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Consigli utili ai sacerdoti per una buona “Pastorale della morte”

JEREMIAH THOMAS

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 16/03/21

Accompagnare malati e infermi verso un trapasso sereno: il vescovo di Grosseto ha sollecitato un piccolo “vademecum” virtuale ai suoi sacerdoti, ma che può essere valido in ogni diocesi

Un esperimento della diocesi di Grosseto che può essere valido in ogni altra diocesi: consigli e suggerimenti per una buona “Pastorale della morte” (cioè l’accompagnamento spirituale di malati e infermi verso un trapasso sereno). 

Proprio per questo, nei giorni scorsi il vescovo di Grosseto, padre Rodolfo Cetoloni, ha firmato una lettera – indirizzata al clero e ai collaboratori laici – per offrire alcuni spunti pratici sul piano pastorale. 

Il “fastidio” della morte

«L’esempio di Gesù, buon pastore e il nostro ministero – scrive mons. Cetoloni – ci impegnano a tenere a coscienza, a parlare del vivere e del morire (della vita e della morte) nella predicazione, nella catechesi e nel colloquio personale. La fede e la nostra responsabilità di pastori ci chiamano a essere prossimi alle persone e alle famiglie nei momenti della malattia, della morte. E di quanto essi creano nella vita dei familiari, della comunità ecclesiale e civile». 

E aggiunge: «Sempre più la morte è vissuta non nel dolore dignitoso. Ma nel fastidio di trovarsi ad avere a che fare con essa e quindi nel cercare di chiudere la faccenda alla svelta. Lo dico con dolore e disagio, ma sarei ben lieto di sbagliarmi! Nelle città, più che nei paesi, si sono indebolite le relazioni, per cui spesso non si sa che qualcuno è stato ricoverato o è ammalato grave, si avvicina al trapasso o è morto».

Più catechesi e visita agli ammalati

Da queste considerazioni, scrive Toscana Oggi (15 marzo), il vescovo di Grosseto esorta clero e comunità cristiane a «zelo e inventiva, relazioni curate e custodite» e offre alcune piste di lavoro pastorale. Suggerisce di «dare maggior spazio alla catechesi e all’annuncio cristiano sui Novissimi (le cose che succederanno all’uomo alla fine della sua vita: la morte, il giudizio, il destino eterno ndr).

Nella “pastorale della morte” bisogna, poi, «intensificare le catechesi e le celebrazioni comunitarie del sacramento dell’Unzione degli Infermi». E ancora «la pastorale del recarsi a visitare gli ammalati, portando loro la Comunione». 

Spiegare la preferenza all’inumazione dei corpi

Nelle catechesi «rinnovare l’annuncio sul senso del suffragio» e «precisare la preferenza, per noi cristiani, dell’inumazione». Spiegando, nei casi in cui venga scelta la cremazione, «le condizioni previste per la celebrazione, la benedizione e la custodia delle ceneri».

Ci sono anche dei consigli per i funerali nell’ambito di una corretta “pastorale della morte”. Nella lettera, infatti, mons. Cetoloni ribadisce che «la chiesa parrocchiale è il luogo primario deputato alla celebrazione delle esequie». E suggerisce anche una linea di condotta per precisare meglio gli «ambiti» entro i quali le stesse agenzie funebri possono muoversi, affinché non si sostituiscano ai parroci nel rapporto con i familiari di una persona defunta. 

L’animazione delle esequie 

Il vescovo, infine, suggerisce che nelle parrocchie sia costituito un gruppo di persone «dotate di fede, carità e buon approccio, che aiutino il parroco nel ministero della consolazione e intervengano per animare la celebrazione dei funerali in parrocchia». Tutte indicazioni per vivere una maggiore alleanza, alla luce del Vangelo, tra famiglie e parrocchie in momenti così dolorosi, che coinvolga anche le agenzie funebri.

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