Barbara Higgins ha da poco messo al mondo il piccolo Jack, due chili e poco più. Concepito con la fecondazione in vitro, da ovulo quasi certamente esterno alla coppia, è venuto al mondo nel New Hampshire da genitori già anziani. Ma tutto è stato fatto "sotto stretto controllo medico". No, cara Barbara, non è quello il controllo che si sarebbe dovuto esercitare.
Gravidanza più che tardiva e parto prematuro
Barbara è di nuovo mamma, Jack è il suo terzo figlio. Aveva già avuto due figlie, Grace e Molly, ma Molly nel 2013 all’età di 13 anni è morta per un tumore al cervello.
Jack, alla nascita, pesava circa due chili e trecento grammi e sta bene.
Non è la cifra del peso un po’ bassino di questo cucciolo a preoccuparci bensì quella che indica l‘età della donna che l’ha portato in utero e partorito (ma quasi sicuramente non concepito, nemmeno in provetta) e quella dell’uomo che si fa chiamare papà. Che forse biologicamente lo è: 57 anni lei, 65 lui.
Si tratta di Barbara Higgins e di Kenny Banzhoff; vivono nel New Hampshire, USA.
Sulle pagine delle testate che hanno rilanciato la notizia, restando rigorosamente alla larga dal tema centrale (che ne sarà di questo bambino, da dove viene, quanti altri embrioni sono stati sacrificati per ottenere la sua nascita? sarà presto orfano o il badante dei suoi anziani genitori?), si sprecano espressioni come “miracolo” e “benedizione” per commentare questa nascita.
Mentre dovremmo metterci le mani nei capelli e fermare quelle di chi asseconda desideri che, per quanto comprensibili, non dovrebbero essere assecondabili, se si tornasse a mettere in cima ai criteri quello del bene del bambino.
Anche questa è dittatura del desiderio
Invece no, escogito ergo sum. Voglio, so che si può, allora devo avere. Ma a che prezzo? e a chi arriva il conto? Ai genitori, ai fratelli già nati, di sicuro, ma soprattutto al bambino. Come sempre il danno ricade sul soggetto più debole e incapace di difendersi. Arriva una bolletta anche a noi, a tutta la società che deve reggere il peso sempre maggiore di desideri ritenuti diritti, di una maternità vissuta come processo produttivo, di un figlio abbassato al rango di oggetto.
Bè, piccolo Jack, intanto sei nato, non vorrai stare troppo a sottilizzare su chi sia davvero tua madre e su quanti anni avrà quella che ti ha partorito e per quanto potrà accudirti prima di chiedere il cambio direttamente a te? Con queste premesse il passo da figlio a badante non è tanto lungo.
Peraltro la signora Higgins, come vediamo dalle foto riportate dai media statunitensi, è una patita del CrossFit. Sarà più in forma di me di sicuro; e siccome lo dice tanto convinta potrebbe sembrarle vero per davvero: l’età è solo un numero (?!).
Che sia questo l’esito di anni e anni di frasi come “una giovane donna di 45 anni”, “un ragazzo di 50”, “una ragazza di 32”, insieme alle tanto sbandierate possibilità delle biotecnologie?
In cerca di consolazione
E’ sempre molto difficile accostarsi a queste storie senza risultare grossolani e insensibili. C’è di mezzo un bambino. Inoltre questi poveri genitori hanno attraversato una delle prove più ardue che possano toccare in sorte a chi abbia figli: vederli morire. La loro Molly è deceduta sulle soglie, lei sì, della giovinezza a causa di un tumore cerebrale.
Eppure, spiegano i coniugi, non è per la perdita di lei che abbiamo voluto un altro figlio, anche se i due fatti sono in qualche modo collegati.
Infatti, non sarebbe toccato solo a loro opporsi alla spinta, al desiderio di un altro figlio. Con diversi gradi di responsabilità, sarebbe spettato anche ai medici, alla società, alla legge. Ora, abbattuti gli argini per cui era chiaro più o meno a tutti che un figlio è un dono e non un bene di comfort esigibile (e acquistabile) ci troviamo a voler fermare a mani nude un’esondazione devastante.
Sulle pagine del Concord Monitor, la prima testata a raccogliere la loro testimonianza, i due raccontano di come si siano ritrovati a progettare di avere un altro figlio e di come questa decisione abbia addirittura salvato la vita di Barbara.
Anche questo è parte del problema: siamo passati da una maternità e paternità responsabili, irrise come vecchie cianfrusaglie clericali, all’idea diffusa e largamente approvata che un figlio si debba desiderare e soprattutto progettare. Quando invece è il figlio che progetta noi: è lui che ci proietta, ci getta in avanti come solo una nuova vita tanto esigente costringe a fare.