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3 momenti in cui siamo chiamati alla conversione

MODLITWA W KOŚCIELE

Anna Nass | Shutterstock

Catholic Link - pubblicato il 23/03/21

Avete già detto il vostro “Sì”?

di Mauricio Montoya

Durante la Quaresima, diventa speciale l’appello alla conversione, che non riguarda solo questo periodo, ma tutta la vita dell’uomo.

È come la preparazione alla gara di cui ci parla San Paolo in 1 Corinzi 9, 24-27, una corsa per ottenere la corona che non svanisce: la salvezza.

Sant’Ambrogio, nella sua lettera a Oronziano, diceva: “La terra è la preparazione per l’uomo, il cielo

è la corona”, alludendo all’appello costante a lottare contro il peccato e a intraprendere cammini di conversione che ci portino davvero al cielo, all’incontro con Dio, a quella che San Tommaso d’Aquino definisce “la visione beatifica”.

1. “Convertitevi e credete al Vangelo” – Mc 1, 15

La prima conversione consiste nel tornare a credere, ma davvero. Una fede che si radica e diventa sempre più salda, una fede che sa comprendere tutto, anche le cose difficili, come parte della storia della salvezza di ogni uomo.

Credere nel Vangelo, comprendendo che questo è credere in Gesù, nella Sua Parola, ma anche nella Sua opera e nella Sua persona, e con questo credere nel suo appello costante a rifiutare il male e a fare sempre il bene, amando Dio e il prossimo.

Questa conversione implica il fatto di tornare a guardare l’aspetto più profondo di ciascuno. Cosa c’è lì che non crede? Cos’ho nel mio cuore che non si è aperto al Vangelo?

È necessario cambiare rotta, entrare in noi stessi e scoprire quello che ci permette di incamminarci verso il Regno di Dio.

Regno che è già giunto con Gesù Cristo, che si fa sempre nuovo con la Sua chiamata e che non è altro che l’esperienza di Dio che si è fatto una cosa sola con noi fino al punto da assumere la nostra condizione, e partendo da questa donarci la salvezza.

2. “Chi pertanto si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno dei cieli” – Mt 18, 1-5

Il modo di convertirci è quello di tornare ad essere bambini, molto interessante! Tornare ad essere come bambini in una società che lotta perché i più piccoli diventino sempre più rapidamente adulti e abbandonino l’innocenza della loro età.

Gli apostoli si sono avvicinati a Gesù con una domanda un po’ azzardata, ma che non si allontana dal nostro modo di pensare e di agire: “Signore, chi è il più grande nel Regno dei Cieli?”

Non sarebbe sconsiderato pensare che aspettavano che Gesù nominasse uno di loro. È un po’ come quando pensiamo “Prego tutte le sere”, “Digiuno di tanto in tanto, invece quella persona non lo fa, o non sa pregare…”

E ironicamente ci sentiamo “importanti”. Ma allora arriva Gesù, ci guarda come solo Lui sa fare, con amore assoluto, e ci dice: “Chi è come un bambino è il più grande”.

Credo che gli apostoli, come anche noi, siano rimasti a bocca aperta, pensando “Wow! Gesù è davvero pazzo, fuori di sé” (cfr. Mc 3, 21). In realtà, però, siamo noi a non capire.

Gesù ci sta ricordando che per raggiungere il cielo bisogna essere come bambini innocenti, ai quali i primi posti importano poco o niente.

Bisogna tornare a vivere la vita come un’avventura, come un’appassionante ricerca di Gesù! Tornare ad essere bambini è tornare al momento preciso in cui ci troviamo faccia a faccia con Gesù e Lo sentiamo dire “Seguimi” (Mt 9, 9).

Questa è la conversione che implica il fatto di abbandonare l’idea che siamo al centro di tutto, e di ricordare che il centro è invece Gesù. Consiste nel ri-centrarci su Cristo, volgendo a Lui lo sguardo, l’attenzione e la vita.

3. “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente…”

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“Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca. […] Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti” .

(Ap 14-22)

Quanto suonano forti queste parole! La terza via di conversione è quella dalla mediocrità, dalla tiepidezza della fede. È la conversione che nasce dal fatto di sentirmi insoddisfatto della mia mancanza di fermezza, della mia scarsa costanza nel processo di fede e di conversione. Ma è anche la lotta per abbandonare la pigrizia, il conformismo, la mancanza di impegno e serietà.

Per questa conversione, è necessario aprirsi all’unzione dello Spirito, lasciarsi riempire da Lui.

Tornando alla corsa di cui ci parla San Paolo, è essere costanti nella preparazione e marciare a passo fermo per ottenere la corona, la vita, la salvezza.

Pensiamo che lo sportivo incostante nel suo allenamento, che non prende abbastanza sul serio la sua preparazione, è quello che nella corsa occuperà gli ultimi posti.

Lo stesso vale per la vita di fede, perché la corsa del cristiano richiede sforzo. Il conformismo, la tiepidezza, la pigrizia, ci portano a rimanere relegati nel cammino di conversione, e spesso a perdere la corona desiderata.

Serve quindi coraggio, ma questo si ottiene solo con l’apertura allo Spirito di Dio. Questo processo implica il fatto di morire a se stessi e vivere per il Regno di Dio, ovvero morire al mondo e risuscitare per Cristo.

Non dimentichiamo che in questo cammino contiamo sull’aiuto di Dio, che con la Sua misericordia ci muove alla vera conversione, come sostegno nella costruzione di una vita virtuosa e pia.

Come diceva Teodoro di Mopsuestia, “il diavolo viene colpito attraverso il successo della virtù, della pietà e della temperanza”.

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

Tags:
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