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Ci siamo ripresi dopo il sisma: ora riapriamo la nostra casa-famiglia

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 05/03/21
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Dopo il terremoto del 2016 il lavoro di 12 anni è andato in pezzi. Ma a febbraio di quest’anno sono riprese le accoglienze nella Casa “Nostra Signora della pace” della Comunità Papa Giovanni XXIII, con l’arrivo di una signora ultra80enne e un bimbo piccolo. Grazie alla rubrica “Buone notizie” del Corriere della Sera del 1° marzo scorso, veniamo a conoscere una storia veramente straordinaria di solidarietà e speranza: quella dei coniugi Nobili, Roberta e Valentino.

Valentino, di Varese, dopo aver lasciato il lavoro di pasticciere per fare il volontario laico con la comunità Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi, conobbe Roberta, che è di Tolentino: si sposarono nel 2001 e partirono insieme per la Bolivia.

Lì adottarono Giulio, un bambino cerebroleso di venti mesi, abbandonato in condizioni disumane. Tornarono nel 2004 in Italia per una vacanza con lui e con Roxana, una ragazza di 16 anni malata terminale per un tumore polmonare.

Il peggioramento delle condizioni di salute di quest’ultima non permisero loro di ripartire per la Bolivia.

Si trasferirono così a Tolentino nella vecchia canonica di contrada S. Andrea dove aprirono la casa-famiglia “Nostra Signora della pace” della Comunità Papa Giovanni XXIII.

Nei dodici anni in cui hanno vissuto nella vecchia canonica hanno accolto sessanta persone, ognuna sofferente di malattie terribili del corpo o della mente.


FAMIGLIA PITACCOLO,
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Il terremoto del 2016: “un terrore che non dimenticheremo mai”

Fino al terremoto del 2016: la prima scossa è del 24 agosto con la devastazione conseguente. Valentino e Roberta con i loro tre figli naturali, più i 14 ospiti della loro casa-famiglia decidono di restare, nonostante le lesioni subite dalla vecchia canonica, accampati tutti insieme a piano terra nell’unica stanza in cemento armato.

Ogni sera uno scossone e tanta paura, ma alla fine di settembre il sisma sembra evolvere in meglio. Poi il 30 ottobre la scossa da 6,6 gradi di magnitudo: la più violenta mai registrata nel nostro paese.

Una cosa lunghissima, un terrore che non dimenticheremo mai (Ibidem), ricordano.

E all’improvviso – insieme alle loro vite in estremo pericolo – tutto quanto hanno cercato faticosamente di tirare su in 12 anni è a pezzi.

Crepe ovunque nella canonica, ed in più il campanile della chiesa si è pericolosamente inclinato ed incombe minacciosamente sul tetto. In un giorno di metà novembre Valentino e Roberta preparano una grigliata su strada per dare il segnale di abbandono della “culla” che fino a quel momento ha accolto tutti loro: suona come un addio, non un arrivederci.

“I nostri ragazzi ci davano forza”

La speranza sembrava ormai definitivamente svanita.

A essere sinceri non l’abbiamo mai persa. Ma certo, ci siamo scoraggiati tante volte. Momenti che facevi fatica a pensare di ricominciare da capo. Poi lo dicevi ai nostri ragazzi, e loro ci davano forza. La pazienza è stata la nostra grande virtù. La raccolta fondi ha dato esiti inaspettati, con donatori che non avevamo mai conosciuto. La cosa più bella è stato vedere gli aiuti di pochi euro, da persone che ci davano e continuano a darci quel che potevano, ogni mese. (Corriere)

Si era fermato tutto, prime accoglienze sospese, l’unica cosa che si poteva portare avanti era accompagnare affettuosamente gli ospiti più anziani “all’ultimo incontro con il Signore” (Ibidem). Come Giacomo, 81 anni e gravissimi problemi psichici, la mascotte della comunità, il suo primo ospite, spentosi nel novembre del 2019.

Era il nostro nonnino, una presenza gioiosa che ci regalava spensieratezza e leggerezza, doni del suo handicap (Ibidem)ricorda con nostalgia Valentino.

Dopo il disastro, la pubblicazione di un articolo sul Corriere della Sera rimette in moto la speranza. Cominciano ad arrivare prove tangibili di generosità, piccole e grandi.



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La ricostruzione della casa-famiglia

Viene individuato un terreno per la ricostruzione un po’ fuori del centro abitato di Tolentino, in un sito che può consentire anche attività all’aperto.

Il 23 dicembre scorso la famiglia Nobili ha preso possesso della nuova casa, e a febbraio di quest’anno sono riprese le accoglienze con l’arrivo di una signora ultra80enne e un bimbo piccolo.

Molti di noi si chiederanno da dove proviene la forza che questa coppia dimostra nel farsi carico di vite tanto problematiche, delle esistenze degli “ultimi”, nella consapevolezza che molte di esse sono destinate a precoci e dolorosi distacchi.

Certamente la fede rappresenta un motore essenziale per fornire carburante a questo coraggio, ma c’è anche qualcosa d’altro che attiene squisitamente all’umano, come sottolinea Roberta:

Per me è cambiato tutto in Bolivia, quando mi sono trovata davanti a Giulio, che poi abbiamo adottato, oggi ha vent’anni, sta con noi e se la cava bene nonostante i suoi problemi. Quando vedi certe situazioni alla televisione, puoi sempre cambiare canale. Quando te le trovi davanti non puoi fingere o girare la testa altrove. Quello è stato il momento in cui ho realizzato che la solitudine, non solo quella dei più deboli, è il male più grande del mondo, più grande di ogni malattia. (Corriere)