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«L’incontro tra al-Sistani e papa Francesco fondamentale per gli sciiti»

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L’ayatollah Ali al-Sistani.

Hugues Lefèvre - pubblicato il 02/03/21

Il prossimo 6 marzo papa Francesco incontrerà la più alta autorità sciita d’Iraq, l’ayatollah al-Sistani. Padre Christopher Clohessy è dottore al Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamologia (PISAI). Eminente specialista dell’islam sciita, il ricercatore sudafricano ha descritto la posta in gioco dello storico incontro. 

Il prossimo 6 marzo papa Francesco incontrerà la più alta autorità sciita d’Iraq, l’ayatollah al-Sistani. Padre Christopher Clohessy è dottore al Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamologia (PISAI). Eminente specialista dell’islam sciita, il ricercatore sudafricano decritta la posta in gioco dello storico incontro.

Che cosa rappresenta il grande ayatollah al-Sistani nel mondo musulmano?

È una figura essenziale nell’islam sciita. Alla testa della scuola di Najaf, ha sotto la propria autorità un numero assai importante di accademici sciiti disseminati in tutto il mondo. Come papa Francesco, è una figura magnetica. La sua popolarità planetaria – anche in Iran, suo Paese natale – mostra che molte persone preferiscono la sua visione, leggermente più moderata di quella di Rouhollah Khomeini [l’ayatollah arrivato al potere in Iran nel 1979 e morto nel 1989, N.d.R.]. Questo pensiero politico, ancora in atto oggi nella Repubblica Islamica d’Iran, ritiene che il clero debba accentrare in sé tutti i poteri.

Discepolo del grande ayatollah al-Khoei (1899-1992), dal 2009 al-Sistani sta nelle prime dieci posizioni di “The muslim 500”, la classifica dei musulmani più influenti al mondo. Inoltre nel 2005 era stato classificato tra i 100 più grandi intellettuali del pianeta. Nel 2014 era stato nominato per il Nobel per la Pace.

Qual è la sua autorità in Iraq?

È uno degli uomini più influenti del Paese. Ha giocato un ruolo molto importante sia come artigiano di pace sia come negoziatore di trattati negli affari religiosi e politici dopo l’invasione americana del 2003. Esortando il clero a impegnarsi nella giustizia e nella politica per meglio guidare il popolo iracheno, egli ha augurato un voto democratico con lo scopo di formare un governo di transizione, ed ha incoraggiato la popolazione – comprese le donne, che ha esortato con una fatwa dedicata – a partecipare alle cruciali elezioni di gennaio 2005. Ha supplicato gli sciiti iracheni di non rispondere agli attacchi degli estremisti sunniti. Facendo appello alla calma dopo serie di attentati dinamitardi, egli ha spesso spiegato agli sciiti che i colpevoli non erano i loro vicini sunniti, bensì gli estremisti. Nel 2014 egli ha pure lanciato un appello perché gli Iracheni sostenessero il loro governo nella lotta contro l’organizzazione dell’ISIS.

L’incontro che avrà luogo tra il papa e il leader sciita fa pendant con l’incontro tra il papa e il sunnita al-Tayyeb?

L’incontro con il grande imam di Al-Azhar è stato importante; ma io credo che, per l’islam sciita, questo incontro con papa Francesco sia fondamentale perché significa che tutta la famiglia dell’islam è ormai considerata nell’interlocuzione. Anche se l’islam sciita è diventato minoritario, esso rappresenta ancora milioni di persone nel mondo. Con questo incontro il papa invia un messaggio agli sciiti per dire loro che non sono dimenticati o superati: egli assicura loro che fanno parte integrante del processo di dialogo e di pace nel mondo.

Diceva che al-Sistani rappresenta una corrente sciita leggermente differente da quella di Khomeini e della scuola di Tom, in Iran. Come reagirà il Paese alla visita del papa ad al-Sistani?

L’Iran non dovrebbe reagire in modo negativo. Anche a Tom, dove al-Sistani principiò i propri studi, quest’ultimo è molto rispettato. Certo, la sua visione dell’islam differisce leggermente da quella di Khomeini… ma malgrado qualche disaccordo coi religiosi al potere in Iran, al-Sistani non ha mai veramente incoraggiato la rivalità tra i due grandi centri sciiti. Io penso che l’incontro sarà quasi unanimemente accolto dai musulmani sciiti.

Quale potrebbe essere l’impatto di un tale incontro?

Non mi aspetto la firma di un documento, come avvenne tra il papa e il grande imam di Al-Azhar con la Dichiarazione sulla Fraternità umana. Io non penso che al-Sistani potrà firmare un documento giusto per il piacere di siglare qualcosa o per l’aspetto simbolico. L’incontro – che sarà breve – s’inscrive in un’agenda più vasta. Potrebbe esserci più tardi una dichiarazione comune da parte di Najaf e del Vaticano.

