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Partorisce a 57 anni con la fecondazione assistita. E lo chiamano miracolo

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Di Suti Stock Photo|Shuttesrstock

Paola Belletti - pubblicato il 30/03/21

Barbara Higgins ha da poco messo al mondo il piccolo Jack, due chili e poco più. Concepito con la fecondazione in vitro, da ovulo quasi certamente esterno alla coppia, è venuto al mondo nel New Hampshire da genitori già anziani. Ma tutto è stato fatto "sotto stretto controllo medico". No, cara Barbara, non è quello il controllo che si sarebbe dovuto esercitare.

Gravidanza più che tardiva e parto prematuro

Barbara è di nuovo mamma, Jack è il suo terzo figlio. Aveva già avuto due figlie, Grace e Molly, ma Molly nel 2013 all’età di 13 anni è morta per un tumore al cervello.

Jack, alla nascita, pesava circa due chili e trecento grammi e sta bene.

Non è la cifra del peso un po’ bassino di questo cucciolo a preoccuparci bensì quella che indica l‘età della donna che l’ha portato in utero e partorito (ma quasi sicuramente non concepito, nemmeno in provetta) e quella dell’uomo che si fa chiamare papà. Che forse biologicamente lo è: 57 anni lei, 65 lui.

Si tratta di Barbara Higgins e di Kenny Banzhoff; vivono nel  New Hampshire, USA.

Sulle pagine delle testate che hanno rilanciato la notizia, restando rigorosamente alla larga dal tema centrale (che ne sarà di questo bambino, da dove viene, quanti altri embrioni sono stati sacrificati per ottenere la sua nascita? sarà presto orfano o il badante dei suoi anziani genitori?), si sprecano espressioni come “miracolo” e “benedizione” per commentare questa nascita.

Mentre dovremmo metterci le mani nei capelli e fermare quelle di chi asseconda desideri che, per quanto comprensibili, non dovrebbero essere assecondabili, se si tornasse a mettere in cima ai criteri quello del bene del bambino.

Anche questa è dittatura del desiderio

Invece no, escogito ergo sum. Voglio, so che si può, allora devo avere. Ma a che prezzo? e a chi arriva il conto? Ai genitori, ai fratelli già nati, di sicuro, ma soprattutto al bambino. Come sempre il danno ricade sul soggetto più debole e incapace di difendersi. Arriva una bolletta anche a noi, a tutta la società che deve reggere il peso sempre maggiore di desideri ritenuti diritti, di una maternità vissuta come processo produttivo, di un figlio abbassato al rango di oggetto.

Bè, piccolo Jack, intanto sei nato, non vorrai stare troppo a sottilizzare su chi sia davvero tua madre e su quanti anni avrà quella che ti ha partorito e per quanto potrà accudirti prima di chiedere il cambio direttamente a te? Con queste premesse il passo da figlio a badante non è tanto lungo.

Peraltro la signora Higgins, come vediamo dalle foto riportate dai media statunitensi, è una patita del CrossFit. Sarà più in forma di me di sicuro; e siccome lo dice tanto convinta potrebbe sembrarle vero per davvero: l’età è solo un numero (?!).

Che sia questo l’esito di anni e anni di frasi come “una giovane donna di 45 anni”, “un ragazzo di 50”, “una ragazza di 32”, insieme alle tanto sbandierate possibilità delle biotecnologie?

In cerca di consolazione

E’ sempre molto difficile accostarsi a queste storie senza risultare grossolani e insensibili. C’è di mezzo un bambino. Inoltre questi poveri genitori hanno attraversato una delle prove più ardue che possano toccare in sorte a chi abbia figli: vederli morire. La loro Molly è deceduta sulle soglie, lei sì, della giovinezza a causa di un tumore cerebrale.

Eppure, spiegano i coniugi, non è per la perdita di lei che abbiamo voluto un altro figlio, anche se i due fatti sono in qualche modo collegati.

Infatti, non sarebbe toccato solo a loro opporsi alla spinta, al desiderio di un altro figlio. Con diversi gradi di responsabilità, sarebbe spettato anche ai medici, alla società, alla legge. Ora, abbattuti gli argini per cui era chiaro più o meno a tutti che un figlio è un dono e non un bene di comfort esigibile (e acquistabile) ci troviamo a voler fermare a mani nude un’esondazione devastante.

Sulle pagine del Concord Monitor, la prima testata a raccogliere la loro testimonianza, i due raccontano di come si siano ritrovati a progettare di avere un altro figlio e di come questa decisione abbia addirittura salvato la vita di Barbara.

Anche questo è parte del problema: siamo passati da una maternità e paternità responsabili, irrise come vecchie cianfrusaglie clericali, all’idea diffusa e largamente approvata che un figlio si debba desiderare e soprattutto progettare. Quando invece è il figlio che progetta noi: è lui che ci proietta, ci getta in avanti come solo una nuova vita tanto esigente costringe a fare.

