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Giulia Muscariello, 18 anni, ha perso una gamba per salvare l’amica

GIULIA MUSCARIELLO

Giulia Muscariello | Instagram

Annalisa Teggi - pubblicato il 15/03/21

Giulia Muscariello è tra i 28 giovani premiati da Mattarella come "eroi del Covid". Lo scorso luglio di fronte a un'auto che stava per travolgerle ha avuto la prontezza di mettere in salvo l'amica del cuore a costo della sua stessa incolumità.

Sono 28 gli “eroi del Covid” che il Presidente della Repubblica Mattarella ha voluto premiare “per l’impegno e le azioni coraggiose e solidali” in tempo di pandemia. Li ha insigniti del titolo di Alfieri della Repubblica, auspicando che la loro testimonianza di vita sia di ispirazione per seminare speranza in mezzo all’emergenza sanitaria che viviamo.

Giulia ha salvato la sua migliore amica

Tra loro c’è una 18enne di Cava de’ Tirreni (Salerno), Giulia Muscariello.

La sua storia parla di presenza, in questi mesi in cui proprio sui più giovani pesa l’isolamento e il trasferimento di ogni modalità di comunicazione sul virtuale.

Era il 3o luglio del 2020 quando è capitato l’incidente che ha cambiato per sempre la vita di questa giovane, e bellissima, ragazza. Durante quei mesi estivi la morsa del Covid pareva allentata, Giulia e Chiara erano andate a una festa e poi hanno aspettato sedute su un muretto l’arrivo dei genitori per tornare a casa.

Le loro chiacchiere spensierate si trasformano in un incubo quando Giulia si accorge che una Mini Cooper procede a velocità troppo sostenuta verso di loro, intuisce che saranno schiacciate. E in quel momento cruciale, l’istinto la porta a mettere in salvo l’amica:

Ho avuto paura e ho spinto la mia amica oltre il muretto, l’ho spinta all’indietro.

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Avrebbe potuto mettere al riparo se stessa, probabilmente ha intuito che l’amica correva un pericolo più grave. Probabilmente. Difficile capire cosa si nasconda dietro ciò che chiamiamo “istinto”. Vero è che l’ homo homini lupus di Hobbes non la racconta giusta fino in fondo. L’uomo non è una creatura immacolata e solo generosa, certo. Ma non è neppure segnata esclusivamente dal cinismo e dall’egoismo. Di fronte a un fatto come questo, ci troviamo a contemplare l’evidenza che – a dimora nella nostra anima, come un bulbo – c’è anche l’istinto (la spinta, l’intuizione) del sacrificio … un repentino e deciso al bene di un’altra persona.

Ora mi sveglio e passa tutto

Grazie alla prontezza del suo gesto, l’amica più cara è riuscita a salvarsi – Sergio Mattarella

Con queste parole il Presidente della Repubblica ha conferito a Giulia Muscariello il titolo di Alfiere della Repubblica. Quella prontezza, che è stata decisiva per salvare Chiara, è diventata presto una lucidità dolorosa: l’auto che correva a grande velocità ha colpito Giulia, schiacchiandole una gamba. Lei è rimasta cosciente fino a quando i soccorsi l’hanno trasporata in ospedale. Ha visto il sangue e il suo arto ferito gravemente.

In ospedale la scelta dell’amputazione è stata inevitabile. Ed è, forse, da questo momento in poi che la storia di Giulia diventa davvero esemplare. Perché, a fronte di una lesione così grave, quel benedetto istinto di sacrificio poteva anche essere rinnegato, poteva diventare motivo di rabbia. C’è anche molto buio in questa storia di “eroismo” e amicizia.

All’inizio è stato devastante, non volevo crederci. Pensavo: è un incubo, ora mi sveglio e passa tutto. La mia famiglia era scioccata, io non riuscivo ad accettare che fosse successo davvero. Quando sono uscita dalla sala operatoria la prima parola che ho detto a mio padre è stata: scusa. Stavo male anche per loro, per averli trascinati in quel dolore – Giulia Muscariello

da Corriere

Camminare con gambe e occhi nuovi

In fondo Giulia è una ragazza di solo 18 anni, non si può immaginare che porti il peso dell’incidente che ha subìto sorretta solo dall’idea di “aver fatto la cosa giusta”. Un incidente incide davvero, taglia come un coltello. E per una ragazza della sua età, nel tempo degli altari social alla Dea Immagine, è dura fare i conti con un corpo mutilato.

