Un'altra riflessione del famoso dento-teologo: il suo stupore davanti al mistero di una dentatura, un palato, un sorriso perfetti in un bimbo che, per condizione, non dovrebbe averli. E la scoperta di quello che davvero conta nella vita, di abili e disabili.
Di Giovanni Biolo, il dento-teologo
Il mistero di Ludo
Per la crescita armoniosa delle ossa mascellari sono necessarie, tra le varie condizioni, una corretta postura della lingua e una corretta respirazione nasale, che permettono alla bocca di rimanere chiusa e alla lingua di spingere in alto sul palato, dando così una forma regolare alle ossa e fornendo ai denti lo spazio utile per posizionarsi adeguatamente.

Se queste due condizioni – postura della lingua e respirazione nasale – mancano, è molto facile trovare palati stretti, denti storti, problemi respiratori e la tipica facies adenoidea, ossia una faccia stretta e allungata.

Tutto questo Ludo non ce l’ha…
Ma chi è Ludo, mi chiederete voi? E perché questa volta non c’è la classica frase: “E nel cristiano?”.
Perché questo non è un episodio come gli altri…
Ludo è un mio giovane amico. Lo chiamo amico anche se l’ho visto solo poche volte… ma gli ho voluto bene da subito. Ludo è nato con gravi disabilità neurologiche e soffre di attacchi epilettici che difficilmente i farmaci tengono a bada. Non respira bene e non riesce a tenere la lingua in alto sul palato. Tra l’altro ha difficoltà a deglutire correttamente.
Ma Ludo, oltre a essere il ritratto della bellezza, ha incredibilmente un palato ben formato con dei denti dritti e disposti in maniera appropriata. Questa cosa mi ha lasciato odontoiatricamente attonito: sebbene in lui sussistano tutte le condizioni per avere delle arcate dentarie disarmoniche, ha un sorriso bellissimo.
E nel cristiano?
(Alla fine ve l’ho messa la classica frase…). Cosa ci lascia attoniti, senza apparenti spiegazioni logiche? Il mistero, l’argomento dentoteologico di oggi.
Si tratta di un tema delicato, e lungi da me voler dare una spiegazione logica al mistero, soprattutto al mistero della sofferenza degli innocenti.

Come ne vieni fuori, allora, caro il mio DentoTeologo?,
direte voi.
Non so se ne vengo fuori, ma provo a raccontarvi, o meglio sussurrarvi all’orecchio, come in confidenza, cosa provo io di fronte al mistero della sofferenza, in particolare dei bambini.
Il cuore è scoperchiato e scosso
Ogni volta che vedo un bambino ammalato, disabile, mi commuovo. Ma non con quella commozione spiccia da film romantico, da due lacrime e via. Una commozione più profonda, a livello del cuore – cuore inteso come profondità interiore che spesso è sopita, raffreddata.

Avere a che fare con un bambino disabile disarma quel tuo cuore avvolto dal cellofan (non so se si scrive così) delle regole sociali.
Almeno io mi sono accorto che quei bambini hanno la capacità di tirar fuori dal mio cuore i sentimenti più belli. Ora non so se sia corretto teologicamente, ma in loro vedo il volto di quel Cristo a volte deriso, a volte compatito, ma capace di dare solo amore.
A cosa serve?
Purtroppo la tesi ricorrente, in certi casi, è quella dell’utilitarismo. A cosa servono i disabili? Li abortiamo perché economica mente non servono, anzi sono un peso. Anche Ludo non doveva nascere, secondo certi medici.
Ma la domanda che dobbiamo porci è: cosa vedo io in quel bambino disabile? Come può entrare in relazione con me, sano e forte (che è tutto dire, perché il DentoTeologo soffre spesso di mal di schiena)?
Loro ci insegnano ad amare.
Ad amare di più noi stessi e gli altri. A sorridere, a perdonare, a ringraziare… ma non a ringraziare come quel fariseo: “Perché è toccata a loro e non a me”. A ringraziare perché ci riportano al senso vero delle cose, alla giusta gerarchia dei sentimenti. Ci insegnano che forse tanta invidia non serve. Che quello che abbiamo è molto più di quello che meritiamo.

Perché l’amore non va meritato, ma solo accolto e ridonato (per delucidazioni guardare il cartone animato Chicken Little. Amici per le penne).
E io, a cosa servo? chi servo?
E se mi domando: “Cosa posso dare io a loro?”, mi sento inerme, mi sento io quello inutile…
Quindi il moLare della storia è questo: non so dirvi perché esista questo mistero e perché Ludo sia nato “diverso” dagli altri; ma so dirvi che la prossima volta che incontrerete un bambino disabile, più che a dare, siate pronti a ricevere!
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