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Nel fare gli accertamenti medici necessari a valutare se il suo fisico sarebbe stato in grado di affrontare una gravidanza a Barbara è stata diagnosticata una neoplasia cerebrale, proprio come alla piccola Molly; e così ha potuto curarsi in tempo e guarire completamente.

Non credo di azzardare troppo ipotizzando che i due avranno considerato questa circostanza come un segno di benevolenza e incoraggiamento a proseguire con il loro proposito.

L’ostinazione della natura che continua a porre dei limiti

La natura però, ignara delle nostre corali pretese di farci gioco dei suoi limiti, continua a circoscrivere la fertilità femminile entro il solito intervallo di anni: dai 18-20 anni fino ai 30 è massima per poi calare dai 32 e addirittura precipitare dai 37, fino ad arrestarsi definitivamente già alcuni anni prima della menopausa, che sopraggiunge intorno ai 50 anni. (cfr salute.gov).

Secondo quanto raccolto dal Washington Post qualcuno che, con sospetta circospezione, ha espresso preoccupazione per la storia di questa insolita triade mamma, papà e bambino, c’è.

Attenzione alle false aspettative, cari clienti della PMA

E’ la dottoressa Eve Feinberg, ex presidente della Società di Endocrinologia riproduttiva e Infertilità e professore associato di ostetricia e ginecologia presso la Northwestern University. Una persona che con la fecondazione medicalmente assistita lavora, non una bacchettona anti progresso insomma.

Si dice felice che la signora abbia portato a termine questo viaggio ma anche preoccupata che

rappresentazioni rosee di casi così eccezionali e anomali tendano a sorvolare sui gravi rischi per la salute dei genitori e il bambino e possono contribuire alla disinformazione sui rischi e le realtà della fecondazione in vitro, soprattutto per i pazienti più giovani.

Washington Post

E’ questione di credibilità su un mercato in crescita: non fatevi troppe aspettative, cari potenziali clienti, qui nessuno ha la bacchetta magica. E la formula “bambino in braccio” è più una trovata commerciale che una realtà raggiungibile a costo contenuto. Il prezzo è alto e quello economico è il meno.

Embrioni sacrificati (cioè persone morte prima di nascere o che non nasceranno mai oppure magari resteranno congelate a quello stadio per decenni), bombardamento ormonale, rischi per la salute fisica e mentale della donna, del figlio, dei fratelli. Di tutti, a voler ben guardare. Come l’aborto ha contribuito a diffondere una mentalità che disprezza la vita così queste pratiche manipolatorie del suo inizio contribuiscono a svilirla e ad introdurre un vero e proprio razzismo su base generazionale, una radicale disparità ontologica tra chi genera e chi è generato.

A chi toccava fare da argine?

C’è una frase, tra le dichiarazioni rilasciate al Concord Monitor, che potrebbe essere la chiave, o meglio che avrebbe potuto essere la diga in grado di placare l’onda di “desiderio di genitorialità” fuori tempo massimo (il record di maternità più tardiva è ancora di una donna indiana di 73 anni che ha partorito due gemelle con fecondazione in vitro; ci sono anche casi nostrani di gravidanze strappate alla vecchiaia, come quella della 62enne Rosanna della Corte o la più famosa e fresca Gianna Nannini, madre di Penelope a soli 56 anni).

Per quelli che si chiedono perché Higgins avrebbe avuto un figlio dopo i 50 anni, Higgins ha detto che tutto è successo con l’approvazione medica.

Concord Monitor

Immaginiamo che il desiderio di maternità, in particolare dopo una perdita tanto dolorosa, possa presentarsi in maniera prepotente; immaginiamo che l’uomo al tuo fianco non sia abbastanza lucido o forte o capace di amore vero da dirti “non è giusto, non possiamo farlo”; immagina che nemmeno i medici siano più decisi nel dirti “la realtà è questa accettala”; considera anche il contesto culturale e mediatico tutto teso a promuovere e nobilitare questi esperimenti e il tragico gioco è fatto.

Ora questo bimbo, nato prematuro per la necessità di indurre il parto a causa di un pericoloso aumento della pressione sanguigna della donna, è circondato di affetto e premura e soprattutto ha una sorella adolescente che sarà in grado di seguirlo e sostenerlo.

Difendere la persona, opporsi all’errore

Ma queste considerazioni si fanno solo a danno compiuto, per difendere a tutti i costi la bellezza e la preziosità di una vita che c’è e che, ha ragione nel dirlo la signora Higgins, potrebbe portare beneficio a milioni di persone con un’invenzione strabiliante, con un’impresa eroica o anche con più nascoste imprese spirituali, quelle che non passano sul palcoscenico del mondo ma contribuiscono a salvarlo.

Benissimo; per le nostre coscienze, per il bene innanzitutto delle nostre anime, resta radicalmente ingiusto negare, tacere o anche solo minimizzare l’enorme danno presente e futuro, visibile o ancora latente, provocato da queste pratiche di manipolazione umana.

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