«Ancora! Ancora…!». Quando vivono un momento di gioia, i bambini vogliono sempre ripetere l’esperienza. Non perché l’attività in sé abbia qualcosa di eccezionale, ma perché vogliono rivivere il sentimento della gioia. Il più delle volte, essa non è forse frutto di un momento, di un incontro o di una relazione autentica?
Infatti… che cos’è esattamente la gioia? È nel dominio del piacere – cosa che la collocherebbe sul piano dei sentimenti –? Non lo credo, perché talvolta si dà del piacere senza la gioia, ed esiste anche la gioia senza il piacere. È nel dominio della ragione, ossia dell’ordine logico? Non esattamente, perché si può essere convinti dalla chiarezza di una situazione o di uno stato senza che il cuore sia nella gioia. Si può anche percepire la gioia in mezzo a una sofferenza enorme. Allora che cos’è la gioia?
Mi sembra che la gioia sia la voce del cuore che ci indica che siamo in verità con noi stessi e con gli altri. In quel momento sappiamo che siamo sulla pista giusta. Essa è il frutto che cogliamo quando abbiamo agito in modo veramente umano, a immagine di Dio. La gioia s’installa quando ci si dona, quando si accoglie, quando si è veramente uniti all’altro, quando ci si perdona, quando si rende servizio, quando si ama e – allora – sfioriamo l’eternità. La gioia è uno dei grandi segni della presenza di Dio.
Anne e Thomas sembravano aver perduto la gioia, nella loro vita di coppia, e con essa il senso della loro relazione. Erano sposati allora appena da cinque anni, ma vivevano una profonda crisi. Una qualsivoglia conversazione serena diventava pressoché impossibile, anche se entrambi partivano con le migliori intenzioni del mondo. Erano stanchi di non riuscire più a comprendersi a vicenda e di aver perso la fiducia reciproca, quella che era stata il loro tesoro nei primi anni. Una certa diffidenza s’era insinuata, accompagnata da una grande tristezza – quella che è la voce dell’anima che non riesce ad amare nella gratuità, e che ci indica che cerchiamo qualcosa che non ci fa del bene.
Eppure nessuno dei due ha voluto mollare. Da parte sua, Thomas comprendeva di doversi fare carico della situazione con coraggio, e di dover fare di tutto per salvare il matrimonio. Ne ha allora parlato coi testimoni di nozze, ha cercato un terapeuta per la coppia, si è riavvicinato al prete che li aveva preparati, ha letto dei libri. Ogni volta trovava nuove idee o soluzioni per migliorare la sua relazione con Anne, ma non era mai la strada giusta.
La gioia non dipende mai dalle circostanze. Essa è un dono, un segno, una luce: giunge quando impariamo ad amare in verità, di amore puro e gratuito; quando riusciamo ad accogliere l’altro senza riserve, con amore disponibile. E la gioia aumenta quando il nostro amore è valorizzato e accolto come un dono. La prima espressione di gioia che troviamo nella Bibbia è quando Adamo scopre l’esistenza di Eva. Adamo era stato solo… e ricordiamoci che l’uomo è fatto per il dono, anzi egli è
Allora, perché Adamo non fosse più solo e perché potesse realizzare la sua vocazione di dono-di-sé, Dio creò Eva, un essere a lui complementare eppure differente, un essere capace di condividere con lui la vita, la libertà e la comunione. Grazie a Eva, la gioia di Adamo è stata immensa: egli poteva realizzare la sua vocazione di dono-di-sé; poteva insomma esistere con e per qualcuno, poteva donarsi e così andare verso la propria pienezza. Questa gioia è stata il frutto dell’amore.
Se vi propongo queste considerazioni è per rassicurarvi: sì, la gioia è possibile, tutti noi siamo fatti per essa! La gioia è sempre alla nostra portata, ma essa non è un sentimento da cercare; è piuttosto il frutto dell’aver ben-agito. Essa è un segno che Dio ci offre per indicarci che siamo sulla strada giusta. Contrariamente a quel che si potrebbe pensare, la gioia non è la conseguenza di aver ricevuto qualcosa, essa non dipende dal fatto che il mio coniuge ha finalmente compreso e cambiato la sua opinione o la sua attitudine verso di me. Neppure essa viene dalle circostanze più favorevoli della nostra vita No, essa è invece un moto del cuore che ci ricorda la nostra origine – veniamo da Dio, che è dono, amore, misericordia – e ci indica la strada giusta. Essa può quindi diventare la nostra bussola per la vita.
