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Come gli artisti hanno rappresentato il “fiat” di Maria?

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Collection Dagli Orti/Aurimages

Caroline Becker - pubblicato il 25/03/21

Punto di partenza della missione divina di Cristo, l'Annunciazione ha catturato l'attenzione degli artisti fin dai primi secoli del cristianesimo. Come rappresentare quel dialogo tra Maria e l'angelo Gabriele, destinato a cambiare l'avvenire dell'umanità? La varietà delle iconografie dà testimonianza di questa riflessione che mai ha cessato di ispirare l'arte.

«Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco: concepirai e darai alla luce un figlio, al quale darai il nome di Gesù» – disse l’angelo Gabriele a Maria mentre quella era ancora solo promessa sposa di Giuseppe.

Celebrato fin dal V secolo, l’episodio evangelico dell’Annunciazione occupa un posto preminente nella fede cristiana, poiché esso manifesta l’Incarnazione del Verbo. Mediante Maria, Dio si fa uomo in Cristo. Da questo supremo momento economico (molti autori greci scrivono infatti “Economia” per indicare tout court l’Incarnazione) deriva tutto il resto: la morte di Cristo, la sua risurrezione e la nostra redenzione. Senza l’adesione di Maria nulla sarebbe stato possibile. Un episodio capitale che i primi cristiani avevano ben compreso e che, fin da molto presto, fu tradotto in maniera pittorica.

Le prime scene dell’Annunciazione si trovano nelle catacombe romane, ad esempio in quella di Priscilla. Se ne può anche ammirare un bellissimo esemplare – del V secolo – sull’arco trionfale nella basilica di Santa Maria Maggiore: Maria, vestita come una principessa romana, tiene in mano un fuso col quale tesse il velo purpureo destinato al Tempio (al quale, secondo il Protovangelo di Giacomo, era stata affidata).

Il dettaglio apocrifo dice dell’erudizione degli artisti e della committenza, che non temevano di attingere qua e là a dettagli ecclesiasticamente spurî che tuttavia la tradizione popolare aveva accolto.

Raffigurare il mondo divino e quello umano

Coscienti che Maria e Gabriele non sono di medesima natura, presto gli artisti si interrogarono su quella dualità e rifletterono sul modo migliore di rappresentare il dialogo tra due esseri affatto disomogenei.

Le tecniche iconografiche gareggiano tra loro in immaginazione per sottolineare in modo visibile le due dimensioni – dell’umanità concreta e del puro spirito –. Mentre un artista deciderà allora di marcare una separazione netta tra i personaggi mediante un quadro architettonico, un altro modificherà i colori offrendo all’angelo tinte scintillanti e dorate, mentre alla Vergine colori più freddi e/o materiali, come il blu o il rosso.

C’è poi una differenza lampante che si snoda nel tempo: nei primi secoli, la Vergine ha un’attitudine di modestia che rasenta la sottomissione – ella accoglie il messaggio dell’angelo e accetta la sua missione («Ecco la serva del Signore; avvenga a me secondo la tua parola» [Lc 1,38]). Da parte sua, l’angelo Gabriele è immenso, luminoso, le grandi ali spiegate. Egli manifesta la volontà divina. La sua posizione varia a seconda degli artisti: in volo aereo, talvolta collocato sopra una nuvola, come in assenza di gravità. Altre volte sembra scendere dai cieli in picchiata. Oppure si avvicina a Maria delicatamente, quasi in punta di piedi.

Più tardi, Maria avrebbe guadagnato sempre più spazio: un’evoluzione che andrà di pari passo con lo sviluppo della devozione mariana. Sempre più rappresentata come una regina ornata della missione divina, a poco a poco la Vergine lascia l’immagine della serva sottomessa, mentre l’angelo viene sempre più spesso rappresentato in ginocchio. Egli si prostra – segno del suo rispetto per la donna scelta per portare il Figlio di Dio.

Maria, l’angelo… e molto altro ancora!

Se nella scena dell’Annunciazione i personaggi principali restano Maria e l’angelo, non è raro veder comparire nel cuore della scena altre figure che arricchiscono il discorso. Ad esempio talvolta si vede Dio Padre rappresentato come un vegliardo in Cielo, che osserva con occhio benevolo il compiersi del suo progetto divino. Ancora più spesso fa capolino la mistica colomba che raffigura lo Spirito Santo: collocato spesso sopra Maria, egli dirige talvolta raggi luminosi verso la Vergine (e qualche volta – ma è una rappresentazione combattuta nella storia – sul filo del raggio dorato s’intravede una versione in miniatura di Gesù Bambino che porta una croce e che va dolcemente verso il grembo di Maria).

Non manca poi Giuseppe, talvolta, che si vede nei paraggi: se non si colloca nel cuore della scena, lo si trova normalmente poco distante, mentre lavora. La sua missione non è ancora cominciata, in quel preciso istante, ma la sua presenza ricorda come anch’egli abbia un ruolo da giocare nella missione divina.

Infine, uno degli elementi più interessanti da osservare nelle scene dell’Annunciazione è l’espressione di Maria. Di volta in volta sorpresa, turbata, imbarazzata, pensierosa, sottomessa o meditativa, ella sembra provare differenti emozioni. Nel XV secolo fra Roberto Caracciolo da Lecce spiegava che Maria era passata per “cinque fasi” nel corso dell’annunciazione:

  1. il turbamento,
  2. la riflessione,
  3. l’interrogazione,
  4. la sottomissione,
  5. il merito.

Stati psicologici che hanno largamente influenzato gli artisti, i quali non hanno esitato ad attingervi per sostanziare le loro rappresentazioni.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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