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Misure di massima sicurezza sulle vie di Qaraqosh in cui passerà Francesco 

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© I.MEDIA/Hugues Lefèvre

Hugues Lefèvre - pubblicato il 03/03/21

Qaraqosh, la grande città cattolica della piana di Ninive, nel nord dell’Iraq, si appresta a ricevere papa Francesco in pompa magna. Meno di cinque anni dopo la sua liberazione, questo evento storico segna una rinascita. Reportage. 

L’ultimo check-point prima di arrivare a Qaraqosh viene attraversato senza ostacoli. Sulla strada principale che attraversa la città cristiana dominano ancora il cantiere e la frenesia. In mezzo a vetture che avanzano a passo d’uomo operai si attivano per pulire il bitume dalla via principale – una macchina che sprigiona abbondanti vapori di gasolio deve arrivare a fare la segnaletica orizzontale. Un po’ più ontano, dopo aver fatto lo slalom tra decine di pick-up delle forze militari dispiegate in massa – più di 500 uomini nella città –, un’altra squadra si occupa di terminare la strada che dovrà prendere il pontefice argentino. Qua e là il cemento cola a fiotti per chiudere gli ultimi buchi. Su una parte della strada, ancora fresca, si collocano dei grandi calchi che, una volta ritirati, dovrebbero lasciare la strada simile a una via pavimentata…

Tutte le attenzioni sono riservate al suolo, ma il cielo non è da meno: fin da quando si entra a Qaraqosh, su ciascuno dei lampioni allineate a perdita d’occhio ondeggiano al vento bandiere dell’Iraq e del Vaticano. Un distaccamento di 200 volontari tutti presi dai preparativi ha attacchinato grandi manifesti con papa Francesco sorridente e degli slogan in arabo o in inglese, come “God’s forgiveness is stronger than any sin”: il perdono di Dio è più forte di ogni peccato.

Ancora qualche passo nella polvere, i rumori dei motori e l’odore di benzina ed eccoci davanti alla famosa cattedrale assiro-cattolica. Bruciata dall’Isis, ha ritrovato i colori. Il bianco immacolato del suo soffitto e i marmi risplendenti delle sue colonne spezzano col desolante spettacolo che i primi abitanti del posto hanno scoperto alla fine del 2016: «Abbiamo fatto l’esperienza della morte e del ritorno alla vita», riassume padre Francis, giovane prete assiro-cattolico.

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© I.MEDIA/Hugues Lefèvre

Ricordarsi dell’orrore

Nel cortile della cattedrale, un corteo impressionante di militari con casco e armi scorta il sindaco della città che accompagna un ufficiale. In quello stesso posto, sette anni fa, gli uomini dello Stato Islamico avevano allestito un poligono di tiro. Le pareti, ritrovate crivellate dall’impatto delle pallottole, sono state oggi restaurate; ma le autorità religiose hanno voluto lasciare una parte del chiostro in quello stato, come per conservare memoria delle tracce della barbarie subita.

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© I.MEDIA/Hugues Lefèvre

Quest’odio anti-cristiano, manifestato con tanto ardore dagli islamisti, papa Francesco avrà occasione di assaggiarlo: proprio prima di entrare nella cattedrale dovrebbe avere tempo di osservare un certo numero di oggetti religiosi profanati dall’Isis, come questa statua di san Giuseppe sfigurata, una grande croce smembrata oppure dei bassorilievi scalpellati. Più tardi, in chiesa, potrà anche ascoltare la testimonianza agghiacciante di una madre di famiglia il cui figlio è morto il giorno della fuga di tutti i cristiani della città, all’inizio dell’agosto 2014.

Da 30mila a 40mila persone potranno ammassarsi attorno al convoglio

La metà dei 50mila abitanti scappati in fretta da Qaraqosh è tornata. Qui il lavoro manca terribilmente, e l’effimera vivacità di questi giorni risveglia nostalgie lontane nel tempo. «Ci sono meno bambini a correre per le strade», deplora Élisabeth, una donna partita a rifugiarsi per due anni in un paesino alla frontiera turca. Eppure è la giovinezza, simbolo della rinascenza della città, che il clero di Qaraqosh ha scelto di valorizzare davanti al papa. Domenica nelle prime bancate della cattedrale dovrebbero sedersi 50 bambini. Altri giovani, alcuni dei quali handicappati, saranno presenti sul sagrato per offrire dei fiori al capo visibile della Chiesa cattolica. «Vogliamo mostrare al papa la vitalità della nostra gioventù», esclama padre Amar, su di giri da quando si è diffusa la notizia della visita del papa nella sua città. È impaziente? «Bisogna aspettare ancora una settimana, ma in realtà sono vent’anni che aspettiamo», dice con sorridente allusione al viaggio di Giovanni Paolo II programmato per il 2000 e poi annullato.

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© I.MEDIA/Hugues Lefèvre

Dati il fervore e la vivacità di cui il papa sarà testimone – alcuni stimano tra i 30mila e i 40mila il numero di persone che potranno ammassarsi attorno al convoglio papale – inutile precisare che quaggiù una propagazione del Covid-19 non sembra spaventare tanta gente.

La “Santa Sede” adesso è pronta

Nella cattedrale il cui suolo era stato ritrovato cosparso di bossoli, mille dettagli sono ancora da sistemare, ma padre Amar non è preoccupato:

Quando abbiamo cominciato il restauro della chiesa, nel 2019, gli architetti ci dicevano che sarebbe stata restaurata nel maggio 2021. L’annuncio della venuta del papa, nello scorso dicembre, ha accelerato le cose.

A proposito di dedizione alla causa, a tre km da lì, nel paesino di Karamless, quattro artigiani lavorano ancora attorno a un elemento tutt’altro che trascurabile: la “santa sede” sulla quale si siederà papa Francesco. Spiega Rodi, il manager, nel grande atelier (finanziato soprattutto dall’Œuvre d’Orient):

Ci abbiamo messo una ventina di giorni a realizzare il suo e gli altri due riservati ad altre due eminenze.

Sul trono papale si passano le ultime mani di vernice, e un artigiano termina di lucidare la croce che sormonterà l’insieme.

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© I.MEDIA/Hugues Lefèvre

Lavorare a quest’opera non è stata una cosa da poco, dice Rodi, fiero che il suo lavoro cooperi alla riuscita di un evento storico per l’Iraq, paese che egli ama e che vuole aiutare a ricostruire a dispetto del male sopportato: «Gli iracheni sono persone forti», dice sobriamente dopo un’allusione alla sua fuga nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014 con addosso i soli abiti che portava.

Questa resilienza impressiona. Mentre sulla piana di Ninive cade la sera, le vie di Qaraqosh si animano. Guardando le bancarelle rischiarate da mille luci e sentendo gli odori di spezie e di grigliate, guardando queste persone dall’aspetto tanto ordinario, chi potrebbe immaginare che tutti abbiano sopportato il trauma di un tragico esilio?

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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