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Li gettarono in un lago ghiacciato perché erano cristiani e preferirono la morte

FORTY MARTYRS OF SEBASTE

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Dolors Massot - pubblicato il 11/03/21

Erano soldati della legione romana in Asia Minore. I 40 martiri di Sebaste sono un esempio di coraggio fino alla fine

La storia dei martiri di Sebaste, la cui festa si celebra il 10 marzo, potrebbe sembrare tratta dal copione di un film di Romani come Gladiator, ma non è così. I racconti dei Padri della Chiesa e l’impatto che provocarono questi martiri fin da quando divenne noto il loro eroismo sono molto forti.

La Legio XII Fulminata era una legione romana incaricata della sicurezza dell’Asia Minore, insieme alla Legio XV Apollinaris. Era formata da soldati noti per il loro coraggio. Il termine “Fulminata” alludeva a un lampo, e in quel momento difendeva la frontiera orientale dell’Impero.

All’epoca, concretamente nell’anno 313, l’imperatore Costantino promulgò l’Editto di Milano, con il quale veniva permessa la libertà di culto religioso nell’Impero. Ciò permetteva ai cristiani una vita diversa da quella che conducevano nei periodi di persecuzione.

Un perverso Licinio

In Oriente, tuttavia, deteneva de facto il potere Licinio, cognato di Costantino, che aveva fama di essere astuto e perverso.

Licinio affermò che si sarebbe attenuto al documento di Costantino, ma nella pratica non permise il culto cristiano.

Nel caso dei martiri di Sebaste (l’attuale città armena di Sivas), ordinò che 40 soldati della Legio Fulminata che erano cristiani venissero gettati in un lago ghiacciato.

I soldati preferirono la morte piuttosto che rinnegare Gesù come Dio.

La toccante storia del vigilante

I resoconti narrano che uno di loro, rendendosi conto che stava per morire, si gettò all’indietro e uscì dal lago.

Uno dei soldati non cristiani che vigilava e osservava la scena rimase commosso dall’eroismo di quegli uomini. Di fronte a quella fuga, Dio toccò il suo cuore e lo fece entrare nel lago per sostituire quell’uomo, mentre i soldati pregavano a voce alta: “Quaranta, Signore, siamo scesi nell’arena; fa’ che siamo incoronati tutti e quaranta”.

All’ultimo momento, la conversione del cuore fece sì che il soldato non cristiano morisse con il Battesimo di sangue (quello della sua morte essendo martire).

Era l’anno 320.

L’esempio dei martiri perdura

I 40 martiri vennero sepolti in Ponto (nell’attuale Turchia), e il loro culto si diffuse subito tra i cristiani. Com’era avvenuto altre volte e come aveva scritto Tertulliano un secolo prima, il sangue dei martiri divenne seme di nuovi cristiani.

San Gregorio Nisseno è uno degli autori ad aver scritto questa storia, come anche Sant’Efrem.

San Josemaría Escrivá lo considerava un esempio di fraternità tra i cristiani:

“Quei soldati vennero immersi, da cristiani, in un lago di acqua gelida. Sul punto di morire, pregavano: siamo entrati in quaranta in battaglia, ti chiediamo quaranta corone. Uno di loro uscì dall’acqua, e allora lo Spirito Santo mosse uno dei persecutori, che decise di occupare il suo posto ed essere testimone di Gesù Cristo. Dobbiamo comportarci allo stesso modo con i nostri fratelli”.

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