La Settimana Santa, che di qui a pochi giorni ci apprestiamo a vivere – quali che siano le condizioni alle quali ci sarà permesso farlo – è il cuore della nostra fede e l’evento centrale dell’umanità. Essa è pure un cammino didattico della nostra crescita spirituale. Gli eventi di questa grande settimana vissuta da Cristo, dagli apostoli, dai discepoli o dalla folla, possono istruirci sulle tappe per le quali passiamo nella nostra vita.
Esse possono essere quelle di una sola giornata o di una vita intera, di un’esperienza di vocazione o di relazione amorosa. Esse rivelano che cos’è e come funziona la nostra umanità, chiamata sì alla vita eterna ma pure marchiata dal peccato e dalla morte, dunque necessariamente bisognosa di purificazioni.
Tutto comincia con una domenica delle Palme. Gesù viene acclamato, accolto, e questa è una fonte di gioia per tutti quelli che lo accompagnano. La folla è sedotta da Gesù, gli apostoli sono fieri di essergli vicini. Tutto va bene e anche i detrattori di Cristo restano in silenzio. L’evidenza che appare è questa: Gesù è il Messia che entra a Gerusalemme, dunque andrà tutto bene.
Questa evidenza può essere quella della fede ai suoi albori, di una vocazione ricevuta, di un amore per l’anima gemella che si è finalmente trovata… Può essere anche una passione scoperta, un mestiere, un’arte… Questa prima seduzione e questa evidenza iniziale hanno ciononostante bisogno di passare per l’intero cammino pasquale, prima di giungere a maturità.
Lunedì, martedì e mercoledì santo sono giorni di insegnamento di Cristo nel Tempio: dopo la seduzione dell’evidenza, l’argomento viene approfondito. Bisogna conoscere l’altro, vivere l’apprendistato. È il tempo del lavoro, incoraggiato dalla seduzione sentita, dalla curiosità e dalla voglia di saperne di più. In ogni vita di fede, vocazione, passione, amicizia o amore, questo tempo di lavoro e di apprendimento non è facoltativo: è il tempo del catecumenato, il tempo del fidanzamento, del noviziato o del seminario, il tempo degli studi o della formazione. All’orizzonte si profila uno scopo: essere uniti al soggetto/oggetto della nostra seduzione iniziale.
Il Giovedì santo è il tempo di questa comunione: il tempo del matrimonio o dell’ordinazione; il tempo della padronanza dell’arte o della tecnica; il tempo dei diplomi e della vita attiva; il tempo del battesimo per i catecumeni.
Quanti sono vicini a Gesù vengono invitati alla comunione con lui nell’Eucaristia: lì c’è l’esperienza della gioia nella comunione e la realizzazione dei nostri progetti – gioia ben superiore a quella della domenica delle Palme e della prima seduzione. È però pure il tempo di una rivelazione che vale per tutti: non ci sarà fusione con l’oggetto dell’amore e non si possederà l’altro. Non ci sarà che servizio e lavanda dei piedi.
Aver parte con colui/quel che ci ha sedotti passa per una vita di servizio, e così dev’essere: non siamo soltanto i felici depositari finali di una fonte di gioia; siamo chiamati a vivere la lavanda dei piedi – servizio al coniuge, servizio nella missione ricevuta, servizio di un’arte o di una tecnica che restano sempre da apprendere. Questa comunione non è fonte di gioia che se essa è vissuta come la visse Cristo – in ginocchio davanti a quelli che amava.
Dopo il tempo della seduzione e della comunione viene il tempo della prova. La nostra fede, la nostra missione, la nostra vocazione, il nostro amore sono passati al setaccio della Passione: è la notte dei sensi, il dubbio, talvolta l’incomprensione, la sofferenza fisica o morale. La croce assume per ciascuno di noi una forma particolare, ma a nessuno viene risparmiata. Come l’oro nel crogiolo; come il grano caduto in terra… bisogna passare a una maturità superiore mediante una prova interiore. Ciascuno potrà dare un nome alla forma che la propria croce assume nella sua vita e nelle sue passioni.
Questa croce ci condurrà quindi al grande silenzio del sabato di Pasqua. L’impressione talvolta è che non ci sia più niente, che non ci sia speranza. La notte della fede: seduti davanti alla tomba sigillata, ci domandiamo come potremo continuare ad avanzare, a vivere o a sopravvivere. «Noi speravamo che fosse lui colui che avrebbe liberato Israele» (Lc 24,21) – dicevano i discepoli di Emmaus. Anche noi potremmo dire “Io credevo che…”. Eppure i due di Emmaus invitarono Gesù a tavola ed Egli spessò il pane con loro. Eppure Maria Maddalena si recò al sepolcro. Eppure Cristo è risorto.
La domenica di Pasqua dà la chiave di tutto quello che è stato vissuto: soltanto arrivando fino in fondo si può vivere della risurrezione. Ci si può fermare all’apprendistato, perché è troppo difficile. Ci si può fermare al giovedì santo, perché non si vuole servire. Ci si può fermare al venerdì santo, perché non si vuole soffrire. Ci si può fermare al sabato santo perché sembrerebbe che non ci sia più speranza. «Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Mt 24,13).
La gioia di Pasqua è la risposta purificata, affermata, trasfigurata della gioia delle Palme, e dà senso a tutta la nostra storia e a tutte le nostre storie.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]