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Le storie di martirio “a tutto tondo” nella basilica di Santo Stefano al Celio

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Antoine Mekary | ALETEIA

Marinella Bandini - pubblicato il 26/03/21

Rivivi l’antica tradizione quaresimale dei cristiani di Roma. Alla scoperta delle “chiese stazionali”

La basilica di Santo Stefano al Celio è nota soprattutto come Santo Stefano “Rotondo” per la sua forma circolare. Da qui l’idea che fosse sorta un tempio pagano. In realtà fu costruita nel V secolo sui ruderi di una caserma romana. Ma la sua forma particolare richiama anche il Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Nel 470, Papa Simplicio la consacrò a Santo Stefano, il cui culto si stava diffondendo dopo il ritrovamento della presunta tomba a Gerusalemme. La basilica ha conosciuto momenti di splendore e periodi di abbandono e incuria. L’ultimo rifacimento è del XVI secolo. A quest’epoca risale, tra l’alto, il ciclo pittorico del Pomarancio lungo la circonferenza della basilica, con 34 scene di martirio. Ricordiamoci che siamo a due passi dal Colosseo, dove tanti cristiani subirono il martirio.

Nella basilica di Santo Stefano al Celio non ci sono reliquie del primo martire. Ci sono invece le reliquie dei santi martiri romani Primo e Feliciano, traslate qui nel VII secolo. Per loro fu aperta una cappella, nel muro perimetrale. La basilica custodisce anche la cattedra da cui avrebbe parlato San Gregorio Magno, detta appunto “Sedia di Gregorio Magno”.

Dal XV secolo la basilica fu affidata prima ai monaci ungheresi di S. Paolo Eremita e poi al Collegio Germanico-Ungarico, che tuttora la custodisce.

Ti amo, Signore, mia forza,

Signore, mia roccia,

mia fortezza, mio liberatore

Sal 17

* In collaborazione con l’Ufficio comunicazioni sociali del Vicariato di Roma

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