Steven Spielberg ne aveva perseguito il sogno per diversi anni, ma tre anni fa ha gettato la spugna per la mancanza di un interprete. La sfida del “caso Mortara” è raccolta dall'autore de “L'ora di religione”, il quale tuttavia esclude l'autenticità della conversione del giovane.
La notizia si consolida, pare: sarà Marco Bellocchio a raccogliere la sfida mollata da Steven Spielberg, quella di fare un film sul “caso Mortara”. E perché il più celebre regista ebreo al mondo non porta a segno il progetto di raccontare del ragazzino ebreo bolognese “sequestrato” dalle autorità ecclesiastiche locali dapprima, nel 1858, quindi dall’ultimo Papa-Re di Roma, il marchigiano Pio IX?
Pare che Spielberg non sia riuscito a trovare un interprete convincente per il ruolo da protagonista, soprattutto. L’impresa non ha però spaventato l’italiano Marco Bellocchio, che sembra in dirittura d’arrivo per l’apertura di un set nella primavera del 2022.
Se la miccia di Spielberg fu accesa da “The Kidnapping of Edgardo Mortara” di David Kertzer (1997), quella di Bellocchio – il cui titolo provvisorio suona “La conversione” – potrebbe seguire un percorso diverso, almeno in parte; il regista italiano ha approfittato infatti della quarantena globale da Covid per buttare giù personalmente il soggetto del suo film, che si focalizzerà proprio sul punto su cui sarebbe finita la pellicola di Spielberg.
In una recente intervista Bellocchio ha parlato del punto di maggior fascino, per lui, del dossier Mortara:
Il mistero della conversione. Ma non nel senso di Messori che dice che si era veramente convertito. Si parte dalla indubbia violenza terribile perpetrata verso un bambino e dovuta al fanatismo religioso, l’idea che in nome di una fede si potesse fare tutto. Non sarà possibile farlo ma si potrebbe immaginare il nostro Mortara che si ritira in Belgio e muore nel ’40, avendo visto le croci uncinate, il nazismo, la nuova violenza contro il popolo ebraico.
Il “senso di Messori” è ben presente, a Bellocchio, dato che “Il caso Mortara” del saggista torinese fu tra le prime letture fatte dal regista di Bobbio, negli anni in cui si è formata la sua opinione a riguardo: frasi rutilanti come “l’idea che in nome di una fede si potesse fare tutto” dicono bene il temperamento artistico tormentoso di Bellocchio, ma meno la cruda natura dei fatti storici, poiché nel caso Mortara non si trattò di “fare tutto”, bensì di affrontare una sovrapposizione tra diritto civile e diritto canonico che lasciava (e lascerebbe) poco spazio alle scelte. Rispondendo nel 2005 a una domanda di Aldo Cazzullo, lo stesso Vittorio Messori disse:
Del caso Mortara, Pio IX avrebbe fatto volentieri a meno. Gliene vennero accuse, calunnie, dolori immensi; non a caso lo definì “il figlio delle lacrime”. Subì pressioni di ogni tipo; anche da James Rothschild, finanziatore di tutti i governi d’Europa, compreso quello pontificio. Ma sempre il Papa rispose: Non possumus. Perché non aveva scelta; sia per il diritto civile, sia per il diritto canonico».
Che cosa c’entra il diritto civile?
I Mortara avevano violato la legge dello Stato pontificio che imponeva agli ebrei di non tenere a servizio cristiani; e questo, proprio per evitare casi analoghi.
Proprio per questo?
Fin dal Medioevo i Papi proibivano con norme severissime il battesimo di figli di genitori non cattolici; a meno che il bambino non fosse in pericolo di vita. E il piccolo Edgardo Mortara lo era. Per questo il battesimo impartitogli dalla domestica fu un atto non solo valido, per un cattolico, ma legittimo. Il diritto canonico non lascia alternative: il battesimo introduce un mutamento irrevocabile, impone di dare al battezzato un’educazione cattolica. Ancora oggi, dopo il Vaticano II, il nuovo codice canonico non innova al riguardo.
Sta dicendo che il caso Mortara potrebbe ripetersi ancora oggi?
In punto di fatto, un nuovo caso Mortara oggi non è concepibile; e sono il primo a rallegrarmene. In punto di diritto, nel suo minuscolo Stato il Papa non potrebbe fare nulla di diverso da quel che fece Pio IX.