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Etty Hillesum: nella mia piccola Passione ho incontrato il mistero di Dio

ETTY HILLESUM

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 30/03/21

Le lettere della donna ebrea, che si convertì al cattolicesimo, dal lager di Westerbork: "Mi sento felice, questa pace interiore, questa serenità mi vengono dalla coscienza di sapermela cavare da sola ogni volta"

Nei giorni della Settimana Santa, della Passione di Cristo le lettere da Westerbork di Etty Hillesum sono un bollettino di speranza contro atrocità e paura. La filosofa ebrea, convertita al cristianesimo, racconta la sua personale “Passione” dal campo di concentramento che la ospitava insieme alla famiglia. 

Le sue lettere sono argomentate con le riflessioni di Fratel Michael Davide Semeraro, autore del libro Dio matura – In Quaresima con Etty Hillesum” (edizioni San Paolo)

Hetty Hillesum – it

“Mi sento come un bozzolo”

Etty Hillesum nei giorni più tristi non abbandona mai la speranza. Tiene duro, come dice lei, «da una parte e dall’altra del filo spinato. Tutto è assai difficile, eppure non impossibile: Quando mi sveglio alla mattina mi sento come dentro un bozzolo – è un ricco risveglio sai! Ma poi comincia a volte una piccola Passione».

Lo splendore dell’anima

Così commenta in una lettera all’amica Maria Tuinzing: “Sai, se qui tu non hai una grande forza interiore, se non guardi alle apparenze come contingenze pittoresche che non intaccano il grande splendore (non mi viene in mente un’altra parola) che può essere una parte inalienabile della tua anima – allora è proprio una situazione disperata”.

Il grande mistero personale

Ma come riuscire ad avere accesso e a dimorare stabilmente in questa parte inalienabile della propria anima fino a essere capaci di sfidare la morte come il Signore Gesù?

Un primo passo è proprio quello di non dare troppa importanza alla propria vita come numero di giorni, atti compiuti e segni lasciati.

Bisogna auto-comprendersi in un mistero ben più grande del nostro piccolo grande mistero personale: […] “c’è bonaccia di nuovo […] – scrive una fiduciosa Etty Hillesum – su di me cala un velo attraverso cui la vita filtra più mite, e spesso più ridente. Sento allora di essere tutt’uno con la vita. Inoltre: che non sono io individualmente a volere o a dovere fare questo o quello. Ma che la vita è grande e buona e attraente ed eterna – e se tu dai tanta importanza a te stessa, ti agiti e fai chiasso, allora ti sfugge quella grande, potente, ed eterna corrente, che è appunto la vita”.

“Una nave lenta e maestosa”

La “Passione” di Ettyy Hillesum guarda all’amore. E come per e nell’amore, c’è bisogno di pazienza, sono necessarie tante e varie tappe per arrivare a questo scivolare dolcemente nella e attraverso la vita

“Ecco, una persona deve aver pazienza. Il tuo desiderio dev’essere come una nave lenta e maestosa che naviga per oceani infiniti, e non cerca un luogo in cui gettar l’àncora”.

Libera e leggera come una nave le cui vele sono gonfie di libertà… di Dio: “Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2Cor 3,17).

Gioia in un contesto di morte

D’altro canto il Signore Gesù, in modo particolare nella Passione, riesce a parlare della gioia in un contesto di morte e di opposizione violenta alla sua persona. “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia” (Gv 8,56).

Ciascuno di noi rischia di appiattirsi sulle proprie difficoltà perdendo il contatto con un mondo più grande di noi stessi nella consapevolezza che la vita ha delle risorse inesauribili a cui bisogna saper attingere: “La prima volta che uno di questi convogli passò per le nostre mani – ricorda Etty Hillesum – ci accadde di pensare che mai più avremmo potuto ridere e essere lieti, che ci eravamo trasformati in persone diverse, invecchiate di colpo e ormai estranee a tutte le amicizie di un tempo. Ma se poi si va fra la gente, ci si rende conto che là dove ci sono uomini c’è anche vita”.

La fedeltà a Dio che matura nel lager

Probabilmente, conclude Etty, «questa serenità, questa pace interiore mi vengono dalla coscienza di sapermela cavare da sola ogni volta, dalla constatazione che il mio cuore non si inaridisce per l’amarezza, che i momenti di più profonda tristezza e persino di disperazione mi lasciano tracce positive, mi rendono più forte».

Per Etty si fa sempre più chiaro e, in certo modo, sempre più imperativo il bisogno di maturare in una fedeltà al mistero della vita e di Dio capace di andare oltre ogni condizionamento e ogni paura. 

E’ un bagliore di luce che accade in un freddo e buio campo di internati. E che la donna ebrea riesce a cogliere. 

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