Dopo un nuovo episodio di tensione vissuto con Anne su una divergenza d’opinione (piuttosto ridicola), Thomas ha cominciato a pregare il rosario… e all’improvviso ha deciso di cambiare strategia. Invece di cercare di convincere sua moglie e di portarla alla propria opinione, ha voluto cambiare il proprio cuore: si è allora radicalmente aperto a lei, ha imparato a fare di tutto perché ella si sentisse veramente accolta, amata e preferita da lui. San Tommaso d’Aquino ci dice che si utilizza la parola “gioia” per designare la dilatazione del cuore. Che cosa significa? Che posso scegliere di mantenere il cuore chiuso e stretto – e di costringere l’altro a cambiare per adattarsi a me – o di dilatare il mio cuore perché vi si trovi più posto e l’altro possa esservi ricevuto così com’è.
Il nostro Thomas ha compreso che il suo cuore era troppo stretto. Se non fosse stato capace di mollare tutto per ascoltare Anne e prendere sul serio i bisogni e i sentimenti di sua moglie, non avrebbero più potuto camminare insieme. Ha invece avuto questa intuizione: arrivare insieme era più importante che arrivare dove egli intendeva arrivare. Essere attento ai bisogni di Anne è diventato molto più importante che fare cose belle con lei… La finalità non era più raggiungere la perfezione in tutte le circostanze della vita, ma migliorare la qualità della relazione. Pur essendo un uomo molto razionale, Thomas ha percepito in fondo al cuore che questa idea di migliorare la relazione con Anne ha provocato in lui una profonda gioia. Invece di aspettare che l’altra cambiasse, ha deciso di donarsi e di accogliere meglio. Anche se la sua ragione non controllava tutto, il suo cuore ha dato luce verde.
Ha condiviso allora questa nuova luce con Anne, la quale era sprofondata in una vasta tristezza, e malgrado quello stato Anne ha inteso nel suo cuore una voce che le diceva di dare fiducia a Thomas. Ha visto quel gesto come un invito del Cielo a impegnarsi di nuovo, a scegliere di andare fino in fondo, a perdonare i brutti ricordi del passato e a non abbandonare la propria vita di coppia. Da quell’istante in poi Anne comprese che avrebbe rinnovato la sua scelta: la gioia si era installata in lei – una gioia che niente più poteva mettere a tacere. Se la sua ragione era già stata offuscata e i suoi sentimenti incupiti, questo barlume di gioia le ha donato la certezza misteriosa che poteva ancora andare avanti e dare fiducia a Thomas. Non era come prima, all’inizio del loro matrimonio – era molto meglio! –: Anne ha percepito la presenza di Dio, quello che si era impegnato con loro il giorno del loro matrimonio, quello che è più grande delle nostre debolezze. Dio stesso la invitava così a dare fiducia. Il cuore di Anne ha dunque dato luce verde.
La gioia può dunque sorgere in mezzo alle sofferenze? Anche papa Francesco l’ha detto:
La gioia è il segno di un amore vero. Quando un uomo e una donna cercano di amarsi nella verità; quando sono in un’attitudine di dono generoso e di coraggiosa accoglienza; essi rendono allora Dio presente in mezzo a loro. Con il sacramento del matrimonio, Anne e Thomas si sono consacrati all’amore vero. Dio si è allora impegnato a colmare i loro sforzi di amore vero, promettendo la propria presenza accanto a loro. E la presenza di Dio infonde gioia anche in mezzo al dolore.
Anne e Thomas non sono ancora giunti alla pace totale, ma la gioia ha fatto tornare la fiducia e la pace. Certamente nulla più sarà come prima… ma in una relazione lo scopo non è quello di restare come prima, bensì di crescere. E anche se si cade mille volte, ci si può rialzare mille volte… e mille volte si può rinnovare il proprio sì. E il Signore della gioia darà anch’egli il proprio sì, mille e una volta.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]