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Le forme gravi di Covid si complicano con la depressione, specialmente nelle donne

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Natalie Board | Shutterstock

Silvia Lucchetti - pubblicato il 20/04/21

Un recente studio evidenzia come il persistente stato infiammatorio post-infezione aumenti il rischio di sviluppare una depressione specialmente nelle donne, che di contro rispondono meglio alle terapie psicologiche e farmacologiche

Sul sito dell’I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele è comparsa un’interessante pubblicazione sulle conseguenze psichiche a lungo termine delle forme gravi di Covid-19. 

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La ricerca

La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica “Brain, Behavior and Immunity”, è stata condotta su 226 pazienti (149 uomini, 77 donne, età media 58 anni) seguiti dall’ambulatorio di follow-up post-infezione aperto dall’Ospedale San Raffaele nel maggio 2020, presso cui vengono effettuati controlli periodici fino a sei mesi dalla dimissione da parte di una equipe multidisciplinare formata da infettivologi, cardiologi, internisti, nefrologi, neurologi e psichiatri. 

Scelti pazienti convalescenti di forme gravi di Covid

A questi pazienti, convalescenti di forme gravi dell’infezione, sono stati somministrati questionari ed interviste clinichea 3 mesi dalla dimissione ospedaliera. Il 36% di essi nelle risposte al questionario lamenta sintomi psichici rilevanti e il 24%, dopo attenta valutazione clinica, soddisfa i criteri del DSM V ( la V edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) per almeno uno dei seguenti disturbi: depressione, ansia, disturbo da stress post-traumatico (PTSD), insonnia. 

Più colpite le donne

Il coordinatore dello studio, professor Francesco Benedetti, psichiatra e Group leader  dell’Unità di Ricerca in Psichiatria e Psicobiologia Clinica, afferma:

A soffrire di più sono le donne e le persone con una precedente storia di disturbi psichiatrici, sebbene queste ultime siano anche quelle che hanno mostrato nel tempo il miglioramento maggiore, probabilmente perché hanno maggiore dimestichezza e disponibilità con le terapie, sia psicologiche sia farmacologiche. Ma la cosa più interessante è che i dati raccolti conferma la stretta relazione tra risposta del sistema immunitario, stato infiammatorio e persistenza dei sintomi depressivi. 

(Ibidem)
DEPRESSED WOMAN,

Infatti mentre gli altri tre disturbi evidenziati (ansia, insonnia, PTSD) mostrano un progressivo miglioramento, indipendentemente dal sesso e dalla precedente storia psichiatrica del paziente, i sintomi depressivi risultano più persistenti nel tempo e correlano direttamente con l’indice di infiammazione sistemica (SII) che può rimanereelevato per mesi dopo la guarigione clinica dall’infezione.

Non si può subito richiedere a lavoro il ritorno ai livelli di performance ante-covid

Depressione ed infiammazione si rapportano con il ridotto rendimento cognitivo che si manifesta durante la convalescenza di questi soggetti, condizionando un rallentamento nella velocità di elaborazione delle informazioni e nella prontezza dei nessi associativi da cui derivano: scadimento delle capacità di attenzione e memoria, scarso coordinamento psico-motorio, minore fluidità del linguaggio. 

Tutto ciò dovrebbe essere tenuto a mente in ambito lavorativo dove non si può immediatamente richiedere a queste persone il ritorno ai livelli di performance ante-covid.

I rapporti bidirezionali fra infiammazione e depressione

Il prof. Benedetti chiarisce più in dettaglio i rapporti bidirezionali fra infiammazione e depressione:

Sappiamo bene che chi soffre di depressione maggiore presenta livelli più alti di citochine infiammatorie nel sangue, indipendentemente dall’aver avuto infezioni o malattie del sistema immunitario, e sappiamo che questo stato infiammatorio si associa alla riduzione dell’attività di alcuni neurotrasmettitori essenziali per il controllo delle emozioni, come la serotonina; sappiamo d’altra parte anche che forti stati infiammatori, anche in conseguenza a infezioni virali e batteriche, aumentano il rischio di episodi depressivi. 

(hsr.it)

L’insorgere del disturbo depressivo

Quindi se lo stato infiammatorio post-covid non recede, successivamente alla malattia acuta può insorgere un disturbo depressivo. Ovviamente tutto ciò conferma i profondi legami esistenti tra corpo e psiche, prospettiva duale tipica della cultura occidentale a differenza di quella orientale dove l’essere umano è considerato un unicum. 

Terapie efficaci

Lo studio effettuato al San Raffaele si conclude anche con un messaggio positivo per questi pazienti che sono andati incontro ad una forma grave di Covid-19: le terapie farmacologiche e psicologiche oggi a disposizione per la depressione permettono una attenta personalizzazione, e risultano quindi molto efficaci per combattere quello che una volta veniva definito il “male oscuro”.

Niente paura allora, ma consapevolezza delle possibili conseguenze extrapolmorari, psichiche e non solo del virus per affrontarle adeguatamente.   

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