Comunque si tratta di un incontro altamente simbolico, e talvolta il contenuto simbolico è più importante di quel che viene detto. Malgrado le critiche, talvolta violente, che si possono osservare sui social tra i sedicenti “liberali” e i “conservatori” – sia dal versante cattolico sia da quello sciita –, direi che Francesco e al-Sistani condividono visioni e prospettive assai vicine. Entrambi intendono dire che conoscono il valore della pace e che sono pronti a lavorare duramente per essa.

Come sono percepiti, il papa e la Chiesa, nel mondo sciita?

Non sono certo che il papa – nella sua funzione e nel suo mandato – o la Chiesa cattolica – istituzione mondiale – siano ben percepiti dai radar dell’islam sciita. Comunque papa Francesco è una figura popolare, in parte anche per il suo nome: nell’islam si ricorda ancora la storia dell’incontro tra san Francesco e il sultano. San Francesco è considerato in tutto il mondo come uomo di pace, e così anche papa Francesco appare sotto questa luce.

A che punto sono le relazioni tra gli sciiti e i cattolici?

Nel corso degli ultimi decenni, abbiamo assistito a una crescita del dialogo tra il cattolicesimo e l’islam sciita – esistono forti nessi teologici e spirituali tra i due complessi dottrinali. A partire dalla dichiarazione Nostra Ætate e dal Concilio Vaticano II, l’islam ha rapporti regolari con la Chiesa cattolica, ma meno con le altre branche del cristianesimo. Secondo me – come dice il papa emerito Benedetto XVI – questo dialogo è stato e continua ad essere cruciale, ma è difficile qualificarlo di “teologico”. In effetti, a parte la funzione di informare il partner sulle proprie credenze o quella di porgli domande sulle sue, è poco probabile che questi dialoghi si spingano più in là e che le posizioni dottrinali e teologiche fondamentali siano suscettibili di evolvere o di essere compromesse.

Vale a dire?

Molto spesso questi dialoghi non sono cosa più grande di un gruppo di musulmani che invita un gruppo di cristiani a spiegare le dottrine cristiane complesse, come la Trinità o l’Incarnazione.

Ad ogni modo, come spiegava Benedetto XVI, dobbiamo continuare a cercare di incoraggiare dei dibattiti franchi su temi centrali, come la libertà di culto, la dignità umana o la non-violenza.

E poi certamente non si può negare il potenziale dell’islam come alleato per la difesa dei grandi valori religiosi che sono la fede e l’obbedienza a Dio. Il cristianesimo e l’islam sono in realtà dalla stessa parte nella lotta al secolarismo radicale.

Con quale dei due gruppi – tra sciiti e sunniti – la Chiesa cattolica dialoga meglio?

Secondo me esistono nessi più forti tra i cattolici e gli sciiti che tra i cattolici e i sunniti. Ciò si spiega in parte dai punti comuni che esistono tra sciiti e cattolici: ad esempio la comune credenza nell’intercessione dei santi, alcun importanti paralleli tra al-Husayn – il grande martire dell’islam sciita – e Gesù; tra Fatima [la figlia di Maometto, N.d.R.], madre sofferente e vergine di al-Husayn, e la Vergine Maria. Inoltre, i due sistemi religiosi accordano una grande importanza ai rituali, nonché la necessità di fare memoria. Si tratta quindi di mettere in atto ritualmente un ricordo per rendere l’evento presente e per collocare il credente nel cuore di questo evento.

Se anche ci sono questi punti di contatto tra cattolici e sciiti, bisogna comunque osservare che la situazione dei cristiani nei paesi a maggioranza sciita non è delle migliori…

Appunto. Non c’è dubbio alcuno che le minoranze cristiane nei paesi musulmani non beneficino di tutti i loro diritti. Per questo mi sembra capitale che durante il suo viaggio Francesco non si rivolga soltanto ai cristiani di Iraq, ma che abbia anche il coraggio di interpellare le autorità riguardo alla libertà religiosa. Il Documento sulla Fraternità umana resterà un pezzo di carta inerte, se non concorre a portare frutti reali e concreti. E questo non è ancora accaduto.


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Padre Christopher Clohessy è autore di molte opere di riferimento (in inglese): Fâtima, Daughter of Muhammad (2009, 20182); Half of my Heart: the Narratives of Zaynab, Daughter of ’Alî (2019); Angels Hastening. The Karbala’ Dreams (2021), tutti pubblicati con le edizioni Gorgias Press. Nel febbraio 2021 ha ricevuto un premio come “ricercatore distinto” nell’àmbito del 28º Premio Internazionale del Libro della Repubblica Islamica d’Iran.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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