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Le cinque cose da sapere sul viaggio di papa Francesco in Iraq 

IRAQ

Sabah ARAR | AFP

Hugues Lefèvre - pubblicato il 02/03/21

Papa Francesco intraprende il suo 33º viaggio apostolico fuori Italia: sarà il primo successore di Pietro a camminare sul suolo iracheno, dal 5 all’8 marzo. Ecco cinque cose da ricordare/sapere. 

Papa Francesco intraprende il suo 33º viaggio apostolico fuori Italia: sarà il primo successore di Pietro a camminare sul suolo iracheno, dal 5 all’8 marzo. Ecco cinque cose da ricordare/sapere.

L’Iraq: il viaggio tanto sperato da Giovanni Paolo II

Papa Francesco è sul punto di realizzare uno dei sogni che Giovanni Paolo II non aveva potuto vedere compiuti. Per il giubileo del 2000 il pontefice polacco prevedeva di recarsi a Ur, 300 km a sud di Baghdad, per raccogliersi nei luoghi dove Abramo, Padre dei credenti, visse. Per ragioni di sicurezza e politiche il suo voto non fu mai adempiuto. Un cruccio che papa Francesco ha ben presente: all’inizio di febbraio, a dei giornalisti americani ricordava che il suo predecessore aveva «pianto» per il non aver potuto camminare sul suolo di Mesopotamia. Aggiungeva poi che non avrebbe voluto deludere una seconda volta il popolo iracheno.

«È un gran segno, che egli possa recarsi nella patria di Abramo venti anni dopo la frustrazione del desiderio di Giovanni Paolo II», si rallegra mons. Pascal Gollnisch, direttore dell’Opera d’Oriente. E da vicario generale dei cattolici orientali in Francia aggiunge:

Il sito di Ur è un luogo essenziale della Storia della Salvezza, un luogo in cui i tre culti monoteistici possono riconoscersi in quanto li unisce, cioè la posterità e la spiritualità di Abramo. Sarà uno dei momenti forti del viaggio.

Il primo viaggio papale in era Covid-19

26 novembre 2019, il papa scendeva dal suo aereo che lo riporta dal Giappone e dalla Thailandia. Nessuno immaginava, all’epoca, che il pontefice argentino non si sarebbe più spostato all’estero per più di un anno. La crisi del Covid-19, deflagrata qualche settimana più tardi, avrebbe sospeso tutti i progetti di visite apostoliche del Santo Padre – alcuni viaggi, come quello in Papuasia e Nuova Guinea, finirono con l’essere annullati.

Per il capo visibile della Chiesa cattolica, il timore è che la sua presenza susciti spostamenti di folle che favoriscano il propagarsi dell’epidemia: «Non posso, in coscienza, provocare degli assembramenti», diceva in un’intervista televisiva lo scorso gennaio. Egli evocava anche la possibilità di aggiornale la sua visita in Iraq, ove la situazione sanitaria l’avesse richiesto.

Quindici ore in cielo, nove voli in programma

Il 33º viaggio fuori Italia, che papa Francesco si appresta a fare all’età di 84 anni, è faticoso. Recentemente provato dall’aggravarsi della sua sciatalgia cronica, il pontefice dovrà salire e scendere da un aereo o da un elicottero per nove volte. Oltre ai 3mila km che separano Roma da Baghdad (6mila andata e ritorno), il pontefice argentino farà circa 1.500 km di spostamenti all’interno dell’Iraq, sempre per via aerea.

Viaggerà a due riprese in un elicottero militare – per recarsi a Mosul e a Qaraqosh –. In Iraq il volo più lungo (Baghdad-Erbil) durerà poco più di un’ora; il più rapido (Mosul-Qaraqosh) appena venti minuti. In quattro giorni soltanto, il vescovo di Roma passerà circa quindici ore in cielo.

Condizioni sanitarie e logistiche (molto) incerte

L’epidemia di Covid che torna in impennata e gravi incidenti sul piano della sicurezza… La visita del papa in Iraq s’iscrive in un contesto perlomeno delicato: «Siamo ben lungi dallo scenario migliore», si lascia scappare un buon conoscitore del Paese. Anzitutto sul piano sanitario: mentre il numero dei contagi s’era attestato su un plateau molto basso a metà gennaio, ora la curva s’è rialzata e inquieta il governo, dal quale sono venute misure draconiane (coprifuoco e lockdown venerdì, sabato e domenica fino alla fine della visita del papa, l’8 marzo).

Sul piano della sicurezza, poi: l’attentato suicida del 21 gennaio scorso, nel cuore di Baghdad, o anche gli attacchi missilistici della metà di febbraio dalle parti di Erbil – dove il papa dovrebbe celebrare la messa in uno stadio –, illustrano l’instabilità di un Paese che conosce da tanti anni il rumore delle armi.

«Il contesto è particolare, certo, ma ricordiamoci che se il papa viene in Iraq è proprio perché il Paese soffre», ritiene frate Olivier Poquillon, domenicano di Mosul. Il religioso giudica quella del papa “una visita di compassione”, e prosegue:

Sa, in Oriente quando si vuole onorare qualcuno non lo si invita a casa propria, ma gli si va incontro. È esattamente quel che vuole fare il papa: venire a visitare i membri sofferenti della sua famiglia.

Un incontro storico in programma

L’incontro tra papa Francesco e una delle più alte autorità sciite al mondo sarà certamente uno dei grandi momenti della visita papale. Il 6 marzo, all’indomani del suo arrivo in Iraq, il pontefice argentino s’intratterrà con il grande ayatollah al-Sistani, novantenne, nella sua modesta dimora di Najaf, città santa dell’islam sciita, in cui si custodisce il mausoleo dell’imam Ali.

Se non ci si deve aspettare una dichiarazione comune all’uscita dall’incontro – a differenza di quanto avvenne tra il papa e il sunnita al-Tayyeb nel 2019 – questo appuntamento è di grande importanza.

Per l’islam sciita, divenuto oggi minoritario – è la lettura di p. Christopher Clohessy, del PISAI – questo incontro con papa Francesco è fondamentale perché significa che viene considerata tutta la famiglia dell’islam. [Con questo gesto il papa] manda un messaggio agli sciiti per dire loro che non sono dimenticati, e assicura loro che fanno parte integrante del processo di dialogo e di pace nel mondo.


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Leggi anche:
«L’incontro tra al-Sistani e papa Francesco fondamentale per gli sciiti»

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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