo rimasti in tende da campo perché gli edifici erano stati bombardati. Una notte, seduta fuori dalla mia tenda a 40°, ho pensato esattamente alle domande che hai citato. Abbiamo visto i campi della morte, luoghi con cadaveri, era lacerante. I miei pensieri, in qualche modo, sono volati al Natale in Gran Bretagna. Celebriamo il Natale, e ovviamente è meraviglioso: Dio si è incarnato. Se però dimentichiamo che mentre Maria traboccava di gioia con Gesù le altre madri piangevano perché Erode aveva assassinato i loro bambini, dimentichiamo il panorama completo della cristianità, che affronta la realtà del male. Poi la mia mente ha viaggiato fino a quando Maria è rimasta ai piedi della croce mente suo Figlio agonizzava: si sentiva impotente e disperata, ma almeno era lì presente con il suo amore. Ho pensato che forse fa parte della vocazione cristiana essere preparati ad assistere a qualsiasi Calvario a cui possiamo essere chiamati ad assistere – non necessariamente questo tipo di morte, ma forse stare con qualcuno che soffre profondamente e sentirci disperati come Maria, anche se almeno saremmo lì ad apportare il nostro amore. Lì, credo, si incontra il Dio dell’amore, perché dove c’è amore c’è Dio.

È la risposta più bella che mi abbiano mai dato. Grazie. Cosa la spinge ad andare avanti?

Il dolore dà passione, e la passione dà l’energia per andare avanti. Quando vedi persone che soffrono tanto in Sud Sudan, Nigeria, Birmania, Siria, Armenia, ovunque, torni con dolore, ma per via di questo dolore vogliamo fare ciò che possiamo per aiutare le persone che sono in prima linea a livello di fede e libertà.

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