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Quante volte cambiamo discorso, pur di non stare davanti alla Croce?

CRUCIFIX

TOFIN PHOTOGRAPHY | Pexels

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 03/03/21

Forse per difesa, guardiamo altrove o parliamo d'altro quando Gesù ci consegna l'unica cosa decisiva per la vita: il suo sacrificio per noi.
In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i Dodici e lungo la via disse loro:
«Ecco, noi stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi, che lo condanneranno a morte
e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa.
Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Dì che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo».
Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».
Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli;
ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere.
Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo,
e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo;
appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti». (Mt 20,17-28)
«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà». Queste parole segnano in maniera profonda l’intimità che Gesù costruisce con i suoi discepoli mentre si avvicina a Gerusalemme.
Infatti l’intimità non nasce semplicemente dal passare del tempo insieme, o dal fare delle cose insieme, ma dal consegnare all’altro ciò che di più vero e decisivo accade nella nostra vita. Non di rado pensiamo di avere molti amici, ma l’amicizia vera non è intrattenimento, non è parlare sempre di banalità ma è poter entrare in intimità con l’altro, e ciò accade nella misura in cui si è capaci di discorsi profondi. Gesù sembra fare con i suoi discepoli esattamente questo.
Nel vangelo di oggi consegna loro una grande verità profonda della sua vita. Ma la reazione è strana: “Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?»”. Come è possibile che davanti alla consegna più intima di Gesù la reazione di chi gli sta intorno è accaparrarsi i posti migliori, secondo una logica mondana che non ha nulla a che fare con ciò che Cristo è venuto ad annunciarci?
Non viviamo anche noi oggi la medesima tentazione? Non sembra che nelle nostre famiglie, nei nostri posti di lavoro o nelle nostre comunità cerchiamo solo di cercare una nostra convenienza senza prendere sul serio il cuore stesso del messaggio di Gesù? Ma credo che tutto ciò accada come un meccanismo inconscio di difesa. Abbiamo paura della croce. Abbiamo paura di prendere sul serio le parole di Gesù, e per questo preferiamo vivere per cose banali, mondane, lontane dallo spirito del Vangelo.
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