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Guardare ciò che è sgradevole può aiutarvi più di quanto credete

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 17/03/21

Riconoscere ciò che c'è di miserevole in noi e intorno a noi ci permette di avvicinarci maggiormente alla verità. Non consoliamoci con menzogne gradevoli che non riescono a placare la sete

Chi può sapere cosa muove il mio cuore? Solo Dio sa come sono dentro. Gli uomini vedono soltanto il mio volto, la mia oscurità o la mia luce, ma non mi vedono dentro, non riescono a navigare nella mia anima, non scoprono chi sono nel profondo. E io resto nudo davanti a Dio.

Spesso sento di vivere volendo mostrare un’immagine. Riflettere un ideale che sogno di raggiungere. Mi camuffo da saggio, da santo, da uomo grande, da persona audace.

Pretendo di avere tutto chiaro, e nascondo con passione il mio peccato, la mia debolezza, la mia ferita. È la capacità a cui ricorro molto spesso.

So di essere così, debole. So di non poter vivere lontano dalla luce, lontano dalla croce che si eleva per darmi vita. Come il sole che nasce all’orizzonte all’alba.

La sfida di vedere ciò che è difficile

Vorrei avere tutto più chiaro, che tutto fosse più sicuro, ma non so come mi sento molto debole. Non riesco a capire il senso di quello che mi succede.

Neanche Nicodemo comprendeva le parole di Gesù, ma lo cercava nell’oscurità della notte perché voleva conoscere la verità, voleva vedere la luce.

A volte preferisco le dolci menzogne piuttosto che le verità amare. Mi consolo con bugie gradevoli che non riescono a placare la mia sete, mettendo da parte le verità che possono lacerarmi il cuore.

Alzare lo sguardo verso il crocifisso mi porta a guardare la mia vita nella sua miseria, nel suo dolore.

Diego Velasquez Cristo_crucificado detail

Non voglio nascondere dalla mia vita ciò che non mi è gradito, né eludere le difficoltà, le rocce che sembrano bloccare i miei passi. Non lo voglio. Commenta David McCullough J.:

“Non salire sulla montagna perché il mondo ti veda, ma per poter vedere tu il mondo”.

La luce che salva

Non mi avvicino alla luce perché gli uomini mi vedano, ma per poter vedere meglio ciò che mi circonda e sapere cosa devo scegliere. Solo Dio è la mia verità, Colui che dà senso a ciò che vivo.

Alla fine quello che mi salva non è ciò che gli altri vedono in me, ma quello che io vedo con la luce di Dio. Commenta padre Josef Kentenich:

“Questa è la vera santità: essere aperti a Dio e al divino. Oggi si ha un concetto totalmente diverso di grandezza e di ricchezza. Si tende la mano alla genialità della scienza, alla genialità dell’arte, alla genialità della tecnica e dell’industria. Sicuramente anche il santo può essere un genio di questo tipo, ma questa genialità non lo rende santo. Cos’è che lo rende santo? Cosa lo rende ricco? L’apertura a Dio, (la capacità) di vedere Dio attraverso tutte le cose e di rimanere costantemente in contatto e in unione con Dio”.

Essere in contatto continuo con la luce è quello che mi salva. Permettere che la sua luce penetri nella grotta della mia notte e dissipi con la sua forza tutte le mie paure.

Non voglio vivere amareggiato nella mia notte. Voglio la sua luce. Solo così la mia santità potrà brillare. Sarà una luce dalla mia croce. Così è stato Gesù crocifisso ed elevato in alto.

Non era la morte a dare luce, ma la sua vita occulta nella morte. Non salvava essendo morto, ma avendo aperto con la sua donazione di Sé la porta della vita.

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