Bebe Vio ci ha mostrato il vigore atletico di un’anima che si è fatta robusta di fronte alla durezza che è l’amputazione. Ma ogni percorso definito di resilienza che non nasce con un clic di testarda positività. Piuttosto, verrebbe da dire, i veri ottimisti sono quelli che hanno abitato al buio e sanno che la scelta del “lato positivo” non è un sentimento, né un umore, né un emoji. C’è qualcosa di molto simbolico nel pensare che un tempo le fotografie venivano sviluppavate nella camera oscura, è proprio nelle nostre stanze di dolore che s’innesca una reazione che può – verbo in cui trema tutta la vertigine della libertà umana – darla vinta all’opposto della disperazione … qualcosa che non ha ancora un nome chiaro, e col tempo può maturare in un nuovo amore all’essere.

BEBE VIO

Per Giulia un momento di coscienza decisivo è stato conoscere altri bambini e ragazzi nelle sue stesse condizioni. Mettere una protesi non è un percorso veloce, ed è un tempo lungo e lento in cui lei non ha guadagnato solo un arto nuovo, ma anche uno sguardo rinnovato:

La prima volta che sono andata al Centro protesi di Budrio, vicino a Bologna, ho conosciuto un mondo nel quale mi sono sentita perfino fortunata. C’era chi stava molto peggio di me, c’erano bambini che lottavano per farcela. Perché io no? Ho capito che piangermi addosso non mi avrebbe aiutato, così ho cominciato a rinascere e adesso eccomi qui. Ho la mia prima protesi provvisoria, sto in piedi, cammino, salgo e scendo le scale… devo solo migliorare in sicurezza.

da Corriere

Una vita in presenza

La realtà ferisce. Non ci sono auto che sbandano su Zoom o Teams. Verrebbe la tentazione di chiedersi che cosa stiamo difendendo quando, in mezzo ai lockdown, non molliamo l’osso della presenza, pur non essendo tra quelli che sottostimano (o peggio) l’emergenza sanitaria in corso. Non la esigiamo adesso, ma continuiamo a ribadire che l’essere umano vive di relazioni condivise.

Sono felice che mio figlio adolescente e i suoi compagni abbiamo liberamente deciso di fare i compiti in videochat tutti i pomeriggi. Reagiscono come possono al non vedersi di persona. Quando li sento ridere tra loro, a volte mi chiedo: “Ma non va bene anche così?”. Se sta in casa, non c’è il rischio di un incidente in moto, di una serata di eccessi, o altro. Ma poi arrivo alla conclusione che non è questo genere di protezione che li protegge davvero. E sappiamo che l’isolamento che stiamo vivendo ha molte più code velenose di uno scorpione. Conosciamo i dati in aumento sui suicidi.

Giulia mi ha ricordato quello che tante volte come genitori cristiani ci diciamo: i nostri figli non sono davvero nostri. Li mettiamo al mondo, donandoli a uno spazio di vita aperto, drammatico, imprevedibile, entusiasmante, cupo. Ma è solo fuori dalla porta di casa – da ogni genere di possesso, chiusura, paura – che possono dire il loro alla chiamata che c’è dentro ogni vita.

Alla vita voglio dire che ce la farò, che voglio continuare a essere la persona che sono e che in futuro vorrei aiutare chi si ritrova nelle mie condizioni e si sente smarrito, magari con un’associazione, vedremo. E invece a Chiara vorrei chiedere di non sentirsi mai più in colpa per me, ho fatto quel gesto per istinto, la considero una sorella, la nostra amicizia mi ripaga di tutto ogni giorno – Giulia Muscariello

Solo fuori di casa, nel mondo delle presenze, si può dare la vita per un amico. Perché amico è una parola che esiste solo quando l’io si affaccia oltre il muro di sé. Non è una conclusione pacificante, me ne rendo conto. Ma è un’ipotesi in cui traluce il seme di qualcosa che ci tocca, in cui sentiamo un richiamo terribile e affascinante. Molti si limiteranno a parlare di eroismo e altruismo, pensando al caso di Giulia.

A me viene da pensare che una volta di più l’essere umano – anche se lo può rifiutare col pensiero o con le parole – si dimostra (ben al di là della sua chiara consapevolezza) parente stretto di quel Dio fatto Uomo che visse 30 anni di vita privata, e poi uscì allo scoperto e ogni suo passo nel mondo fu fatto per incontrare gli amici per cui avrebbe dato la vita.

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