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È noto per aver dubitato, ma Tommaso resta il più coraggioso dei discepoli

ressurection, st thomas

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Niedowiarstwo św. Tomasza, Duccio di Buoninsegna

Vincent Aucante - pubblicato il 09/04/21

Tra tutti i discepoli di Gesù, Tommaso fu uno dei più infaticabili viaggiatori. Di lui conosciamo fin troppo bene il dubbio, ma Tommaso non dubitò mai della propria missione, e mostrò parecchie altre qualità.

Più di altri apostoli, Tommaso beneficia di una certa simpatia da parte dei nostri contemporanei, perché egli è colui che dubita e che malgrado tutto riesce ad accedere alla fede.

Egli è nondimeno ben più di questa bella immagine, che in sé svilirebbe pure il suo posto e il suo ruolo nella storia della Chiesa. Il Vangelo di Giovanni lo fa intervenire a più riprese e gli attribuisce infatti un ruolo singolare.

Il più coraggioso

Quando Gesù, minacciato di morte dai farisei, annuncia di star dirigendosi a Gerusalemme a rischio della propria vita, Tommaso si rivela il più coraggioso e trascina gli apostoli al seguito di Gesù, con una fedeltà cieca, dicendo: «Andiamo anche noi a morire con lui!» (Gv 11,16). Egli è già pronto a seguire Gesù a qualunque costo: il suo impegno è totale.

Quando poi Gesù annuncia la sua morte imminente dice loro: «E del luogo in cui io vado voi conoscete la via» (Gv 14,4); allora Tommaso dice: «Signore, non sappiamo neanche dove vai… come possiamo conoscere la via?» (Gv 14,5). Ha il coraggio di confessare la propria ignoranza e chiede a Gesù di illuminarlo. Non è già fin d’ora il modello del credente, che cerca di orientare la propria azione e chiede nella preghiera a Gesù di essere illuminato? La famosa risposta di Cristo apre un immenso orizzonte teologico: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).

Di che cosa dubita davvero?

Arriva poi la crocifissione, e anch’egli – come gli altri – si nasconde. Il terzo giorno Gesù risorto appare agli apostoli, mentre Tommaso era assente. E non vuole credere: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, se non metto il mio dito nel posto dei chiodi, se non metto la mano nel suo costato, no: non crederò» (Gv 20,25).

La perentorietà della sua affermazione ci interpella: di che cosa dubita veramente? È stato testimone della risurrezione di Lazzaro (Gv 11,43-44) e dunque sa che la cosa è possibile. Ma chi ha risuscitato Gesù? Sarebbe necessario che egli stesso fosse Dio – e forse Tommaso potrebbe anche crederlo… Ma un altro dubbio, più sottile, lo assale: quello della risurrezione della carne, il fatto che Gesù non è un puro spirito tornato sulla terra, bensì risuscitato nel suo corpo.

Il corpo risuscitato ha del resto tutto di una creatura spirituale: appare in luoghi chiusi e gode della bilocazione. L’incredulità di Tommaso a tal proposito è pure quella degli altri apostoli, i quali hanno bisogno di poter toccare per essere confermati nella loro fede in Gesù risorto nella propria carne (Mt 28,17; Lc 24,39). Egli però la esprime con vigore eccezionale.

Uno straordinario zelo apostolico

La sua risposta a Gesù, quando Egli appare e lo invita a toccare le sue sante piaghe, lo issa a un’altezza teologica eccezionale, poiché ce lo mostra che proclama “Mio Signore e mio Dio!” (Gv 20,28). Dalla piaga del costato di Cristo egli avrebbe ricevuto la grazia di uno straordinario zelo apostolico. Risalendo verso Est dalla via della Seta, egli avrebbe evangelizzato l’Asia centrale, per poi discendere verso il continente indiano. Nel sud del Paese avrebbe meritato il martirio, a mani e piedi trafitti, intorno al 72.

Diverse Chiese si vantano di essere state fondate da Tommaso: quella caldea, quella assira e tutte le Chiese indiane. Egli è stato l’“atleta di Cristo”, colui che per tutta la vita ha portato la buona notizia. E di questi tempi difficili Tommaso resta per noi modello di fede e di speranza.

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Vincent Aucante, Thomas l’apôtre, l’athlète du Christ, Editions France-Empire, 2020, € 20.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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