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Siete assetati di “Mi piace” e followers? Ecco 4 cose che dovete capire immediatamente!

Réseau social Instagram

LOIC VENANCE / AFP

Catholic Link - pubblicato il 19/03/21

di Sebastián Campos

Anche se mi vergogno un po’ a dirlo, senza volerlo sono caduto molte volte nel giochetto dei “Mi piace” e dei followers, in primo luogo perché nessuno che io conosca ha un’autostima a prova di bomba, e quindi sentire che ciò che si fa viene approvato dagli altri fa sentire bene.

In secondo luogo, perché gran parte del mio lavoro consiste nel creare contenuti che interpellano vari tipi di pubblico e far sì che questi interagiscano e rispondano, in genere con un “Mi piace”.

Se osservate le reti sociali e i profili digitali di un’organizzazione, di una comunità, un gruppo o del vostro progetto e quei “Mi piace” e quei followers si traducono in gente che va ai vostri eventi, che dà un apporto alle vostre campagne o rende visibile la vostra causa, avete bisogno di riflettere su questi quattro punti:

1. Una motivazione sincera al momento di pubblicare contenuti

Per me è strano quando la gente mendica un “Mi piace”. Ci sono molti account che chiedono di seguirli e di mettere un “Mi piace” alle loro pubblicazioni. Pubblicare contenuti con quell’unico obiettivo fa sì che tutto perda senso.

La mia raccomandazione è essere sinceri al momento di pubblicare dei contenuti. Pubblicate cose che per voi vale la pena di condividere, che vi rendono orgogliosi, che meritano di essere comunicate.

Riempire il vostro profilo di selfie (vostri, di personaggi famosi, influencers o chiunque altro) non fa che alimentare la vanità e non apporta nulla. Lo stesso vale per quelle marche o imprese che pubblicano i loro prodotti, eventi o cause come se fossero un disco rotto.

Se invece condividete qualcosa sulle reti sociali perché credete davvero che valga la pena che altri lo conoscano, avanti! Nessuno vi fermi se condividete buone notizie!

Non stancherà anche se lo dite varie volte, perché tutti siamo capaci di scoprire e sentire che ciò che ci volete raccontare è sincero e che vi rallegra poterlo condividere.

Se credete davvero che possa beneficiare e migliorare la vita (nel caso di eventi, prodotti e cause), allora più di qualcuno, oltre a mettere un “Mi piace” al contenuto, andrà sicuramente all’evento, comprerà il prodotto o sosterrà la causa.

2. Parliamo di ciò che vi motiva

Per parlare di motivazione, vorrei che pensassimo a Viktor Frankl, un noto autore la cui opera principale, “L’uomo in cerca di senso”, racconta le sue esperienze (sofferenze terribili) e scoperte psichiatriche dopo aver trascorso anni come prigioniero nei campi di concentramento tedeschi durante la II Guerra Mondiale.

Nel suo libro parla delle motivazioni di alcuni per fare il bene, per spiccare, per dare un senso alla propria esistenza. Una in particolare ha richiamato la mia attenzione:

“Credo che i santi cerchino esclusivamente di servire Dio, dimenticando completamente gli atti che conducono alla propria santità. Se si concentrassero in modo particolare sulle azioni che portano alla santità finirebbero per avere una personalità perfezionista, ma non sarebbero santi”.

Qual è la vostra motivazione al momento di pubblicare un contenuto? Un’opzione è cercare solamente di aumentare il numero di “Mi piace” e di followers, un’altra è ingegnarsi per fare del bene agli altri inserendo un contenuto di valore sulle reti sociali. A voi la scelta!

3. Il proprio valore in numeri

Qualcosa è migliore o peggiore perché ha avuto buoni risultati sulle reti sociali? La risposta è no. Né un cibo è più buono né un capo di abbigliamento è più comodo, né un concerto più piacevole o un ritiro spirituale ha dato frutti migliori perché la foto che se ne è pubblicata ha avuto una risposta positiva sulle reti sociali.

Lo stesso va applicato alla vita delle persone, alla nostra vita. Già vi ho detto che una parte del mio lavoro ha a che vedere con la pubblicazione di cose e sul fatto che queste “abbiano successo”, per cui analizzo spesso statistiche, numeri e dati.

4. La sfida di attirare gli altri

Leggo di algoritmi, strategie e nuovi metodi, un affanno che sinceramente non cambia in nulla il valore di quello che voglio promuovere attraverso una pubblicazione.

L’istituzione per la quale lavoro (una congregazione religiosa) è eccellente, anche quando qualche pubblicazione non ha avuto la risposta attesa su Instagram.

Io sono una brava persona (o almeno cerco di esserlo), anche quando le mie foto e i miei scherzi sulle reti sociali (o i miei post su Catholic Link) ottengono un “Mi piace” solo da mia madre e dalle persone a me più vicine.

Voi siete preziosi anche se la vostra giornata non ha avuto alcun momento degno di essere fotografato e pubblicato su qualche rete sociale. Il nostro valore è intrinseco, non deriva dall’approvazione o dalla risposta altrui. È una cosa ovvia, lapalissiana, ma costa mettersela in testa.

Come voi sono cattolico, e per me Gesù è il più grande influencer della storia dell’umanità. Il Suo contenuto, pur non avendo reti sociali, è “ritwittato” e condiviso ancora oggi.

Anche se alcuni vogliono incolpare l’Impero Romano e una miriade di teorie cospiratorie che spieghino il fenomeno, la verità oggettiva è che il cristianesimo e le “idee” di Gesù sono state così attraenti per milioni di persone nella storia che nonostante gli errori delle istituzioni che rappresentano quelle “idee” la gente continua a crederci.

E allora, prima di cercare volti di influencers, rompersi la testa pensando a strategie, cercando idee e seguendo le ultime tendenze, la cosa migliore sarebbe rivedere quello che stiamo facendo e cercare di far sì che sia attraente per gli altri, anche se la mia foto è brutta, la mia strategia è povera e la produzione austera.

Che sia attraente perché quello che contiene ha un valore e in qualche modo migliora la vita degli altri, non importa se si tratta di uno scherzo, un prodotto, un evento, una buona causa o un nuovo capo di abbigliamento.

I “Mi piace” e i followers arriveranno da sé, e se non arrivano si ha la tranquillità di comunicare in modo sincero qualcosa che ci convince dentro.

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Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

Tags:
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