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“Dio fermami tu”. Così in carcere è risorto Franco Di Nucci

FRANCO DI NUCCI,

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Silvia Lucchetti - Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 08/04/21

Arrestato per traffico internazionale di armi. Una vita sbandata e criminale. Grazie alla Comunità Giovanni XXIII la sua vita subisce una svolta insperata. "E ora sono un altro uomo"

Dalla criminalità all’arresto, fino all’incontro con la comunità “Papa Giovanni XXIII”. Così Franco Di Nucci, classe 1964, si è ricostruito una vita grazie ad un percorso di fine pena che lo ha rigenerato dopo diversi anni trascorsi in carcere, al culmine di una vita sbandata e violenta.

Oggi è un educatore della comunità fondata da Don Oreste Benzi. E gli anni del carcere (ci è entrato nel 2007, accusato dei reati di traffico d’armi e riciclaggio di auto di lusso) sono lontani.

“Mio fratello disabile era motivo di vergogna…”

Così Franco si presenta in una intervista rilasciata a Histonium.net nel 2017: 

Non basterebbe un libro per raccontare la mia vita! Ma ti posso assicurare che di tutto ciò che ho fatto, io sono l’unico responsabile delle mie scelte. Provengo da una famiglia che è sempre stata modesta ma onesta. Ero l’ultimo di tre figli di cui uno affetto da una grave disabilità che lo ha condotto alla morte a soli 13 anni quando io ne avevo sette. Nonostante ero molto piccolo, per me quel fratello era un motivo di vergogna.

“Sono nato per sbaglio, allora faccio vedere io chi sono”

E poi:

Sono nato col forcipe e tuttora mi porto cicatrici sulla mia testa. Mi era rimasta la testa un po’ girata e mia mamma seguendo il consiglio del pediatra ogni 45 minuti di notte e di giorno mi girava la testa. Qualche volta i miei genitori mi dicevano che ero “nato per sbaglio” a 11 mesi di distanza da mia sorella. Anche se vedevo che mi volevano bene, ho usato quella frase in qualche modo per dire “ah sono nato per sbaglio, allora faccio vedere io chi sono”.  E godevo nel vedere mia madre che mi aspettava preoccupata sulla finestra quando rientravo tardi la sera. Io tra l’altro ero un bambino iperattivo ma ai miei tempi non erano previsti tutti i supporti che ci sono oggi.

(Ibidem)

L’infanzia e l’adolescenza di Franco Di Nucci

Da queste premesse che confermano l’enorme importanza delle dinamiche infantili per il nostro futuro adulto, si sviluppa buona parte della vita di Franco: 

Tutti mi dicevano di stare fermo ma la mia mente e il mio agire viaggiava a mille all’ora. E questa mia peculiarità ha caratterizzato sia la mia vita da criminale sia quella di oggi in cui cerco di aiutare chi si trova nella mia stessa situazione. Ero talmente bravo che sono arrivato a gestire un patrimonio di 1.500.000 €.

(Histonium.net)
MONEY

“Quante persone ho contribuito a uccidere con questo mio atteggiamento?”

Franco finisce le medie e comincia a lavorare in una carrozzeria perché vuole essere indipendente. Sogna di diventare avvocato per combattere le ingiustizie e segue i corsi serali grazie ai quali consegue il diploma di geometra.

Ma il male era mio, mi era molto più congeniale! Tutto ciò che era sbagliato lo facevo. Sceglievo sempre le compagnie di coloro che erano in qualche modo più scapestrati. Nel periodo del referendum dell’aborto e del divorzio scendevo in piazza e raccoglievo firme a favore. Quante persone ho contribuito a uccidere con questo mio atteggiamento? 

(Ibidem)

Dopo aver lavorato in carrozzeria si inserisce nel commercio con i bar e i videopoker:

Mi sono fatto i soldi in quel periodo. Un giorno sull’uscio del mio bar si ferma una donna con due figli e mi disse:“grazie a te abbiamo perso ogni cosa perché mio marito si è venuto a giocare tutto qua dentro. Ma la cosa non mi scalfì neanche lontanamente, non sapevo neanche chi fosse quel marito. Sapevo che era una cosa sbagliata ma non mi importava.

(Histonium.net)

Il matrimonio e la nascita dei figli

Ad un certo punto, confida oggi al giornalista di Avvenire, incontra una donna sola come lui e si sposano. Per volontà di entrambi nascono subito due figli che rappresentavano

lo strumento per colmare il mio vuoto affettivo. 

(Ibidem)

Franco Di Nucci tocca il fondo

Diventati grandi i ragazzi prendono una strada diversa da quella che aveva immaginato per loro, e il matrimonio finisce. A quel punto cadono gli ultimi freni: inizia a fare uso di sostanze, e a commerciare armi e auto di grossa cilindrata con l’Albania.

LIMOUSINE

In questa spirale criminale che si avvita sempre più vorticosamente si innesta un episodio che cambia il corso dell’esistenza di Franco. Mentre consegna della “merce”, cattura la sua attenzione un lenzuolo bianco che copre il cadavere di un tabaccaio a cui avevano appena sparato. 

Non saprò mai se era stato ammazzato con le mie armi, ma fu come se una spina si fosse conficcata nel fianco. Non feci la consegna, mi fermai davanti a una chiesa e dal cuore salì una preghiera: “Dio, fermami tu perché io non mi fermerò mai”. La mattina dopo fui arrestato per traffico internazionale di armi. 

(Avvenire)

L’incontro con la Comunità Papa Giovanni Paolo XXIII

In carcere fa l’incontro con un volontario della Comunità Papa Giovanni XXIII e, grazie a lui, comincia un cammino di rivisitazione della sua vita: capisce che non è tutto perduto perché, volendo, c’è sempre una seconda possibilità. 

Ho cominciato a sentirmi libero perché non ero più vittima del mio male. Non posso dire di aver sofferto la carcerazione, ho sempre pensato che fosse giusto essere lì dentro a causa di quello che avevo fatto. L’incontro con gli amici della Comunità Papa Giovanni XXIII è stato l’inizio della mia resurrezione. 

(Ibidem)

“Lì ho incontrato persone che hanno abbracciato la mia persona con tutto il suo male”

Dopo 4 anni accede al Pungiglione di Pontremoli, una delle strutture in cui si porta avanti il progetto Cec (Comunità educante per i carcerati), dove i detenuti terminano di scontare la pena in un percorso che è sia presa di coscienza del male fatto, che riabilitazione alla luce della fede cristiana e preparazione al rientro nella società per mezzo del lavoro.

Lì ho incontrato persone che hanno abbracciato la mia persona con tutto il suo male, mi hanno ascoltato e accompagnato. Ogni mattina leggevamo “Pane quotidiano”, un brano del Vangelo con il commento di Don Benzi, grande persona dalla quale ho imparato che l’uomo non è il suo errore. 

(Ibidem)

La fede mi ha salvato

Franco si rammarica per la militanza a favore della legge sull’aborto durante il referendum per l’abrogazione della legge 194. 

Mi sentivo uno “nato per sbaglio” perché la mamma era rimasta incinta due mesi dopo aver partorito mia sorella e quindi giustificavo la mia scelta. Ma se mio padre e mia madre avessero ragionato come me non sarei venuto al mondo, è stato il loro amore per la vita che mi ha salvato. E grazie alla fede ritrovata in carcere, la possibilità di ricominciare è stata  più forte del senso di colpa che mi faceva sentire condannato per sempre. 

(Avvenire)

“Dio non sceglie chi ha le capacità, ma dà le capacità a chi ha scelto”

Adesso Franco Di Nucci è responsabile del Cec “Santi Pietro e Paolo” di Vasto in Abruzzo dove mette a frutto quello che ha dolorosamente imparato sulla sua pelle. 

Quando mi hanno chiesto di assumere la responsabilità di questo luogo temevo di essere inadeguato, strada facendo mi sono reso conto che Dio non sceglie chi ha le capacità, ma dà le capacità a chi ha scelto. E così, uno come me che ha alle spalle una famiglia sfasciata è diventato padre di tante persone uscite dal carcere che hanno scelto di cambiare vita.    

(Ibidem)

Qui il video dell’inaugurazione della Casa “Santi Pietro e Paolo” di Vasto a cura di MediaService WebTv, in cui è visibile tutta l’emozione di Franco:

La morte non ha mai l’ultima parola, ce lo dimostra la storia di Franco Di Nucci che con il cuore colmo di gratitutidine si considera un risorto.

La resurrezione? È qualcosa che si può sperimentare nella vita di ogni giorno. Io mi considero un risorto. Il male che ho compiuto mi ha sottomesso, il bene che ho incontrato mi ha fatto rinascere.

(Avvenire)
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carcerecomunità papa giovanni xxiii
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